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La Stampa, Libero Rassegna Stampa
08.10.2014 Turchia: islamismo e cieca ostilità ai curdi. Anche a costo di favorire il Califfo
Cronaca di Marta Ottaviani, commento di Gianni Castellaneta

Testata:La Stampa, Libero
Autore: Marta Ottaviani - Gianni Castellaneta
Titolo: «Esplode la rabbia dei curdi: Ankara ci ha abbandonato - Ankara più lontana dall'Occidente»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/10/2014, a pag. 15, con il titolo "Esplode la rabbia dei curdi: Ankara ci ha abbandonato", la cronaca di Marta Ottaviani; da LIBERO, a pag. 12, con il titolo "Ankara più lontana dall'Occidente", il commento di Gianni Castellaneta.


Il Kurdistan

LA STAMPA - Marta Ottaviani: "Esplode la rabbia dei curdi: Ankara ci ha abbandonato"


Marta Ottaviani                 Recep Tayyip Erdogan

Scene di guerriglia urbana in Turchia, presidi con decine di persone all'estero. I curdi non si rassegnano al fatto che Kobani cada nell'indifferenza della comunità internazionale e accusano il governo di non voler intervenire perché sta lasciando che Isis indebolisca fino allo stremo la minoranza in Siria. Da due notti in Turchia si assiste a scene di guerriglia urbana che fino a questo momento ha provocato tre morti. A Van nell'est del Paese, è scattato il coprifuoco per motivi di sicurezza. In molte città, fra cui Parigi e Teheran (e pure a Roma Fiumicino) ci sono stati presidi a cui hanno partecipato centinaia di persone. A Bruxelles 100 curdi hanno fatto irruzione nell'Europarlamento, provocando diversi feriti fra le forze dell'ordine. Una tensione crescente che sembra non spaventare minimamente il presidente Erdogan, che ieri si è presentato a Gaziantep, a 30 chilometri dal confine con la Siria per incontrare i rifugiati fuggiti durante la guerra civile. Nel suo discorso Erdogan, che è stato accolto da migliaia di persone come un salvatore, ha attaccato il presidente siriano Assad e l'Ue, rea di non aver fatto abbastanza per i rifugiati a differenza della Turchia. A pochi chilometri da Gaziantep, a Suruç, dove ci sono i profughi curdo-siriani l'atmosfera che si respira è diversa. C'è una tensione crescente fra i rifugiati, che vorrebbero avvicinarsi al confine e al villaggio di Kobane dove i combattenti stanno lottando contro Isis. Le forze dell'ordine sono dovute intervenire più volte con idranti e lacrimogeni.

LIBERO - Gianni Castellaneta: "Ankara più lontana dall'Occidente"


Gianni Castellaneta

La politica e, più in generale, il potere non ammettono il vuoto. Essi tendono a colmarlo in breve tempo, approfittando dell’altrui negligenza o temporaneo impedimento. È alla luce di questo elementare assioma, di cui esistono numerosi riscontri nella storia delle relazioni internazionali, che bisogna osservare quanto accade nel triangolo Turchia-Siria-Iraq. È qui che, per diverse cancellerie occidentali, potrebbe sorgere uno stato curdo come antidoto allo stato terroristico islamico (Isis), pur con molte cautele per via degli interessi energetici in ballo e le prevedibili reazioni turche, irachene, siriane ed iraniane. L’idea di fondo è che i curdi abbiano un orgoglio così tenace – lo dimostra la madre curda che si è fatta deflagrare contro miliziani dell’Isis – che il macabro vessillo nero dell’Isis non li spaventerà ma ne galvanizzerà il desiderio di riscossa. È sempre in questo teatro che l’Isis sta muovendo un assedio micidiale a Kobane, centro abitato siriano a breve distanza dal confine turco senza che le truppe di Ankara intervengano. È ancora qui che la Turchia proietta i propri rimpianti neo-ottomani per terre appartenute al defunto impero turco all’indomani del primo conflitto mondiale e definitivamente sfilati alla Sublime Porta con il trattato di Losanna del 1923. Erdogan, dopo aver sferrato una guerra interna al secolarismo di Ataturk, accarezza ora il sogno di stroncare una volta per tutte il sogno di uno Stato nazione curdo e riaffermare il primato regionale turco. Ed è qui, infine, che il segretario generale Nato Stoltenberg ha annunciato che verranno dispiegate truppe del Patto Atlantico in caso di attacchi da parte dell'Isis. In Siria, vale la pena di ricordarlo, i curdi rappresentano la seconda comunità dopo quella araba, e il primo presidente siriano durante il mandato francese, Muhammad Ali al-Abid (1932-1934) era a sua volta di origine curda.
Mentre scrivo queste righe, anche il fronte iracheno nella lotta all’Isis appare frammentato, diviso come è tra gruppuscoli tribali sunniti, peshmerga curdi, miliziani sciiti e truppe regolari irachene. Numerosi osservatori sono concordi nel ritenere che la Turchia faccia leva soprattutto su selezionati gruppi amici per esercitare la propria influenza nella regione. Insomma: Ankara non aspira certo a un presidio fisico di tutta l’area, ma fa leva sui propri alleati. Un quadro, questo, che si fa ancora più complesso lungo la frontiera curdo-araba, compresa la regione petrolifera di Kirkuk, dove si vanno intensificando le rivendicazioni dei sunniti arabi. A scongiurare per conto del governo di Bagdad un ulteriore consolidamento dei curdi, le cui truppe presidiano i territori contesi, la crescente insofferenza arabo-sunnita e turcomanna a cui si aggiunge un continuo asse tra Bagdad con i territori contesi per indebolire l’autorità del governo regionale curdo. Questo a sua volta inasprirà la contesa tra le due principali fazioni curde in Iraq – il Partito Democratico di Massoud Barzani e l’Unione Patriotica del Kurdistan di Jalal Talabani. Delle due, la seconda appare oggi più vicina alle posizioni di Bagdad, mentre la prima flirta con la Turchia per esportare unilateralmente petrolio greggio. A sua volta, anche l’Iran sta giocando una partita con Talabani per indebolire la strategia di influenza turca nel Kurdistan iracheno. Una strategia, quella di Ankara, che oscilla tra l’esigenza di mostrarsi in prima fila nella lotta contro l’Isis lungo le linee di confine con Siria e Iraq, e quella di contenere i separatisti curdi. È soprattutto questo dilemma che aiuta a comprendere le contraddizioni della Turchia. Ankara chiede aiuto alla Nato – il fez abbinato alle insegne celesti del patto atlantico: paradossale, ricordo di un’epoca ormai superata in cui la Turchia era un baluardo del blocco occidentale. Al tempo stesso, tuttavia, la Turchia, si guarda bene dall’intervenire in scontri che avvengono a breve distanza dal proprio confine. Senza dimenticare che tutto questo non sarebbe pensabile senza la riluttanza americana ad impegnare in misura significativa uomini e mezzi in una delle zone più inquiete del pianeta, teatro di lotte tanto sanguinose quanto inconclusive. Ancora una volta, un occhio al calendario è d’obbligo. A quello turco, certo, dato che prevede elezioni parlamentari all’inizio del 2015, ma soprattutto a quello americano, le cui elezioni di metà mandato(il cosiddetto midterm) sono alle porte. E l’Italia, che venne coinvolta nell’arresto del leader curdo Ocalan ed ospita ancora numerosi negoziati, che posizione intende assumere?

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