Israel Meir Lau
Dalle ceneri alla storia
Gangemi editore
Discende da 36 generazioni di eminenti rabbini. Dunque potrebbe non stupire che Israel Meir Lau sia arrivato a essere eletto rabbino capo ashkenazita di Israele dal 1993 al 2003 (l'incarico al vertice del Gran Rabbinato dura un decennio e viene assegnato in parallelo a un leader spirituale ashkenazita e a uno sefardita; i due si alternano ogni sei mesi alla presidenza della massima istituzione religiosa ebraica). Eppure a 8 anni di età I.M. Lau non sapeva ancora neppure leggere. Non aveva potuto imparare a farlo: nella natia Polonia prima si era dovuto nascondere dalla bestia nazista; poi, quando ormai i suoi genitori erano scomparsi sui vagoni del non ritorno, era stato deportato a Buchenwald. E lì che il generale Patton, entrato a liberare il campo di concentramento, lo trova nell'aprile del 1945: era il più piccolo dei sopravvissuti, ma forte di una brillantezza e di una vitalità che già tratteggiavano il suo futuro. II «futuro» che nove anni fa Lau ha voluto raccontare a ritroso in uñ autobiógrafia e che adesso compare anche in italiano con il titolo Dalle ceneri alla Storia (prefazioni di Riccardo Di Segni, Shimon Peres e Elie Wiesel, traduttori vari, Gangemi Editore, pp. 432, 25). Appena pubblicato in Israele, il libro è diventato subito bestseller. E se ne capisce il motivo, perché lo stile dell'autore ci fa scivolare leggeri attraverso la densità degli eventi storici, lungo il suo privato, dentro il mare della sua immensa cultura, nella profondità della sua sensibilità così speciale. Dai ricordi dell'Olocausto si passa alla testimonianza diretta della nascita e crescita dello Stato di Israele; alla descrizione, piena di dettagli inediti, degli incontri con sovrani,capi di Stato, papi. È un volume prezioso, anche perché dalle parole emergono quell'affilata semplicità del rigore e quella linearità di ragionamento che sono alla base del pensiero ebraico. Già, e l'umorismo? Sì, c'è anche quello: un giorno Giovanni Paolo II domandò a Lau se pensava che esistesse ancora «un antisemitismo a sfondo religioso, come nei primi tempi del cristianesimo» e il rabbino capo gli chiese se poteva rispondere con una barzelletta; era una storiella ben poco assolutoria per la Chiesa di oggi, ma Wojtyla non riuscì a non sorridere.
Daria Gorodisky - Corriere della Sera