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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.10.2014 Turchia: il destino del popolo curdo
Analisi di Maurizio Molinari, Guido Olimpio

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari-Guido Olimpio
Titolo: «La Turchia dice sì ai rinforzi curdi contro l'Isis a Kobani-Quattro sigle, tanti intrighi. La mappa di un popolo che resta senza una patria»

Riprendiamo oggi, 21/10/2014, da STAMPA e CORRIERE della SERA gli articoli di Maurizio Molinari e Guido Olimpio sul destino del popolo curdo.

La Stampa-Maurizio Molinari: " La Turchia dice sì ai rinforzi curdi contro l'Isis a Kobani"


Maurizio Molinari  Erdogan con Obama

La Turchia afferma di aver aperto i confini ai guerriglieri curdi iracheni che vogliono soccorrere la città siriana di Kobani, assediata dai jihadisti dello Stato Islamico (Isis). E il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, a sfruttare una conferenza stampa ad Ankara per far sapere che «stiamo già aiutando i peshmerga ad attraversare i nostri territori per raggiungere Kobani». La frase contiene un sensibile passo indietro di Ankara, che finora si era opposta ai transiti di forze curde dall'Iraq alla Siria respingendo le forti pressioni esercitate da Washington. È possibile che proprio l'amministrazione Obama sia riuscita ad ottenere la concessione turca, anche perché poche ore prima il Segretario di Stato John Kerry, parlando da Jakarta, aveva detto: «Sarebbe irresponsabile e molto difficile da un punto di vista morale non sostenere i curdi di Kobani in questo momento di crisi». Il riferimento di Kerry è stato all'ennesimo braccio di ferro con Ankara avvenuto nel fine settimana, quando il Pentagono ha iniziato a paracadutare su Kobani aiuti militari e medicinali trovandosi davanti il veto della Turchia ad adoperare le proprie basi, inclusa Incirlik. I lanci effettuati, secondo i portavoce del Comando Centrale delle truppe Usa a Tampa, sono stati «almeno 11» e sono stati paracadutati «27 carichi di munizioni, armi e medicinali ricevuti dalle autorità curde irachene» a conferma del crescente ruolo di Erbil nel sostegno a Kobani. I lanci dovrebbero continuare nei prossimi giorni e, assieme all'arrivo di peshmerga attraverso il territorio turco, puntano a consentire ai difensori di Kobani di prendere l'iniziativa contro i jihadisti di Isis, per liberare dall'assedio la città. Se infatti i raid aerei della coalizione realizzati nelle ultime due settimane hanno consentito di frenare l'avanzata delle milizie del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, il Pentagono ritiene che sia giunto il momento di sostenere i curdi in un tentativo di controffensiva, puntando a infliggere ai jihadisti uno smacco militare. Abu Hasan, comandante curdo a Kobani, parla di «morale alto fra i combattenti» perché fra le armi paracadutate vi sarebbero, secondo il portavoce curdo-siriano Polat Can, i «missili anticarro» destinati a bersagliare i tank di Isis. 2000 turcomanni Addestrati in Turchia per combattere l'Isis Scelti in base 'alla fedeltà ad Ankara, Resta tuttavia da verificare se la svolta turca è davvero tale perché finora il presidente Recep Tayyp Erdogan si è opposto con fermezza ad ogni sostegno per i combattenti siriani del Partito dell'unione democratica del Kurdistan (Pyd) considerandoli alleati del Partito dei lavoratori curdi (Pkk) che opera in Turchia ed è considerato un gruppo terrorista. Al Pyd Erdogan contesta anche di essersi battuto a fianco delle forze di Assad contro i ribelli islamici. Kerry è esplicito nel descrivere la pressione Usa: «Tanto io che il presidente Obama abbiamo parlato con la Turchia per sostenere la necessità di questi sforzi» per Kobani. A confermare le ambiguità di Ankara ci sono le indiscrezioni trapelate sulla scelta dei circa duemila ribelli siriani da addestrare a Kirsehir: si tratterebbe di turcomanni di Damasco e Aleppo, selezionati sulla base della fedeltà turca.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Quattro sigle, tanti intrighi. La mappa di un popolo che resta senza una patria "


Guido Olimpio              in giallo il territorio curdo

WASHINGTON Neppure in un momento così difficile, i curdi mettono da parte le loro rivalità. Al massimo cercano di nasconderle e neppure troppo. Una realtà composita che richiede una «mappa». In sintesi. Ypg, curdi siriani. Pkk, curdi turchi, in guerra dagli anni 80 con Ankara. Entrambi difendono Kobane, entrambi non hanno partecipato alla guerra contro Assad. Pdk, curdi di Iraq, vicini all’Occidente e in ottime relazioni con la Turchia. Puk, curdi di Iraq, amici dell’Iran e in buoni rapporti con l’Ovest. Sono i due partiti che controllano il Kurdistan d’Iraq.
Nella notte gli Usa hanno lanciato armi ai guerriglieri curdi assediati a Kobane dall’Isis. Chi le ha fornite? L’Unione patriottica del Kurdistan — Puk — ha affermato che il materiale bellico viene dai suoi depositi. Altre fonti hanno sostenuto che i carichi sono del Partito democratico curdo, il Pdk, il rivale storico e partner degli Stati Uniti. Washington, invece, ha indicato «le autorità del Kurdistan iracheno».
Versioni condite con veleni sui combattenti che devono arrivare per puntellare Kobane. Qualcuno ha ipotizzato che l’Ypg vorrebbe solo membri del Puk, magari dell’unità speciale Dizha Tiror. Perché? I curdi siriani non si fidano del Pdk, considerato troppo vicino alla Turchia. Temono che i soldati possano trasformarsi in guardiani di Ankara per contrastare Rojava, l’enclave autonoma creata dei curdi siriani e turchi nel nord della Siria. Ma nell’attuale situazione non è che i guerrieri di Kobane possano fare troppi distinguo. Non c’è più tempo.
Barzani ha un legame solido con Ankara. Politico ed economico. Se il Kurdistan ha potuto esportare milioni di barili di greggio è grazie al terminale di Ceyhan, nel sud della Turchia. Un mercato destinato a crescere ma che ha bisogno dello sbocco turco. La solidarietà viene dopo. E anche quando esiste è indebolita dalla diffidenza. In estate sono stati i militanti dell’Ypg e Pkk a muovere in soccorso degli yazidi attaccati dall’Isis. Un’azione determinata in contrapposizione alla debolezza mostrata dai peshmerga iracheni. E rinfacciata più volte. Barzani teme che l’asse Ypg-Pkk punti ad allargare la sua influenza anche in questa regione. Sarà anche così, ma è indubbio che il campo di battaglia ha emesso i suoi verdetti, riconosciuti dalla popolazione.
L’invio di armi da parte di decine di Paesi verso il Kurdistan ha aperto poi un altro contenzioso. Il Puk ha accusato il Pdk di fare incetta. Non solo. I suoi dirigenti hanno sottolineato che i primi cannoni e fucili sono stati donati non dall’Occidente ma dall’Iran. Affermazione rafforzata dalla presenza, con tanto di foto, del generale Qasem Suleiman, responsabile dell’apparato speciale dei pasdaran, la Divisione Qods.
Intrighi che portano ad una sola conclusione. Molti Paesi sostengono i partiti, coltivano le ambizioni dei capi locali, con l’obiettivo di controllarli per impedire la nascita di Kurdistan indipendente. «I curdi non hanno amici ma solo montagne», recita il proverbio gridato al mondo dagli stessi peshmerga ma dimenticato in fretta.

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