Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 29/08/2014, a pag. 12, con il titolo "Robespierre dell'Islam", l'intervista di Alessio Schiesari a Ugo Volli.
Alessio Schiesari, Ugo Volli
Il video della decapitazione di James Foley
Le decapitazioni su Youtube? "Puntano sulla paura perché in realtà sono deboli". Ugo Volli, tra i più influenti semiologi italiani, all'alba dell'ennesimo video shock legge nella brutalità senza fine degli jihadisti uno strumento per compensare la mancanza di forza militare.
Ancora teste mozzate, questa volta dal Sinai. Perché gli islamisti scelgono questa strategia di comunicazione? È un classico: spingono la paura, non avendo la forza per realizzare il loro progetto tentano di terrorizzare i propri avversari e intimorire i propri adepti. Non è una novità, ma anzi è una strategia che nasce con la ghigliottina durante la Rivoluzione francese. L'estrema efferatezza di queste azioni trova poi una concausa peculiare nel mondo arabo.
Quale? La convinzione che si è diffusa dopo il crollo dell'Impero Ottomano di essere colonizzati, oppressi e umiliati dall'Occidente, una cultura che considerano inferiore. Per loro è un empowerment, cioè una conquista della consapevolezza di sé, che utilizzano per puntarci il dito contro e accusarci: "Non ci rispettate, ora noi vi imponiamo di ascoltarci terrorizzandovi".
Perché è così importante l'immagine del sangue? Ha a che fare con la simbologia della religione. Nell'Islam, a fine Ramadan vengono sgozzati agnelli, una gesto sacrificale che viene compiuto anche dai bambini. Il messaggio dello sgozzamento jihadista è rendere gli umani degli animali. Sono messaggi audiovisivi, iconici, ma le parole possono essere altre perché contano di meno.
C'è stata una modifica della strategia comunicativa dai tempi dei videomessaggi di Osama bin Laden? No, l'impianto è lo stesso. Bin Laden parlava alle sue genti come lo fa al-Baghdadi. Ma i veri messaggi non sono quelle clip, quanto le Torri gemelle in fiamme, gli attentati, gli sgozzamenti. Inoltre il capo non parla agli altri, ma al suo popolo: deve convincerlo di essere legittimato soprattutto a livello religioso, non politico. La dimostrazione di forza, di brutalità, di crudeltà del grande capo è rivolta al popolo del Califfato che deve aderire al suo progetto. Solo in seconda istanza è diretto a noi, gli avversari.
Anche noi abbiamo conosciuto il terrorismo, anche se politico. Come venivano usate le immagini di violenza? Le Brigate usavano sì la propaganda armata, ma era diversa. Mancavano l'aspetto religioso e la crudeltà, perché loro non sgozzavano, non avevano interesse ad inviare i video delle loro uccisioni.
II messaggio jihadista funziona? Certamente. Il primo obiettivo è raccogliere adepti nel loro mondo e riuscire a imporsi sugli altri microgruppi. Rispetto a noi, unendo quell'armamentario di sgozzamenti, decapitazioni e rapimenti si ingenera una paura che supera perfino la ripugnanza. Per questo questi gruppi si sono imposti nel nostro immaginario con un potere superiore a quello che hanno realmente.
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