Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/10/2014, a pag. 11, con il titolo "Sacrificare Kobani e abbattere Assad. La rischiosa scommessa di Erdogan", il commento di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari Recep Tayyip Ersogan
Kobani, la città assediata dall'Isis e strenuamente difesa dai curdi
L'indecisione di Recep Tayyp Erdogan davanti all'intervento di terra contro Isis nasce dalla volontà di sfruttare la battaglia di Kobani per trasformare la Turchia nell'arbitro della guerra in Siria ma causa un duplice risultato negativo: indebolisce la coalizione e fa provare ai curdi assediati la stessa sensazione che ebbero gli insorti di Varsavia nell'agosto 1944. In quell'estate di 70 anni fa la resistenza lanciò la più grande sollevazione anti-tedesca nell'Europa occupata, tenendo la Wehrmacht in scacco per otto settimane ma l'Armata Rossa di Josif Stalin, attestata sul lato opposto della Vistola, non mosse un dito per sostenere i rivoltosi, in gran parte anticomunisti. I partigiani potevano vedere con i binocoli i reparti sovietici. Solo quando Hitler ebbe schiacciato la rivolta nel sangue, Stalin ordinò alle divisioni di avanzare. Da Kobani i curdi, siriani e turchi, assediati dai jihadisti vedono con altrettanta facilità i tank di Ankara. «Potrebbero salvarci ma ci guardano morire senza muoversi» dice il comandante Idriss Nassan.
Se a Varsavia Stalin voleva far eliminare ai nazisti ciò che restava dell'esercito non-comunista, a Kobani Erdogan persegue interessi nazionali che Sooner Cagaptay, analista del Washington Institute, descrive così «Vuole ottenere dagli Usa la no-fly zone e dai curdi la mobilitazione contro Assad». «Per comprendere Erdogan bisogna partire dal fatto che vuole deporre Assad - aggiunge Semih Iziz, commentatore di "Hurriyet" - tenta di spingere tutti a muovere contro il raiss». Erdogan ha vissuto con irritazione la scelta della guerriglia curda di battersi anzitutto per l'autonomia, spingendosi a volte a sostenere i governativi contro i ribelli.
«A guidare Erdogan contro Assad - aggiunge un alto diplomatico in servizio ad Ankara - è l'avversione personale, si sente tradito dal raiss perché quando la guerra ebbe inizio gli consigliò di uscirne con le riforme mentre la risposta furono le stragi di sunniti e l'emergenza profughi». L'ambizione di Erdogan è sfruttare la battaglia di Kobani, come il voto del Parlamento turco sull'intervento di terra, «per far collimare tutti i tasselli anti-Assad trasformandosi nell'arbitro della guerra civile» aggiunge l'analista. E' un disegno di nostalgia ottomana indebolito dalle contraddizioni. Anzitutto la Turchia, come il vicepresidente Usa Biden si è lasciato sfuggire, ha aiutato Isis a crescere consentendo a volontari e finanziamenti di raggiungere le sue basi. L'esistenza di questo rapporto privilegiato con l'Isis è evidenziato dal baratto per le liberazione dei 49 diplomatici turchi catturati a Mosul: Ankara li ha riavuti consegnando ad Abu Bakr al-Baghdadi 180 jihadisti. Ecco perché a Kobani c'è il sospetto che Erdogan faccia il doppio gioco e sia interessato ad avere Isis sui confini. Ma non è tutto perché c'è un'altra contraddizione turca ovvero la volontà di Erdogan di stringere un patto regionale con l'Iran sebbene sia il protettore di Assad. Che si tratti di un ginepraio di interessi nazionali o del risultato di una realpolitik spietata, non c'è da sorprendersi se l'ambiguità di Erdogan è divenuta il maggior grattacapo di Barack Obama.
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