Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/09/2014, a pag.13, con il titolo " Pronti a inviare truppe in Siria", l'articolo di Maurizio Moloinari sugli acrobatici giri di valzer del califfo turco, un piede in tutte le staffe possibili, approfittando della confusione che regna sovrana nel mondo occidentale.
Maurizio Molinari
«Potremmo usare le nostre truppe di terra in Siria». II presidente turco Recep Tayyp Erdogan parla da bordo dell'aereo che lo riporta ad Ankara da New York e fa chiarezza su una posizione finora assai contraddittoria in merito al conflitto contro lo Stato Islamico (Isis) del Califfo Abu Bakr al Baghdadi. «Se vi sarà un accordo internazionale per creare una no fly zone in Siria, ai confini con la Turchia - afferma Erdogan parlando con "Hurriyet" - le nostre truppe potrebbero essere adoperare per proteggere i profughi in fuga da Isis». Dopo aver a lungo esitato nel concedere alla coalizione anti-Isis le proprie basi e bersagliato dalle critiche per la possibilità dei jihadisti di raggiungere Isis attraverso la Turchia, Erdogan va dunque al contrattacco avanzando una propria proposta alla campagna militare contro il Califfo: «Creare la no fly zone con il consenso di tutti gli attori della regione al fine di proteggere i profughi in fuga dai combattimenti». L'iniziativa di Ankara punta a ritagliarsi un ruolo da protagonista in Siria perché la no fly zone imposta dagli aerei occidentali e arabi consentirebbe alle forze turche di gestire una propria zona-cuscinetto, diventando di fatto la piattaforma avanzata dell'opposizione al regime di Bashar al Assad. «Dopo il summit di Gedda, le nazioni che partecipano alla coalizione anti-Isis - continua Erdogan - hanno iniziato a studiare possibili interventi di terra, vi sono trattative in corso sulla divisione delle responsabilità, al momento le uniche operazioni di terra sono condotte dall'Esercito di liberazione siriano ma la prossima fase sarà diversa». Da qui lo scenario di un intervento anti-Isis destinato a trasformarsi in operazione di terra con i Paesi confinanti - Turchia, Giordania e Iraq - nel verosimile ruolo da protagonisti. La scelta di Erdogan di alzare il velo su tale prospettiva conferma le ambizioni della Turchia di uscire dall'attuale crisi nelle vesti di potenza regionale. E spiega la forte preoccupazione del regime di Damasco che con il ministro degli Esteri Wand Muallem chiede alla coalizione di «coordinare gli attacchi sul terreno» sostenuto dal presidente russo Vladimir Putin che recapita lo stesso messaggio al Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. Sul fronte militare, gli aerei della coalizione arabo-americana hanno bersagliato le posizioni di Isis attorno alla città siriana di Kobani, nel tentativo di aiutare i difensori curdi a respingere l'assedio. Almeno due carri armati e alcuni mezzi blindati di Isis sono stati distrutti ma la difficoltà dei difensori resta e per soccorrerli gruppi di guerriglieri curdi del Ypg hanno sfondato il confine turco. «Dopo gli attacchi della coalizione, Isis ha reagito colpendo Kobani con l'artiglieria, causando vittime fra i civili» fa sapere Nawaf Khalil, portavoce dell'Unione democratica del Kurdistan. A sostenere le operazione anti-Isis ci sono anche i Tornado britannici, che hanno compiuto le prime missioni dall'indomani del via libera del Parlamento di Londra: non si è trattato di attacchi ma di raccolta di intelligence con una missione durata sette ore e sostenuta dall'impiego di aerei cisterna. Per l'Osservatorio britannico sui diritti umani in Siria dall'inizio dei raid arabo-americani in cinque giorni di raid sono stati uccisi «anche 13 civili» e alcuni attacchi avrebbero colpito depositi alimentari. Max Blu-menfeld, portavoce del Comando centrale delle truppe Usa, assicura che «non colpiamo depositi di cibo o qualsiasi altra cosa utile ai civili» ma accertamenti «sono in atto» per appurare se per errore siano stati distrutti dei silos.
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