Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 29/08/2014, a pag. 12, con il titolo "Ue, il polacco Tusk per la presidenza, Mogherini Mrs Pesc", l'articolo di Alberto d'Argenio. Se Federica Mogherini fosse eletta a capo della diplomazia europea non potrebbe comunque fare peggio di Catherine Ashton. L'Italia rischierebbe però di ritrovarsi a capo del Ministero Lapo Pistelli, attuale viceministro, che si è segnalato per posizioni sbilanciate contro Israele.
L'Unione europea, in gran parte dovuto alla confusa visione che le diede l'Altiero Spinelli-pensiero, non lasciò alla funzione di capo della politica estera un grande spazio decisionale. La responsabilità della sua conduzione rimane ai singoli Stati. Federica Mogherini potrebbe anche rivelarsi un buon ministro degli Esteri europeo, non possiamo fare previsioni oggi. Sicuramente chiunque venga nominato, alla Farnesina o a Bruxelles, abbiamo evitato il pericolo di una candidatura D'Alema. Non è poco.
Federica Mogherini, Lapo Pistelli, Catherine Ashton
ROMA. Potrebbe essere quello del polacco Donald Tusk il nome capace di chiudere la lunga partita sulle nomine europee. Il premier polacco, spinto dalla Merkel e accettato da Hollande, potrebbe essere il successore di Van Rompuy alla presidenza del Consiglio europeo. Piccolo dettaglio, l’uomo di Varsavia non padroneggia né l’inglese né il francese. Conferma un alto funzionario di Bruxelles impegnato nel negoziato tra Cancellerie in vista del summit di domani: «Quello di Tusk è un nome in crescita, ma su di lui non c’è ancora un consenso tale da darlo per certo».
Domani i leader tornano a Bruxelles dopo il flop di luglio. Questa volta non hanno appelli, il presidente della prossima Commissione europea, Jean-Claude Juncker, deve distribuire le deleghe in vista delle audizioni di fronte all’Europarlamento dei singoli commissari che diventeranno operativi a novembre. Certa sembra la nomina di Federica Mogherini ad Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione, contemporaneamente chairman dei vertici dei ministri degli Esteri Ue e primo vicepresidente della Commissione, nonostante il suo nome continui ad attirare polemiche, a questo punto forse tardive. Dopo l’ostilità nei suoi confronti palesatasi a luglio da parte dei governi baltici e polacco che la accusavano di scarsa esperienza e scarsa determinazione verso la Russia, ora sono due quotidiani di peso ad attaccare: Le Monde e Financial Times. Parlano di un nome «deludente» e «sbagliato», il cui scarso carisma soddisferebbe i paesi che non vogliono una vera politica estera Ue.
Intanto si cerca il nome del presidente del Consiglio, colui che prepara e dirige i lavori dei summit dei 28 capi di Stato e di governo dell’Unione. Tusk sembra in vantaggio, ma restano in piedi le altre candidature dell’Europa orientale, che a 10 dall’allargamento reclama un posto di peso: l’ex premier lettone Dombrovskis (Ppe) e l’ex capo del governo estone, Ansip (liberale). Se nessuno di loro ce la facesse, tornerebbero in voga la danese Thorning- Schmidt e il finlandese Katainen. Un rischio, non solo perché scontentare il blocco dell’est potrebbe riaprire i giochi sulla Mogherini, ma anche perché sono entrambi considerati supporter dell’austerità. Insomma, si negozia ancora, e ieri Renzi ha sentito al telefono Cameron e il finlandese Stubb.
Ed è proprio l’economia una delle partite destinate ad incrociarsi nel summit di domani. Anche se le competenze all’interno della Commissione verranno assegnate da Juncker, i governi premono per ottenere soddisfazione. E Francia e Italia puntano forte su Moscovici come prossimo commissario agli Affari economici. È vero che Juncker ha già messo al lavoro i tecnici di Bruxelles su come tradurre in realtà la flessibilità sui conti, ma l’esercizio può rivelarsi più o meno incisivo. Per questo Parigi e Roma vogliono Moscovici, che però è seriamente insidiato dall’olandese Dijsselbloem, in queste ore dato in vantaggio. Inoltre all’Eurogruppo, il tavolo dei ministri delle finanze della moneta unica, andrà lo spagnolo de Guindos, che dopo i sacrifici vissuti a Madrid non intende essere troppo morbido con gli altri. C’è poi un ultimo nodo da sciogliere: i 28 governi hanno designato solo 4 commissari donna, 5 di meno di quelle presenti nell’uscente Commissione Barroso. Un guaio per Juncker, con gli europarlamentari del Pse che con Gianni Pittella hanno annunciato battaglia contro un simile sbilanciamento.
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