La 'soluzione dei due stati', se mai c'è stata, è morta 09/09/2014
La 'soluzione dei due stati', se mai c'è stata, è morta Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Una semplice domanda di Dry Bones: "Se la soluzione a due stati significa una Palestina senza centri ebraici... significa allora che anche le città palestinesi in Israele dovranno essere sradicate ed espulse?"
Cari amici,
voi siete per caso per la soluzione dei due stati? Nel conflitto fra arabi e Israele, voglio dire. Sì? Vi capisco. Come dice il vecchio proverbio? Un po' per uno non fa male a nessuno. Mah, capiamoci meglio. Due stati o tre? Israele, Hamastan a Gaza e Fatahstan a Ramallah, com'è oggi? O Israele e Palestina? Ma chi li convince quelli di Hamas a ritirarsi in buon ordine e a obbedire al puffo mannaro, che sarebbe il vecchio Abbas? Ha rinunciato anche lui a convincerli e ha annunciato che romperà il governo di unità nazionale con Hamas, perché loro non si sognano di subordinare i loro amministratori al governo di Ramallah. E poi, scusate, due stati e basta o due stati per due popoli? E' diverso, la prima formula sembrerebbe accettabile per l'Autorità Palestinese, la seconda no. Quisquilie, pinzillacchere, come diceva il buon Totò? Ma no, la differenza consiste nell'accettare la legittimità di uno stato del popolo ebraico o sperare di rovesciarlo in un modo o nell'altro dall'interno appena possibile in modo da avere due Palestine, una al di qua e una al di là della linea verde. Comunque siete per i due stati. Bravi, siete in buona compagnia. Con Obama, il segretario dell'Onu, la Mogherini, insomma tutta la “comunità internazionale”. Complimenti. La cattiva notizia è che degli interessati non ci crede più nessuno, anche se qualcuno, per il rispetto che deve alla “comunità internazionale” a causa del suo ruolo, per astuzia politica o per ipocrisia fa finta di pensarci ancora. Partiamo dal campo arabo. Un sondaggio condotto il 25 giugno, dunque prima dei combattimenti a Gaza, dal Washington Institute for Near East Policy mostra che "una netta maggioranza (60% in totale, di cui 55% in Cisgiordania e 68% a Gaza) dice che l'obiettivo quinquennale 'dovrebbe essere quello di lavorare per ottenere tutta la Palestina storica, dal fiume al mare' ”, (http://palwatch.org/main.aspx?fi=448&doc_id=12575), il che significa che un eventuale accordo sui due stati, anche con le condizioni che dicono di volere e che Abbas oggi vorrebbe ottenere “al massimo entro tre anni” senza trattative, con una deliberazione dell'Onu (le “frontiere del '67, inclusa la città vecchia di Gerusalemme e lo smantellamento di tutti gli insediamenti oltre la linea verde con la pulizia etnica di seicentomila ebrei: il “suicidio di Israele”, http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/184874#.VA6VQPl_tQd) sarebbe per loro solo un passo tattico che dovrebbe essere seguito da un rinnovamento del conflitto per conquistare il resto. E' la vecchia tattica del salame che si mangia a fette di Arafat (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=39927), ma del resto è l'obiettivo esplicito di Hamas, dichiarato anche durante il cessate il fuoco (http://www.focusonisrael.org/2014/08/29/hamas-la-nostra-vera-guerra-mira-alla-liberazione-di-gerusalemme/). Questa volontà è ormai chiarissima anche all'elettorato israeliano, che ha reagito all'ultima guerra e alle pressioni americane togliendo ancora consenso ai partiti di sinistra (http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Mode=S&ID=2014090828296705). Ormai è chiarissimo ai commentatori di tutti gli orientamenti che le pressioni americane perché Israele ceda alle pretese di Abbas sono controproduttive rispetto a un'opinione pubblica che sa che la sua vita è in gioco e dopo gli attacchi vili di Hamas diretti alla popolazione civile e i contorcimenti di Abbas non si fida più (http://www.jpost.com/Opinion/The-viability-of-a-two-state-solution-after-Operation-Protective-Edge-374708), sicché ormai questa convinzione ormai è sottintesa a molti commenti e prese di posizione degli attori politici in gioco, compresi i suoi vecchi sostenitori come Peres o la candidata più accreditatata alla successione di Obama, cioè Hillary Clinton (http://www.jpost.com/Opinion/From-Hillary-to-Shimon-Two-states-is-no-solution-371627). Insomma, a sostenere i due stati sono quelli che cercano di tener buona l'opinione pubblica e magari di speculare sul suo antisemitismo (perché è Israele, secondo loro, che dovrebbe fare concessioni a chi lo attacca in tutti i modi, e questa posizione è il modo migliore di dimenticare i torti dell'Europa: http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/15588#.VA6VSvl_tQd). O coloro che sono rimasti indietro e preferiscono fare i conti con i limpidi cieli dell'ideologia piuttosto che con la realtà che li delude. Ma allora? Che fare? C'è una soluzione? Più d'una. Quella che mi sembra più interessante sta in un libro (http://www.amazon.com/The-Israeli-Solution-One-State-Middle/dp/0385348061) di Caroline Glick, grande editorialista israeliana, di cui trovate qui una recensione (http://www.americanthinker.com/2014/05/the_israeli_onestate_solution.html). Ma questo è un altro discorso. Ne riparleremo, senza dubbio.