Ho dormito nella camera di Hitler
Tuvia Tenenbom
Bollati Boringhieri
«E' più facile risolvere il conflitto arabo-israeliano che estirpare l'odio tedesco per gli ebrei. Sto generalizzando? SI. Mi dispiace, ma questo è ciò che vedo». Arriva Tuvia Tenenbom, bomba a orologeria già esplosa in Germania con il libro-scandalo considerato lo specchio scomodo di un popolo tuttora alle prese con un passato da dimenticare. "Ho dormito nella camera di Hitler" (in uscita da Bollati Boringhieri) rientra in quella felice narrativa di viaggio irriverente e irresistibilmente comica inaugurata da Mark Twain e proseguita con O'Rourke e Bryson, con un io narrante naif che riesce a estorcere verità scomode ai suoi interlocutori. Discendente di un rabbino polacco sopravvissuto allo sterminio, orgoglioso per l'espulsione dalla scuola religiosa di Gerusalemme, emigrato a New York dove dirige il Teatro ebraico con spettacoli provocatori (ha raccontato l'amore omosessuale di un rabbino ultra-ortodosso per un ragazzo arabo, ha messo in scena Il diario di Eichmann che presenta l'Olocausto visto dai nazisti), il ciclone Tenenbom lascia sempre il segno, anche quando racconta il suo viaggio nella Germania di oggi in un libro peraltro commissionatogli da un editore tedesco, Rowohlt, editore che ha poi rescisso il contratto per i suoi contenuti scabrosi. Ma è per lo stile che l'autore spiazza: durante la visita al campo di Dachau gli viene offerta una camera con doccia e un'acqua con gas, che rifiuta impressionato a favore di una Coca zero con ghiaccio. Scopre poi che al Wannsee, di fianco alla villa dove i nazisti si riunirono per deliberare la soluzione finale, sorge un relais per banchetti nuziali e si immagina così la sposina allo sposo: «Tesoro, ho prenotato il rinfresco al Wannsee, sai quel posto dove decisero di gasare tutti quanti». E al suo sconcerto risponde così il giardiniere: «Anche voi americani avete sterminato gli indiani!». A Tübingen, la mecca dei Verdi che qui raccolgono il 35% dei voti, non riesce a buttare un pacchetto di sigarette vuoto senza il severo rimprovero di una Nazilady: «Ma che sta facendo? Deve dividere la stagnola interna e l'involucro di plastica esterno, non può mica buttare tutto insieme!». E la kapò non se ne va prima che l'ordine sia eseguito. Dal cielo sopra Berlino piove birra ovunque, birra che scorre nelle vene di tutti, da destra a sinistra, ed è in una manifestazione della Linke che Tenenbom scopre la quintessenza del socialismo: «Per cosa manifestate?». «Contro il sistema, contro la ricchezza», «E cosa chiedete?» «Più soldi in busta paga». Ecco. «Noi tedeschi siamo capitalisti nostro malgrado, voi americani siete capitalisti per convinzione». Slogan da manuale, non c'è che dire, ma l'autore sorvola signorilmente sul contributo americano alla liberazione dal nazismo e atterra direttamente sulla questione antisemita. È mai possibile che gli studenti, le casalinghe, i politici, i giornalisti, i manager, siano tutti filopalestinesi? Accanto al calcio, la critica contro Israele sembra essere lo sport nazionale. «I tedeschi tentano di cancellare la vergogna per i propri crimini unendosi ai palestinesi nell'odio per gli ebrei. Privi di spina dorsale, orgoglio e umanità, sbandierano Peace & Love, inneggiano alla pace con due dita alzate mentre il loro cuore canta Sieg Heil». Colpevolizzare la vittima per alleviare la propria coscienza. Una lettura interessante, del resto il Centro di ricerca tedesco sull'antisemitismo si esprime tiepidamente cosi: «A differenza del Terzo Reich, oggi in Germania non esiste una propaganda statale antisemita». Ma ciò che Tenenbom teme di più è il carattere subdolo dell'interlocutore, vicino al quale è preferibile un sano e dichiarato razzismo arabo: «Gli occidentali tolleranti sono in realtà gli uomini più intolleranti che ci si possa immaginare. Preferirebbero morire piuttosto che discutere, per paura che il loro vuoto interiore venga smascherato». Dopo essersi preso dell'« ebreo isterico come il vostro santino Woody Allen» dall'editore committente, Tenenbom ha trovato in Suhrkamp l'editore che non teme l'insozzamento del nido patrio, e cosi sul latte versato in passato i tedeschi possono oggi piangere per un ritratto che non li assolve.
Laura Zambelli Del Rocino - Libero