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Avvenire Rassegna Stampa
12.10.2014 Avvenire: un quotidiano che sparge veleno contro Israele
ricreando le basi dell'anti-semitismo cattolico

Testata: Avvenire
Data: 12 ottobre 2014
Pagina: 16
Autore: Federica Zoia
Titolo: «Gaza tenta di rinascere»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 12/10/2014, a pag.16, con il titolo " Gaza tenta di rinascere" la cronaca di Federica Zoia.

Continua il sorpasso del MANIFESTO da parte del quotidiano del vescovi. Il pezzo di oggi di Federica Zoia ne è un luminoso esempio:
1. Tra Gaza e Israele c'è stato un "braccio di ferro", non la difesa di un Paese-Israele- attaccato da anni da migliaia di missili di provenienza Gaza
2. Non si chiede la Zoia che fine avavano fatto i precedenti investimenti miliardari, andati non ai cittadini ma a finanziare tunnel e armamenti
3. Ad avere interrotto i dialoghi di pace è stato Israele, non l'Anp che si è alleato con Hamas, il cui scopo è la distruzione dello Stato ebraico. Che doveva fare Israele, 'dialogare' con chi ha nel proprio statuto la sua distruzione ?
4. La guerra terrorista di Hamas viene completamente dimenticata, gli scudi umani pure, così come le installazionidi missili e armamenti situati in abitazioni civili, scuole, ospedali, causa prima della distrizione di gran parte degli edifici che li ospitavano. Tutto ignorato !!
Come si vede, neppur il  Manifesto è mai arrivato a tanto !

Chiediamo ai nostri lettori di far sentire la loro voce di protesta al direttore di AVVENIRE,Marco Tarquinio,  un giornale di totale disinformazione mediorientale, il cui risultato è un crescente odio verso Israele nel mondo cattolico, avvelenato dal giornale che dirige.

Marco Tarquinio, direttore di Avvenire

Ecco l'articolo:

Si terrà oggi, al Cairo, la conferenza internazionale per la ricostruzione della Striscia di Gaza, enclave palestinese segnata per la terza volta in sei anni da un braccio di ferro militare con Israele, questa volta della durata di 51 giorni. Fortemente voluto dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, con il supporto della casa regnante saudita, e organizzato insieme alla Norvegia, il vertice vedrà la partecipazione di tutti i maggiori protagonisti regionali e dei loro alleati, per un totale di trenta rappresentanze diplomatiche, oltre al segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-moon. L'obiettivo dichiarato è di raccogliere 1,6 miliardi di dollari, anche se il governo palestinese, guidato dal primo ministro Rami Hamdallah, ha presentato un piano di ricostruzione da 4 miliardi. Ed è proprio da parte palestinese che giungono le maggiori novità rispetto alle passate conferenze dei donatori per Gaza: dopo innumerevoli annunci e tentativi riconciliatori, l'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen e Hamas paiono davvero impegnati a mandare giù qualche rospo politico pur di ottenere dei risultati concreti. Con la visita di giovedì scorso nella Striscia, la prima dal 2007, Hamdallah, a capo di un governo di unità nazionale nato in giugno e formato da "tecnici", ha voluto mostrare il rinnovato interesse di Ramallah per i palestinesi di Gaza, mai come prima bisognosi di tutto. E lanciare alla comunità internazionale un segnale di unità: come dire, non ci sono più scuse per la mancata ripresa del dialogo con Israele perché di voce palestinese ora ce nè una sola. Per questo, è scontata a questo punto la mossa americana: il segretario di Stato statunitense, John Kerry, chiederà alle parti di riavviare i colloqui di pace, interrotti bruscamente da Israele in aprile. Allora, a seguito della firma di un'intesa politica fra Hamas e Fatah, il premier israeliano Benjamin Netanyahu decise di tagliare l'esile filo del dialogo. Ma ora la Casa Bianca tenterà di riannodarlo. Lo hanno annunciato funzionari del dipartimento di Stato americano, aggiungendo che Kerry avrà un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen a margine dei lavori. «Sentirete il segretario di Stato riaffermare l'impegno degli Stati Uniti a collaborare con le parti per arrivare a una soluzione per due Stati e la nostra volontà a impegnarci ancora nei negoziati e a collaborare per facilitare un successo dei colloqui», ha detto un funzionario del dipartimento di Stato alla vigilia della conferenza. Cruciale sarà anche il ruolo dell'Egitto, perno dell'accordo raggiunto fra Israele e Gaza un mese fa e sponsor di Abu Mazen. Ma gli scogli rimangono, in tutto il loro peso: in campo palestinese, non è dato sapere quanto potere Hamas sia disponibile a cedere all'Anp; inoltre, ad Abu Mazen i donatori chiedono il pugno duro contro la corruzione e un uso trasparente dei fondi. Insomma, Gaza e Ramallah dovranno lavorare assieme per una ripresa congiunta. Quanto a Israele, è improbabile che i negoziatori accettino Hamas al tavolo delle discussioni, seppure "diluito" in una rappresentanza nazionale palestinese. E la ricostruzione? Un'impresa quasi impossibile: sono almeno 60mila le abitazioni spazzate via, compresa quella dell'ex premier Ismail Haniyeh. Le attività distrutte sono oltre 5 mila. Annientate le infrastrutture, di qualsiasi genere. E se si calcola che quelle demolite con l'operazione Piombo fuso, fra 2008 e 2009, erano state ricostruite solo in minima parte, allora ci si rende conto della gravità della situazione. Sperando che questo sia l'ultimo capitolo nero.

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