Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/10/2014, a pag. 15, con il titolo "Turchia: sì alle truppe in Siria e Iraq", la cronaca di Maurizio Molinari.
Guerriglieri curdi contro l'Isis
Maurizio Molinari Recep Tayyip Erdogan
Con 298 voti a favore e 98 contrari il Parlamento di Ankara autorizza le truppe turche a condurre operazioni di terra, in Iraq e Siria, contro lo Stato Islamico (Isis) e il regime di Bashar Assad aprendo un nuovo capitolo del conflitto in corso in Medio Oriente. Finora la coalizione guidata dagli Stati Uniti contro Isis ha condotto, dall’8 agosto, solo raid aerei e gli alleati arabi di Washington, nel recente summit di Gedda, avevano avallato la campagna anti-terrorismo senza tuttavia sbilanciarsi pubblicamente sulle operazioni di terra. Il Segretario di Stato John Kerry si era limitato a dire che «contatti con i partner sono in corso» per inserire il tassello mancante dell’offensiva di terra ma ora è Ankara che compie tale mossa, ritagliandosi sotto i riflettori un ruolo da protagonista nella guerra in atto.
La legge infatti è molto dettagliata, fino ad assomigliare a un piano di operazioni. Il governo ottiene «per il periodo di un anno» l’autorizzazione a compiere interventi «contro gruppi terroristi in Siria ed Iraq» al fine di «creare zone sicure per i profughi dentro la Siria» e «proteggerle con delle no fly zone», oltre a poter «addestrare e provvedere logistica e armamenti all’Esercito di liberazione siriano» ovvero i ribelli filo-occidentali. E ancora: il testo prevede la possibilità di «far transitare sul territorio turco forze militari straniere» impegnate contro i miliziani jihadisti del Califfo Ibrahim, Abu Bakr al Baghdadi, adoperando una terminologia che consente tanto agli Stati Uniti di sfruttare le basi Nato nel Sud della Turchia quanto ai guerriglieri curdi del Pkk (Partito dei lavoratori) di superare la frontiera per sostenere i reparti di peshmerga curdi siriani o iracheni.
Sebbene il ministro della Difesa, Ismet Yilmez, affermi che «non siamo tenuti a prendere iniziative immediate» la Turchia diventa da subito il Paese della coalizione anti-Isis con più carte tattiche da giocare: può assumere la leadership delle operazioni di terra, liberare zone lungo il confine e coordinare l’afflusso di contingenti curdi verso la città di Kobani, assediata dai miliziani di Isis che sembrano sul punto di prevalere. E può anche attaccare le forze di Assad, definite da Yilmaz «la vera origine di Isis a causa degli orrendi massacri di civili compiuti sin dall’inizio della guerra civile».
Più che un partner di Washington, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan si ritaglia un ruolo da protagonista negli sconvolgimenti in atto, grazie a un esercito di quasi 1 milione di uomini - dotato delle più moderne armi occidentali - che non ha rivali nel mondo musulmano. Resta da vedere come e quando Erdogan deciderà di iniziare le operazioni. L’indicatore da tenere presente al riguardo è il mausoleo di Suleiman Shah, proprio a Kobani, ovvero l’enclave turca che la legge approvata nomina espressamente, definendola «minacciata da Isis». Erdogan in proposito è stato chiaro, promettendo alla guarnigione di 60 uomini che lo protegge: «Non siete soli, tutti i turchi sono con voi».
Il Califfo intanto fa avanzare le proprie truppe: non solo attorno in Siria, a Kobani, ma anche in Iraq, a Hit e Ramadi, aumentando la pressione sulla capitale Baghdad. Per un rapporto dell’Alto commissariato Onu per i Diritti Umani tali progressi militari si accompagnano a «sistematici ed estesi abusi contro i civili».
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