Non è finita
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Ecco gli eroi di Hamas mentre aspettano l'IDF dotati dei più moderni sistemi di difesa
Cari amici,
a due mesi dalla fine delle operazioni a Gaza di Hamas non si parla più, vi dicevo ieri. E davo per scontato che invece si dovesse fare, eccome. Perché è chiaro che la battaglia è finita ma la guerra no, e non certo per volontà di Israele. Eccovi qualche informazione, che non troverete certo sui giornali italiani, in particolare quelli più “autorevoli”. Il capo di Hamas a Gaza, Hanyieh, ha dichiarato sabato scorso che il suo movimento “continuerà a costruire le armi della resistenza” (http://www.jpost.com/Breaking-News/Hamas-leader-Haniyeh-tells-Gazans-We-will-continue-building-the-weapon-of-resistance-378007). E certamente non da solo, visto che la marina israeliana è già pienamente impegnata a intercettare i tentativi, che ci sono stati e numerosi nelle ultime settimane, di far entrare via mare a Gaza i materiali per queste “costruzioni” (http://www.jpost.com/Israel-News/Exclusive-Navy-intercepts-weapons-building-material-bound-for-Gaza-as-Hamas-bids-to-rearm-378035). Del resto non mancano in Europa, in America e un po' dappertutto quelli che premono su Israele perché consenta di far entrare a Gaza il cemento e l'acciaio che servono per nuovi tunnel, i tubi necessari per la struttura di nuovi razzi, i fertilizzanti che si trasformano in nuovi esplosivi per mine e per gli stessi missili. Insomma, paradossalmente ma forse neanche tanto, per i “pacifisti” di tutto il mondo la priorità è il riarmo di Gaza, ricetta sicura di prossime guerre, non il suo disarmo, sola via per garantire la pace per i gazawi.
Questo è un punto importante da capire e da diffondere. Mentre la propaganda antisraeliana (diciamo pure antisemita) dei media europei e americani cercava di far passare la tesi di un'aggressione di Israele ai poveri bambini palestinesi inermi, Hamas per usi interni ha sempre continuato a vantare la propria bellicosità e a mostrare quanto fosse indaffarato a produrre missili, scavare tunnel e sparare contro gli ebrei. Vi prego di prendervi un po' di tempo per guardare questi quattro filmati, che sono usciti ad agosto, perché ne vale la pena: in questo video dell'8 agosto (https://www.youtube.com/watch?v=2fDFDXwhx3E&feature=youtu.be) i terroristi mostrano il loro modus operandi nei tunnel d'assalto. Qui (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4558720,00.html) si vantano di continuare a produrre i loro missili a lunga gittata anche durante la guerra. Qui (http://www.jpost.com/Operation-Protective-Edge/Hamas-fighters-show-defiance-in-Gaza-tunnel-tour-371517) invitano addirittura un giornalista della Reuters (scelta che a me non sembra troppo casuale) a visitarli. Qui infine è Fatah, non solo Hamas, a dire che è impegnata a fabbricare nuovi missili per rimpiazzare quelli persi nella guerra (http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=12693). Un problema interessante, anche perché implicitamente si capisce che anche dal loro punto di vista militare Israele ha vinto la guerra (per un buon commento su questo punto vi consiglio di leggere questa bella analisi: http://www.commentarymagazine.com/article/yes-israel-won-in-gaza/ e magari anche l'intervista del capo di stato maggiore israeliano generale Gantz http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/IDF-Chief-of-Staff-Lt-Gen-Gantz-Did-we-win-the-war-Yes-377986).
Il fatto è che la prossima guerra che Hamas sta preparando potrebbe non riguardare solo Gaza: è fondamentale per Hamas riuscire ad avere delle roccaforti militari in Giudea e Samaria, che sarebbero, come ha detto qualcuno, “una Gaza moltiplicata per 20”. Basterebbe poco, dicono, per trasformare i territori governati oggi da Abbas in un pericolo grandissimo per Israele (http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=12815). Questa è la ragione per cui Hamas ha accettato di partecipare con Fatah al governo “di unità nazionale”, sicuro di vincere le prossime elezioni e impadronirsi dell'intera posta, ed è la ragione per cui Israele non può accettare questo governo e trattare con esso. Ed è anche la ragione di fondo per cui non è possibile un vero stato dell'Autorità Palestinese, tanto meno sugli interi territori liberati nel '67: al di là di qualunque ragione politica, storica e nazionale, uno stato arabo fra la linea verde e il Giordano sarebbe non la ricetta della pace ma della guerra continua. In una sentenza molto importante, la corte distrettuale di Gerusalemme ha decretato che l'Autorità Palestinese può essere oggetto di azioni legali di risarcimento dei danni del terrorismo che parte dai suoi territori proprio perché non si tratta di uno stato sovrano (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185822#.VDJhIPl_tQd). Se lo fosse, sarebbe immune da azioni della polizia israeliana, quelle che continuano a tenere a freno il terrorismo, anche se non riescono a eliminarlo. E quindi Hamas prevarrebbe e userebbe tutti gli spazi e le risorse del territorio per agire, obbligando rapidamente Israele a una guerra formale e alla rioccupazione del territorio. Sarebbe forse un risultato positivo, eliminerebbe molte ambiguità. Ma per ottenerlo il costo umano e materiale sarebbe gigantesco.
Si vis pacem, dicevano i romani, para bellum: se vuoi la pace, preparati alla guerra, stai pronto e bene armato. E taglia le unghie a chi ha interesse a sconvolgere gli equilibri, aggredire, uccidere, devastare, eliminare gli ebrei e dunque non ha alcun interesse alla pace, anche se i suoi sostenitori strumentalmente la invocano: Hamas come l'Isis, Fatah come Hizbollah, Boko Haram come le schegge libere del terrorismo palestinese.
Ugo Volli