Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 30/09/2014, a pag. 16, con il titolo "Vietati i tatuaggi e niente trucco: la nuova stretta di Erdogan", l'analisi di Marco Ansaldo.
Marco Ansaldo Recep Tayyip Erdogan
L'islamismo divora la Turchia, un tempo Paese laico
Sì al velo delle ragazze nelle scuole. Ma no a tatuaggi e trucco per studenti e studentesse. E poi attacchi contro la politica di marketing del nuovo iPhone. Ma che cosa sta diventando oggi la Turchia? Il governo islamico conservatore stringe la morsa sui giovani, imponendo regole fino a ieri fuori corso. Con l’altra metà del Paese, quella laica e liberale, disperata ma senza la capacità di esprimere un leader capace di opporsi allo strapotere del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Più che una campagna di islamizzazione, la sua pare un’offensiva moralizzatrice, tesa a rimodellare la società. Ieri ad esempio sono state rese note sulla Gazzetta Ufficiale le nuove norme sui costumi a scuola: divieto di tingere i capelli e di portare barba o baffi. Gli studenti «devono presentarsi con il volto visibile, non possono usare borse o altro materiale con simboli politici, foto o scritte». Chi trasgredirà rischia l’espulsione. Già a luglio Erdogan si era già espresso sui tatuaggi, criticando un calciatore del Galatasaray. «Perché fai del male al tuo corpo? — aveva detto a Berk Yildiz — non farti ingannare dagli stranieri. Corri anche il rischio che ti venga un cancro alla pelle ».
Ma se da un lato Ankara impone ai giovani divieti precisi, dall’altra si mostra insolitamente liberale con le studentesse desiderose di indossare il “turban” (che le copre interamente sul capo senza lasciare trasparire un capello), le quali rappresentano in netta maggioranza la parte politica vicina al partito Giustizia e sviluppo. Il governo infatti ha da poco abrogato il divieto di indossare il velo nelle scuole superiori, baluardo delle norme dettate dal padre laico della Patria, Ataturk.
«Ognuno deve vivere la sua vita come crede», ha commentato serafico il premier turco Ahmet Davutoglu. E Erdogan, noto per la sua ostilità ai social network e per i più moderni strumenti della comunicazione on line, ha criticato ieri l’ultimo iPhone della Apple. «Quell’azienda — ha detto in un discorso trasmesso in diretta tv — mette in commercio un nuovo modello più o meno ogni anno. Ma non è diverso dalla versione dello scorso anno. Non si vende un telefono, ma il brand di quel telefono».
«La società turca è avviata a tornare al Medio Evo — commenta il leader di uno dei sindacati turchi, Veli Demir — che cosa faranno con quei ragazzi che hanno già tatuaggi sul corpo? Gli strapperanno la pelle?». Ieri l’organizzazione Human Rights Watch ha diffuso un rapporto di 38 pagine sulla situazione in Turchia, affermando che il Paese sta facendo passi indietro sul rispetto dei diritti umani e sullo stato di diritto, e deve adottare misure per tutelare la libertà di parola, il diritto alla protesta pacifica e i principi della legalità.
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