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La Stampa Rassegna Stampa
24.09.2014 Prosegue l'offensiva Usa contro Isis e Al Qaeda
Cronaca e analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 24 settembre 2014
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Siria, l'America bombarda i terroristi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/09/2014, a pag. 2, con il titolo "Siria, l'America bombarda i terroristi", la cronaca di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari


Il bombardamento di Raqqa da parte degli Usa

Con oltre 200 attacchi contro una dozzina di obiettivi in Siria le forze armate americane aprono il secondo fronte della campagna militare contro lo Stato Islamico (Isis), segnato dalla partecipazione diretta di cinque Stati arabi. Quando a Damasco sono le 3,30 del mattino di martedì almeno 47 missili Tomahawk piombano sui jihadisti del Califfo Ibrahim, Abu Bakr al Baghdadi, bersagliando la roccaforte di Raqqa ed anche Tabqa, Ein Isa e Tel Abyad. A lanciarli sono le Uss Arleigh Burke e Uss Philippine Sea da Mar Rosso e Golfo Persico.
È l’inizio di un’operazione che vede impiegare al Pentagono i bombardieri Stealth B-1, i caccia F-22 Raptor - al debutto - e soprattutto una flotta di droni decollata dalle basi in Medio Oriente e dal ponte della Uss George H.W. Bush nel Mare Arabico. Integrati nelle operazioni d’attacco ci sono i jet di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Bahrein mentre il Qatar partecipa garantendo le proprie basi. Il piano del generale Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori Congiunti, prevede attacchi a ondate contro nemici differenti nello stesso schieramento jihadista. Si incomincia con i bersagli di Isis: il palazzo del governatore di Raqqa, le postazioni militari che lo difendono, le unità che controllano ponti e dighe dell’Eufrate, i centri di raccolta per i miliziani.
Poi tocca ad Al Nusra, emanazione diretta di Al Qaeda, investita da missili, bombe e droni nella roccaforte di Kfar Derian e altrove nella provincia di Idlib. Sono raid in cui piloti americani e arabi volano fianco a fianco, scambiandosi ruoli, non subiscono perdite. Quando si tratta invece di attaccare Khorasan, cellula di Al Qaeda, l’Us Air Force fa da sola. È un ordine del presidente Barack Obama: i jihadisti di Khorasan preparano un attacco contro Usa o Europa e spetta ai piloti americani difendere l’Alleanza.
La prima valutazione dei danni arrecati ai jihadisti arriva dall’Osservatorio siriano sui diritti umani, di base a Londra, che parla di «circa 70 combattenti dello Stato Islamico eliminati e altri 300 estremisti feriti» mentre Al Nusra avrebbe subito «50 vittime» a cui bisogna aggiungere «otto civili, inclusi tre bambini» uccisi da un attacco nei pressi di Aleppo. Poiché per la Cia la forza dello Stato Islamico è di 30 mila jihadisti - due terzi in Siria e in resto in Iraq - i danni sono limitati. Per questo Demsey parla di una campagna «che può durare anni». Nella giornata di martedì i raid si concentrano su Al Nusra, che perde altri 30 miliziani.
La reazione del Califfo Ibrahim arriva dopo il tramonto: «Questi attacchi avranno presto una risposta, la colpa è dei figli di Saloul, tutto ciò è avvenuto a causa loro». Il riferimento, ingiurioso, è rivolto alla monarchia saudita apparentata a Abdallah bin Ubay ibn Salul, un personaggio considerato dall’Islam come il «re degli ipocriti». Poiché Al Baghdadi comunica citando il Corano, ciò lascia intendere la volontà di apre un nuovo fronte verso l’Arabia Saudita. Mentre in un video l’ostaggio britannico John Cantlie viene usato per avvertire gli occidentali che hanno sottovalutato «la forza e lo zelo dell’Isis: sarà un Vietnam».
Obama e il Califfo hanno strategie opposte: il primo punta sull’offensiva aerea occidentale in Iraq e araba in Siria per stritolare Isis mentre il secondo guarda all’estensione dei territori dello Stato Islamico verso Sud ovvero Giordania, Arabia Saudita e Najaf, la città santa degli sciiti iracheni. È un duello di lungo termine e gli attori mediorientali si posizionano. A cominciare dal raiss di Damasco, Bashar al Assad, che esprime «sostegno agli sforzi internazionali anti-terrorismo» facendo sapere, attraverso l’agenzia Sana, che John Kerry ha informato in anticipo «con una lettera» il parigrado siriano degli attacchi a Raqqa.
Per Assad è un successo politico: per la prima volta dall’inizio della guerra civile si sente meno isolato: per questo incontra l’inviato iracheno Faleh al Fayadh parlando di «forte collaborazione anti-terroristi». È uno slancio verso gli Usa che sorprende il presidente iraniano Hassan Rouhani: «Combattere Isis è giusto ma questa coalizione include gli alleati dei terroristi» come il Qatar. L’opposizione siriana fa rientrare le remore sui raid e, con il leader Hadi al Bahra, suggerisce i prossimi obiettivi: «Colpire Isis a Kobani per proteggere i curdi». E la Turchia di Erdogan promette «sostegno logistico» alla coalizione, ammorbidendo il veto all’uso delle basi.

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