Il commento di Enrico Fubini
Dal 21 al 27 settembre 2014
I missili di Hamas sono in grado di raggiungere quasi tutte le città israeliane
Ho passato tutto il mese di Luglio in Israele, condividendo ovviamente tutte le ansie, le paure, le angosce degli altri otto milioni e più d’israeliani sotto i missili di Hamas, anche se abitando a Gerusalemme ho avuto la fortuna di trovarmi in una città assai meno esposta al pericolo rispetto a tante altre città del centro-sud. Ma non è tanto delle sirene che risuonavano con la loro carica di paura tante volte al giorno su gran parte del territorio israeliano che voglio parlare, quanto delle impressioni che ho provato seguendo per parecchie ore al giorno la televisione israeliana e quella italiana per seguire di ora in ora le notizie: ci tenevo soprattutto a rendermi conto di come venivano riportate nel mondo le angosciose notizie di quelle settimane.
Molti israeliani si sono lamentati in quelle settimane anche dei loro canali televisivi in cui venivano mostrati con molta maggior insistenza le rovine di Gaza, i bambini morti o feriti, le donne in pianto di fronte alle loro case distrutte rispetto alle immagini dei loro concittadini che correvano nei rifugi, delle centinaia di persone ricoverate in ospedale per traumi psichici, non meno gravi delle ferite riportate da chi aveva avuto la casa semidistrutta, o i soldati esposti a terribili pericoli nel territorio di Gaza in cui hanno dovuto entrare per cercare di mettere fine ai lanci di missili e per distruggere i micidiali tunnel, per non parlare di quelli che ci hanno rimesso la vita. E’ ben nota l’attitudine ebraica e israeliana di non piangersi addosso per le proprie disgrazie, ma forse si tratta in questo caso di un discorso più di natura politica che doveva servire a rassicurare l’opinione pubblica sull’efficacia della guerra in corso.
Ma ciò di cui si rimaneva spesso sbalorditi erano le notizie sui tre canali della RAI, in cui ben raramente si parlava delle motivazioni dei bombardamenti israeliani su Gaza: sembrava che le distruzioni fossero causate da una guerra che Israele per misteriosi motivi aveva lanciato contro il piccolo e povero paese inerme, seminando morte tra i civili e rovine nella città allo stremo. Ben raramente si faceva cenno ai 4000 e più missili lanciati da Hamas che avrebbero seminato morte e distruzione esclusivamente tra i civili se Israele non avesse inventato Kipat Barzel (Iron Dome, la cupola di ferro) che si è dimostrata di grande efficacia nell’intercettazione dei missili in arrivo sulle città, e comunque venivano minimizzati nei loro effetti mostrando la enorme sperequazione tra i rispettivi morti. Un noto personaggio della cultura in Italia è arrivato a dire che i missili dei poveri palestinesi di Gaza erano degli innocui giocattolini!
Il tam tam televisivo ha proseguito ancora quasi tutto il mese di agosto; poi, dopo la tregua, è calato il silenzio. Quando sui giornali e alla televisione si parla poco o nulla di Israele tiro un sospiro di sollievo, poiché per lo meno non vengono fornite notizie false o tendenziose. In questo caso però le cose sono forse più complesse e meritano qualche considerazione in più. Da quando non si parla più di Gaza e di Israele si parla solo dell’ISIS e dei guai che combina. E’ vero che il giornalismo va a mode e a ondate, ma forse l’attenzione sull’ISIS e la dimenticanza d’Israele può significare anche che l’Occidente e l’Europa in particolare si stanno accorgendo di una dura realtà e di un drammatico pericolo che avevano voluto nascondere o comunque sottovalutare. Negli anni passati si era spesso letto che tutti i guai del Medio Oriente erano dovuti a Israele e che se Israele avesse fatto la pace con i palestinesi sarebbero scomparse tutte le tensioni nella regione e la pace avrebbe dominato ovunque. Le terribili e scioccanti immagini dei tagliagole hanno non solo spostato l’attenzione su altri soggetti ma forse stanno diffondendo la coscienza che altri sono i pericoli e la causa d’instabilità della regione. La battaglia che ha condotto Israele e che dovrà continuare a condurre ha qualche parentela con la stessa battaglia che l’Europa e l’America si apprestano a condurre e non ha nulla a che vedere con un’innata volontà espansionistica d’Israele e dal suo presunto odio nei confronti di una popolazione inerme, sprovvista di armi e di mezzi finanziari (il costo di un km. di tunnel è stato valutato un milione di dollari!).
E’ indubbio che la teologia coranica dell’ISIS ha molte somiglianze con quella di Hamas e che la dura battaglia, dai risultati ancora molto incerti e nebulosi, che l’Occidente dovrà condurre non solo in Medio Oriente ma anche in casa propria non è molto dissimile da quella che conduce Israele da parecchi anni: possiamo sperare che la demonizzazione dello Stato ebraico e la campagna di boicottaggio trovino un argine proprio nella considerazione che Israele e l’Europa hanno un nemico comune?
Enrico Fubini, Storia della musica e musicologia - Università di Torino