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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.09.2014 L'Iran: il predatore che si veste da colomba
Sergio Romano uno storico ? mavalà !

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 settembre 2014
Pagina: 41
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Rouhani all'Onu: errori dell'intelligence»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/09/2014, a pag. 41, con il titolo "Rouhani all'Onu: errori dell'intelligence", la risposta di Sergio Romano alla lettera di Daniele Tellino.

Le parole non sono sufficienti a fare di Rohani un uomo di pace. Lo dimostra la corsa al nucleare, che prosegue esattamente come quando l'Iran era retto da Ahmadinejad. Lo dimostra l'appoggio ideologico e - soprattutto - militare a organizzazioni terroristiche che si pongono l'obiettivo della distruzione di Israele e degli ebrei, come Hamas e Hezbollah. Lo dimostra la politica di potenza portata avanti nel Medio Oriente e la censura interna. Lo dimostra la negazione di fondamentali diritti umani di donne e uomini in Iran.
Inoltre Hamas e Hezbollah non sono "sfuggite al controllo" dell'Iran, ma sono il frutto maturo del sostegno costante dell'Iran in funzione anti-israeliana. Chi ha generosamente donato a Hamas l'arsenale di missili scatenato nei mesi scorsi sui cieli di Israele? L'Iran in primo luogo, e se possibile continua e continuerà a fare lo stesso.
Non è difficile, insomma, capire chi sia il falco più pericoloso del Medio Oriente, anche quando cerca di travestirsi da colomba.
In quanto alla professione di "storico" di Romano, avanziamo seri dubbi, se guardiamo a come ha raccontato l'affare Mossadeq. Il quale venne defenestrato dallo Scià Reza Palevi non per le ragioni che cita Romano - tra l'altro il colpo di stato era nei progetti di Mossadeq - ma perchè a capo del Partito comunista, allora non solo una minaccia per la Persia, ma anche alla alleanza con gli Usa. Non sarà un caso se Romano ha finora trattato con i guanti l'Iran di Khomeini.


Sergio Romano                       Hassan Rohani

Ecco la lettera e la risposta di Sergio Romano:

Qual è il suo parere sull’intervento all’Onu di Hassan Rouhani, presidente dell’Iran, che ha chiesto agli Usa e ai Paesi arabi di scusarsi per i loro errori, che hanno portato all’ascesa del terrorismo? Non credo che sia così lontano dalla realtà, considerando il fallimento dell’intervento armato in Iraq, del bombardamento della Libia, del caos siriano, tutti senza un progetto per il dopo. Senza dimenticare i finanziamenti agli estremisti, da parte di Paesi arabi, oggi preoccupati di spegnere il fuoco che avevano concorso in modo determinante ad accendere ed alimentare.

Daniele Tellino
d.tellino@gmail.com

Caro Tellino,
Il discorso del presidente iraniano all’Assemblea delle Nazioni Unite è stato letto e commentato in modi opposti. Per coloro che diffidano dell’Iran e desiderano il fallimento dei negoziati sulla politica nucleare di Teheran, il discorso ripete schemi già noti da tempo.
Sul fronte opposto (quello di coloro che sostengono la politica di Barak Obama e sperano nel successo dei negoziati), Rouhani si è dimostrato ancora una volta l’uomo del regime iraniano che meglio riesce a navigare pragmaticamente tra la vecchia guardia della rivoluzione e la voglia di riforme manifestata da coloro che lo hanno votato nelle ultime elezioni presidenziali. Nell’agenda della sua visita a New York, l’evento più interessante è stato un incontro con David Cameron, il primo colloquio con un capo del governo britannico dallo scoppio della grande crisi fra i due Paesi dopo la rivoluzione del 1979.
Per comprendere l’importanza di questo incontro, caro Tellini, vale la pena di ricordare che il colpo di Stato del 1953, organizzato per defenestrare un Primo ministro (Mohammad Mossadeq) «colpevole» di avere nazionalizzato il petrolio contro la tenace resistenza della Anglo-Iranian Oil Company, fu eseguito dagli americani ma voluto e ispirato dalla Gran Bretagna. La grande maggioranza degli iraniani non dimentica che Londra, fra l’Ottocento e il Novecento, trattò spesso l’Iran, con una sorta di supponenza imperiale, come uno Stato vassallo.
Quanto alle responsabilità dei servizi d’intelligence dell’Occidente («hanno messo le spade nelle mani di folli che ora non risparmiano nessuno »), l’affermazione del presidente iraniano è difficilmente contestabile. Il caso più noto è quello degli aiuti forniti dalla Cia negli anni Ottanta ai resistenti afghani che stavano combattendo l’Armata Rossa. Molti di quei resistenti finiranno qualche anno dopo nelle milizie talebane e nei ranghi di Al Qaeda. Ma esistono altri casi analoghi, anche in tempi più recenti, soprattutto in Libia.
La mia sola obiezione è che la stessa accusa può essere mossa agli iraniani. Anche l’Iran ha finanziato e armato organizzazioni (Hezbollah, Hamas) che sono poi sfuggite al suo controllo.

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