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Ugo Volli
Cartoline
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Dubito ergo sum 08/10/2014

 Dubito ergo sum
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

col fare riflessivo ed ecumenico che gli è caratteristico, un esponente della sinistra ebraica che non nomino (per non personalizzare la faccenda) su un sito che non nomino (perché dovrei interrogarvi sulla ragione per cui con quelle posizioni pretende di essere l'organo di tutti gli ebrei italiani) ha scritto qualche giorno fa un articoletto per chiedere se non sia una grave prepotenza domandare ai musulmani di dissociarsi dal terrorismo islamico. Voleva cioè dire: perché lo chiediamo a loro, piuttosto che ai valdesi o ai filatelici, ai tranvieri o ai giocatori di cricket.

La domanda non è di difficile risposta. Qualunque persona normale capisce che se il più aggressivo movimento terrorista del momento si chiama Isis (e le prime due lettere significano Islamic State, che naturalmente è una traduzione, ma in arabo il senso è lo stesso: الدولة الإسلامية‎, al-Dawla al-Islāmiyya); se l'organizzazione ombrello del terrorismo si chiama Fratellanza Musulmana; se gli abbozzi di Stato dei terroristi pretendono il nome di Califfato (da al Khalifa, il successore, beninteso di Maometto); se sulle loro bandiere è scritta la dichiarazione di fede islamica; se vanno all'attacco, a Gaza come a Mosul come in Sudan o in Nigeria, gridando “Allah è grande”; se c'è una cintura di fuoco e di guerre tutto intorno al mondo islamico - dalla Cina al Caucaso, da Bali ai Balcani, dalla Libia allo Yemen –: be' forse il sospetto che coi più gravi problemi del mondo attuale e in particolare col terrorismo c'entri proprio l'Islam piuttosto che il sindacato dei postelegrafonici o l'associazione dei cultori del ballo liscio forse non è campato in aria.

Aggiungete che in nome dell'Islam e non delle corse di cavalli o dei tuffi carpiati sono stati compiuti i più sanguinosi attentati che hanno funestato il nostro tempo: alle Twin Towers di New York, nella metropolitana di Londra e nella stazione ferroviaria di Madrid, per non parlare di quelli diretti contro le comunità ebraiche a Tolosa e a Bruxelles. E sono i capi religiosi di molte comunità islamiche, fa cui diversi in Italia, non gli arbitri di basket o le guide alpine, che la nostra pur prudentissima (in questo campo) magistratura ha dovuto incriminare come propagandisti e reclutatori del terrorismo.

Qualcuno dice, anzi i più autorevoli come Obama e i giornaloni sostengono con incrollabile convinzione che non è l'Islam, ma un mostro che in qualche modo gli si è sostituito, il terrorismo in astratto, la follia, i criminali, il baubau, l'uomo nero... Ma l'Islam si è sempre comportato in questa maniera, da quando Maometto decise lo sterminio di tutti gli ebrei dopo averli assediati e sconfitti nell'oasi di Kheibar. La violenza e l'intolleranza islamica non sono un'invenzione recente, accompagnano tutta la sua storia, i rapporti con gli ebrei come quelli con i cristiani, gli induisti, i loro stessi compagni di fede ritenuti eretici.

Ce n'è abbastanza perché un islamico possa sentirsi domandare se lui è d'accordo e se c'entra. Come nelle stragi di Pol Pot e nei crimini delle Brigate rosse, per non parlare di quelli di Stalin e di Mao (e oggi ancora è difficile parlare di quelli di Castro e Che Guevara) ce n'era abbastanza per chiedere ai comunisti, se davvero questi che avevano definito a lungo “compagni che sbagliano”, o magari avevano accettato come grandi leader erano pecore nere, esempi di perversione individuale, folli e criminali giunti per caso al comando di regimi comunisti o se c'era qualcosa di marcio nella loro ideologia. Non risulta purtroppo che molti l'abbiano fatto, almeno non a voce alta.

Dunque la domanda dell'articolo da cui siamo partiti è sciocca – o tendenziosa. Sciocca come quella rivendicazione fatta l'altro ieri da Yariv Oppenheimer, il capo di una delle peggiori organizzazioni antisraeliane che la democrazia israeliana sopporta, Peace Now, secondo cui bisognava in passato e bisognerebbe oggi consegnare le alture del Golan alla Siria (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185846 ): una ricetta perfetta per estendere il caos siriano a Israele, dato che il Golan è un altopiano che domina direttamente la Galilea e chi lo controlla – oggi sarebbero i ribelli legati ad Al Qaeda che sono concentrati sull'altro lato del confine - può spararvi sopra a piacimento. O tendenziosa come tutte le analisi che cercano di rendere solo Israele responsabile di tutto quel che accade in Medio Oriente, nascondendo il contesto violento e aggressivo in cui si deve muovere, la volontà di distruggerlo espressa da decine di stati e centinaia di milioni di persone – ahimè tutti gli islamici militanti del mondo.

Dal mio punto di vista il problema che pone questa riflessione non è quello dei poveri musulmani innocenti chiamati a giustificarsi di fronte alla diffidenza generale. Certo, persone di fede islamica innocenti e anzi meritorie, o anche solo desiderose di vivere in pace facendosi gli affari loro, non mancano e probabilmente sono in maggioranza; e però se si guardano attorno non devono prendersela con noi per la diffidenza con cui li interpelliamo, ma con chi fra i loro fratelli compie azioni così efferate e frequenti da colpire la consapevolezza collettiva. L'islamofobia, cioè il timore per i pericoli dell'Islam, che le loro organizzazioni vorrebbero far considerare come un reato, non è certo razzismo, dato che riguarda un'ideologia, una forma di vita, che è ben più di una religione e non si identifica con nessuna etnia. Ed è perfettamente ragionevole, anzi doveroso, come a suo tempo lo erano l'anticomunismo e l'antifascismo, che pure furono demonizzati da fascisti e comunisti.

Il problema è un altro, quello della straordinaria incapacità degli ideologi di tutte le salse (ma particolarmente per gli intellettuali di sinistra, dove il tasso di ideologia è così alto da sfiorare la saturazione dell'essenza) di fare i conti con la realtà. Sicché se qualche fatto contraddice le loro rocciose convinzioni, piuttosto che ripensare alle loro idee preferiscono negarlo, ripetendo solennemente la loro fede come un dogma. O magari lo affondano nella nebbia del dubbio, così pensoso e per definizione intelligente, dove tutti i fatti spariscono nell'oscurità e brilla unicamente il sol dell'avvenir.


Ugo Volli 

 


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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