Cassazione e neofascismo
Commento di Vitaliano Bacchi
Vitaliano Bacchi Il giudice Guido Salvini
La Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 37577 di alcuni giorni fa ha ribadito un orientamento ormai consolidato ed inequivoco secondo cui la legge Scelba e le altre norme dell'ordinamento repressive del fenomeno fascista in ogni sua manifestazione sono principi fermi e inderogabili della nostra civiltà giuridica.
Il fascismo non ha tutela giudiziaria e non può sottrarsi alla sanzione che il sistema della legge riserva ad ogni sua manifestazione, sicchè il caso dedotto in giudizio e cioè l'apologetica neofascista di Casa Pound a Bolzano ha riportato la censura del giudice di legittimità, la Cassazione, la Ragione, l'espressione più importante e significativa della idea di razionalità intellettuale e di giustizia sociale.
Dovremmo quindi essere orgogliosi e lieti di questa reiterazione del principio antifascista, del suo rango costituzionale e del primato che la Corte riserva al suo dogma nella soluzione dei casi concreti, ma nella realtà giudiziaria di merito e cioè nei Tribunali esistono uffici che sono rigorosamente osservanti del principio sistematico antifascista come l'ufficio della Procura della Repubblica di Aosta (dr. Ceccanti) che nega qualsiasi postulazione di tutela giudiziaria comunque proveniente da parte fascista e ci sono però anche situazioni istituzionali purtroppo diverse.
Scrive Guido Salvini il magistrato italiano più coraggioso ed esperto in tema di antifascismo e sul terrorismo che la destra eversiva diffuse negli anni di piombo, giudice di istruzione dei più importanti processi sul terrorismo neofascista, ricordando la sua esperienza sul campo:
“mentre il lavoro si ampliava perchè per la prima volta testimoni importanti cominciavano a collaborare sulla destra eversiva, mi veniva assegnato un processo dopo l'altro e lavoravo anche le domeniche ed a Natale, per non correre il rischio di perdere occasioni irripetibili.
Insomma ho avuto la netta sensazione che per qualcuno fosse preferibile lasciar morire tutto”
Quindi il sospetto che all'interno del mondo giudiziario si annidassero fattori remoti e occulti della solidarietà neofascista e che spontaneamente, anche non richiesto, l'ideologismo fascista riscuotesse presso certe toghe quel fascino quel credito e quella solidarietà che hanno generato la “netta sensazione” di un magistrato di eccezionale impegno civile e di magistrale capacità istruttoria nella intelligenza della trama terroristica neofascista, questo sospetto denunciato da molti giornalisti e intellettuali e anche da pochi giuristi razionalisti era fondato.
Spiegare le ragioni di questa solidarietà strisciante e implicita lo abbiamo già fatto su questo network chiosando giuristi di formazione ebraica come il rettore Opocher di Padova che parlò in varie occasioni di un legame fin quasi naturale inevitabile e archetipico fra il fascismo latente nella cultura giuridica romana e la formazione classicheggiante liceale fondata sul mito di Roma della mentalità d'ordine delle toghe sia nei suoi esponenti della magistratura che dell'avvocatura.
“Militia” uno dei più rilevanti fenomeni attuali di neofascismo urbano (esiste anche quello rurale e nibelungico portatore di miti ariani e della razza) nel corso del recente conflitto di Gaza sostenne in modo aperto la causa di Hamas, manifestando quindi il permanere nella ideologia neofascista di forte antisemitismo ormai indistinto dall'antisionismo comunque ostile ad Israele quale che ne sia l'occasione per farlo.
L'autobiografia pubblicata recentemente da Delle Chiaie, leader del neofascismo negli anni della strategia della tensione, riporta l'esistenza di un progetto comune fra la destra neonazista italiana e il fronte di OLP operante in Italia e le prove sono evidenti circa l'odio antisionista della destra fascista italiana che nel 1968 con uno dei suoi giornali di punta “L'Orologio” auspicava apertamente la distruzione araba di Israele.
E' una constatazione che va fatta perché come i più importanti giuristi fascisti del tribunale della razza e della legislazione antisemita del 1938 sopravvissero al crollo del regime né vennero sanzionati, ed ebbero anzi accesso alle più alte cariche giudiziarie come la Corte costituzionale, parimenti oggi come ha scritto il giudice Salvini segni di una remota solidarietà istituzionale alla infame ideologia sono, più che un sospetto, una vera e propria sensazione e cioè un convincimento che ha fonti empiriche, non ideali.
Un bel problema questo fascino occulto esoterico e solidale del mito di Roma dentro le istituzioni per il fronte sionista italiano che come qualsiasi altra componente sociale non può prescindere dalla verifica giudiziaria oltre che nei suoi affari anche nelle sue rivendicazioni ideologiche e quindi antifasciste.
Che però ha un punto di forza: la nuova teoria dell'informazione (Shannon, Boltzmann, Chaitin, von Bayer, von Forster e soprattutto Seth Lloyd) nella sua operatività giudiziaria: un testo giudiziario che nasconda o si origini da solidarietà fascista palesa invariabilmente segni in equivoci di questa odiosa commistione; non può occultarli, è impossibile, abbiamo oggi una semeiotica del testo giudiziario fondata sulla teoria matematica dell'informazione che non ha ignorabimus.
Il mezzo di analisi è logaritmico e non lo esaminiamo qui perché stiamo parlando di fascismo e non di matematica, ma possiamo oggi contare su una teoria scientifica per scoprire la collusione che ci rende ottimisti su due piani: il primo perché la teoria consentirà di riesaminare gli atti dei processi nei quali come scrive il magistrato milanese “per qualcuno tutto doveva esser lasciato morire”.
Il secondo perché oggi la redazione della motivazione di una sentenza ha un piano formale di intelligenza semeiotica che dovrebbe metter d'avviso il redattore che intenda incensare il mito di Roma con l'atto giudiziario che nulla ormai sfugge all'analisi formale del testo e che quindi, anche qui e finalmente, il re è nudo.