Riprendiamo dall STAMPA di oggi, 04/10/2014, a pag.14, con il titolo " Barbuti e vessilli neri, così il califfo si infiltra nei vicoli di Istanbul" la cronaca di Marta Ottaviani .
Corrispondente dalla Turchia, Ottaviani è in genere molta cauta nel dare giudizi sul paese governato da Erdogan, per questo il quadro che esce da questo articolo è molto allarmante. E' questa la deriva turca, un paese sempre più prigioniero del fanatismo religioso islamico da quando Erdogan è al potere. Ma ora diventa reale il pericolo Isis, in un paese che dovrebbe combatterlo.
Marta Ottaviani
Ecco l'articolo:
Da capitale dell’Impero Bizantino e Ottomano, a capitale della propaganda di Isis. L’antica Costantinopoli rischia di passare dalla porpora degli imperatori d’Oriente e le maioliche dai colori cangianti dei sultani al nero della bandiera dello Stato Islamico del Levante e Iraq del Califfo Al Baghdadi.
Istanbul e altre città della Turchia moderna sono diventate la meta preferita dei militanti dell’organizzazione terroristica. La megalopoli sul Bosforo, in particolare, viene utilizzata come base logistica, ma anche come centro di propaganda e reclutamento. Fonti di sicurezza che hanno chiesto l’anonimato hanno detto al quotidiano di opposizione «Aydinlik» che Isis avrebbe occupato 700 proprietà nel Paese e che, se la propaganda viene fatta nei quartieri più poveri, loro vivono nei distretti più prestigiosi. Viaggiano su minivan dai vetri oscurati, girano con lunghe barbe e l’abbigliamento tipico della tradizione islamica, si comportano come se non temessero controlli da parte delle autorità turche. I quartieri di Fatih, Atasehir, Esenyurt e Bagcilar, tutti nella parte europeadi Istanbul, sono completamente infiltrati e il primo luogo dove Isis fa sentire la sua presenza sono le moschee, soprattutto quelle più conservatrici. A Fatih, nei giorni scorsi, alcuni simpatizzanti dell’organizzazione, hanno indossato magliette con lo stemma di Isis e allestito un banchetto nel centro, distribuendo materiale informativo come se si trattasse di una qualsiasi piattaforma politica. Il quartiere di Esenyurt è una goccia nel mare della sterminata periferia di Istanbul, dove quartieri dormitorio si accavallano con le loro costruzioni tutte uguali, la cementificazione selvaggia e negozi che vendono ogni ben di Dio, facendo credere che il benessere sia finalmente arrivato anche qui. In agosto la moschea di Muhammediye è stata teatro di una sparatoria, mentre un gruppo sciita era riunito in preghiera. L’imam ha accusato Isis di essere coinvolto. Ma per le strade di Esenyurt c’è chi proprio non riesce ad accettare che la Turchia stia diventando un porto sicuro per i movimenti terroristici. «Di turco fra quelli non ce n’è nemmeno uno, sono pronto a scommetterci - spiega Merter, che gestisce un supermercato vicino alla moschea -.A Istanbul gli arabi che si trasferiscono aumentano di giorno in giorno, è chiaro che sono arrivati anche loro. La Turchia è uno Stato laico, possiamo essere conservatori ma non dei fanatici ». In giugno il quotidiano «Milliyet » aveva pubblicato la notizia che 3.000 turchi si erano arruolati nelle milizie dello Stato Islamico. Venivano soprattutto dalle aree più arretrate del Paese. Ma adesso la presenza di Isis è diventato un problema scomodo per le autorità islamico-moderate di Ankara, con il presidente Erdogan che sta per lanciare un’operazione contro gli islamisti in Siria, e comincia a creare qualche serio problema di sicurezza. Nelle scorse settimane nel quartiere di lusso di Basaksehir, dove vivrebbero alcuni militanti dell’organizzazione terroristica, si sono verificati scontri con il Pkk, che oltre al Sud-Est del Paese sembra intenzionato a mantenere il controllo di alcuni distretti a Istanbul. E in alcune zone della città, anziché ribellarsi a una minaccia concreta, si è radicato l’atteggiamento più pericoloso per una società borderline come quella turca: l’omertà. Bagcilar prima era famoso solo per essere il nuovo capolinea della metrotramvia che taglia la città, adesso è noto per essere il quartiere dove sorge il negozio che vende merchandising dell’Isis. Peccato che trovarlo, nel reticolo di vie dove affacciano migliaia di esercizi commerciali sia come cercare l’ago in un pagliaio. E la gente non solo non aiuta, percepisce i giornalisti come persone ostili. «Da quando è comparsa la notizia di quel negozio vengono qui tutti i giorni - lamenta il barbiere Murat -. Io non lo so dove sia quel negozio e anche se lo sapessi non ve lo direi». C’è addirittura chi fa finta di non sapere chi sia Isis.Meglio fare finta di non vedere, anche se potrebbe costare carissimo.
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