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Ugo Volli
Cartoline
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Tre piccole storie istruttive 29/09/2014

Tre piccole storie istruttive
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra, la nave turca Mavi Marmara (2010)

Cari amici,

“il tempo è galantuomo”, ci credo anch'io con la postilla “rimette a posto le cose”. L'aforisma è attribuito a Voltaire, un giornalista di talento che si è spacciato per filosofo e sapiente, ed è stato preso come tale; era anche antisemita e non mi è simpatico, ma sì, se l'ha scritto lui questa volta aveva ragione. Ve ne do oggi un paio di esempi – naturalmente inediti in Italia, grazie alla solerzia della nostra stampa a nascondere tutte le cose interessanti sul Medio Oriente che non vadano contro Israele.

La prima è quella che mi ha dato più soddisfazione. Conoscete Amira Hass? E' forse la più odiosa fra le figure dell'antisionismo oggi, certamente la più impegnata nella campagna contro il paese di cui porta il passaporto. Una “giornalista” (o meglio una propagandista politica) che ebbe il coraggio di tessere un pubblico omaggio sul suo giornale arabo in lingua ebraica (Haaretz) alle lapidazioni arabe delle macchine israeliane (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/166868#.VCf9RPl_tQc) subito dopo che uno di questi agguati aveva ucciso un bambino vicino a Hevron. Sapete la storiella di quel naufrago che assediato dai coccodrilli su una zattera buttava a mare i suoi compagni di sventura, sperando che i rettili si saziassero e alla fine lo lasciassero in pace? Illusione, stupidità oltre che perversione morale: i coccodrilli sono tanti e hanno la pancia grande, e non badano all'ordine dei naufraghi da mangiare né sono grati ai traditori loro alleati. Be', non ho mai avuto dubbi che questa storia riguardasse anche le persone di origine ebraica che si fanno belle al mondo cercando di danneggiare il loro popolo, siano commedianti o “giornalisti”, linguisti o professori di diritto.


Amira Hass

E nei giorni scorsi ho avuto una piccola soddisfazione. La Hass ha cercato di partecipare a un dibattito all'università Bir Zeit vicino a Ramallah (dove lei vive perché trova più simpatici i “palestinesi” dei “colonialisti”) ed è stata buttata fuori. Sapete perché? Perché è ebrea e la democratica università di Bir Zeit, la più prestigiosa del “libero stato di Palestina”, ha “da decenni” (cioè da quando è stata istituita proprio dal governo israeliano, o piuttosto da quando è stata “liberata” dagli accordi di Oslo) la politica di non ammettere la presenza di ebrei nel suo campus “in modo che gli studenti arabi si sentano più liberi”. Bell'esempio di razzismo, non vi pare? A proposito della “Palestina libera e laica” per cui sfilano gli imbecilli dell'ultrasinistra. Fatto sta che alla Hass hanno detto che non era gradita e “per il suo bene” doveva andarsene, dopo di che le è toccata anche una piccola contestazione studentesca, a quanto pare (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185540#.VCfzP_l_tQc). Non si è fatta male, ma chissà, forse potrebbe aver capito quale sarebbe il suo destino se si attuasse il progetto politico palestinese che appoggia con tanta fede: anche lei come gli altri naufraghi sarebbe mangiata dai coccodrilli. Chissà se non le è passata la voglia di fare buchi nel fianco della nave che la alloggia, come è successo una decina d'anni fa al nuovo storico Benny Morris. Il tempo è galantuomo.


Oggetti e armi trovate a bordo della Mavi Marmara (2010)

Altra storia. Vi ricordate i poveri pacifisti della flottiglia pro-Hamas che nel 2010 furono “aggrediti” dalla Marina israeliana che difendeva il blocco della Striscia di Gaza, rifiutando l'obbedienza che le navi civili devono alle disposizioni militari? Vi ricordate che portavano “non armi ma beni civili, per esempio cemento per le costruzioni” (guarda un po', cemento, non vi fa pensare ai tunnel di Hamas?). Vi ricordate che quando un gruppetto di soldati israeliani scese da un elicottero sul traghetto Mavi Marmara per prenderne il controllo, come previsto dalle leggi internazionali, fu assalito e un certo numero di loro fu ferito gravemente a colpi di coltello e di sbarra, sicché i loro compagni dovettero sparare per difenderli, uccidendo una mezza dozzina di “militanti” turchi di un gruppo legato al Al Qaeda, l'IHH? Be', l'altro giorno è successa una cosa piccola ma significativa: uno dei reduci di questa impresa, di nome Bulent Alniak, 40 anni, passato indenne al tentativo di sfondamento e prontamente restituito alla Turchia, è morto, pensate un po', in Siria, durante uno dei bombardamenti americani dell'Isis (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185546#.VCfzAfl_tQc). Era andato lì a combattere per il califfato, guardate un po'. Non occorre essere dei complottisti per capire che la lotta dell'Isis, quella di Hamas e anche quella di Erdogan che ha difeso i miliziani dell'IHH sono fondamentalmente la stessa causa. Alla faccia di chi li definiva pacifisti.

Terzo episodio. Vi siete mai chiesto perché Israele è in difficoltà nell'opinione pubblica internazionale? Ci sono tante ragioni, naturalmente, e la prima è l'antisemitismo. Ma sentite questa storia. E' venuto fuori sempre negli ultimi giorni che una delle più importanti agenzie di relazioni pubbliche del mondo, la Burston-Marsteller, che agisce anche in Italia, ha rifiutato un contratto offerto da Israele per promuovere la sua immagine in America. Sul tavolo stavano 3,5 milioni di dollari, che in questi tempi grami per pubblicità e PR non sono proprio noccioline. B-M invece ha rifiutato, ma non perché rifiuta di mescolarsi alla politica. Anzi, contemporaneamente ha accettato un contratto analogo richiesto da Enneada, il partito tunisino affiliato alla Fratellanza Musulmana. Affinità ideologica? No, semplicemente i dirigenti di B-M hanno spiegato che se avessero accettato di difendere Israele avrebbero perso tutti i lucrosi contratti privati dal mondo arabo, per esempio quelli del petrolio. (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/185528#.VcfzWfl_tQc). Comprensibile, è il business, bellezza. Non discuto. Ma istruttivo. Per capire bene l'importanza di questa storia, bisogna sapere che il primo target delle ditte di PR non sono i cittadini, ma la stampa, i politici, le élites. Con metodi naturalmente tutti leciti, ma, come dire, molto convincenti. La prossima volta che vedete una bella ondata di diffamazione contro Israele che gira indisturbata (soprattutto indifferente alla verità) per i più “autorevoli” giornali del mondo, provate a ripetere questo nome come un abracadabra: “relazioni pubbliche”, magari aggiungendoci quello di qualche agenzia di notizie come la Reuters, sulla cui neutralità vi ho già accennato spesso in passato. Anche in questo campo, il tempo è galantuomo.


Ugo Volli


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