Per chi suona la campana ?
Commento di Federico Steinhaus
Federico Steinhaus
La prima osservazione che dobbiamo fare per capire quanto sta succedendo è che l’ISIS non è un’organizzazione terroristica. E’ un progetto politico concreto e reale, che si avvale di una massa di manovra – gli adepti – e di un caos paralizzante – la guerra civile siriana – per perseguire le sue finalità, che sono primariamente politiche. Il fatto che nell’Islam politica e religione siano una cosa sola e siano indistinguibili può renderne più difficile per noi la comprensione, ma per i musulmani è parte integrante della loro cultura e della loro storia. Creare e consolidare uno stato è, per le schiere di Abu Bakr al-Baghdadi, un dovere religioso, ma anche un imperativo politico. Ed è quanto stanno facendo in Iraq ed in Siria. Una volta che abbiano il controllo delle istituzioni basilari, dalla giustizia attraverso la sharia all’esazione delle tasse, esse saranno pronte per il passo successivo, prescritto dallo stesso Maometto e dal Corano: la conquista della Penisola Arabica e degli stati islamici confinanti (leggasi: Iran, Libano, Giordania, Turchia, Palestina); da qui alla conquista dell’Islam africano il passo sarebbe poi breve e facile. Protagonisti e comprimari sono numerosi: i musulmani fanatici, i sunniti che vogliono destabilizzare il potere sciita, i seguaci del terrorismo docg di Al Qaeda, i musulmani “occidentali” delusi e violenti, i giovani occidentali che non avendo più Brigate Rosse e Rote Armee cui aggregarsi hanno trovato comunque qualcuno che ama fare stragi...Ma chi è in realtà il loro nemico? Escludendo, per semplificare le cose, Israele, i nemici di questo aggregato politico-religioso-ideologico sono due, l’Islam “normale” che oramai si fa fatica a trovare, e l’Occidente con tutto quel che esso rappresenta nel loro immaginario collettivo (uguaglianza, libertà di pensiero e di culto, stato di diritto eccetera). La pubblicazione di Al Qaeda in lingua inglese, Inspire, sollecita i suoi militanti a compiere attentati in occidente, anche come “lupi solitari” se necessario, ogni qual volta ne abbiano la possibilità; Dabiq, che è la pubblicazione, sempre in lingua inglese, dell’ISIS invece invita i musulmani a fare hijra, cioè ad aggregarsi allo stato islamico che ha bisogno di specialisti e professionisti di alto livello (medici, ingegneri, amministratori) per potersi sviluppare nelle zone conquistate. La liberazione della Mecca, di Medina e di Al-Quds (Gerusalemme) è la priorità dell’ISIS. Per conseguire questo risultato lo stato islamico chiede la fedeltà al Califfo ed invita Al Qaeda e le sue filiazioni – inclusi i leaders di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri e di al-Nusra Abu Muhammad al-Jawlani – ad abbandonare la loro interpretazione errata dei dettami coranici per unirsi al Califfato (vedasi a questo proposito la documentata analisi di Memri [memri@memri.org]. Gli stati arabi e la Turchia, che come abbiamo visto sono i primi ad essere minacciati, reagiscono in modo disordinato: vi è chi, come l’Arabia Saudita, si è associato agli Stati Uniti nel combattere contro l’ISIS e chi, come la Giordania, preferisce una posizione di retroguardia. Ma la scelta più incomprensibile è quella della Turchia, che pur trovandosi l’ISIS a ridosso del proprio confine meridionale ha schierato i carri armati ma non dà l’ordine di sparare, e sembra più preoccupata di impedire ai curdi turchi di unirsi a quelli iracheni nella loro disperata lotta sul campo che non di fermare le forze dello stato islamico. Israele in questo assetto strategico che comunque sta cambiando l’intero Medio Oriente si trova in una posizione particolare ed inusuale. Al di là del suo confine con la Siria i nuovi vicini sono combattenti non islamisti, ribelli non vincolati dagli accordi di tregua del 1974 che Assad padre e figlio hanno sempre rispettati, e tuttavia non sono ostili: Israele presta loro assistenza medica (ne ha già curati 1400 nei propri ospedali) ed umanitaria e pare che intrattenga con loro persino frequenti colloqui segreti che – si dice - si svolgono a Tiberiade; contestualmente, sul confine del Golan si trovano anche piccole frange dell’organizzazione locale legata ad al Qaeda, al-Nusra (il cui capo è proprio originario del Golan), che non svolgono attività militare o terroristica contro Israele. Al- Nusra colpirà sicuramente Israele dopo la caduta del regime di Assad, mentre il Califfato, come abbiamo visto, si propone obiettivi immediati di altra natura; poichè anche Hezbollah e Hamas costituiscono una minaccia sempre incombente Israele dunque deve modulare in maniera del tutto nuova la propria strategia, prevedendo le diverse opzioni e valutando le singolari alleanze che si sono create in rapporto all’ISIS. Sappiamo, o presumiamo di sapere, per chi suonerà la campana prossimamente. Dobbiamo solo augurarci con tutte le forze che anche gli stati dell’Occidente si rendano conto che, dopo il mondo arabo, la campana suonerebbe sicuramente anche per loro, e prevengano questa minaccia mortale prima che diventi più pressante.