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Libero Rassegna Stampa
28.08.2014 Libia: la guerra civile e la non-politica di Obama
Analisi di Carlo Panella

Testata: Libero
Data: 28 agosto 2014
Pagina: 9
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Libia agli islamisti, solo l'Egitto può salvarci»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 28/08/2014, a pag. 9, con il titolo "Libia agli islamisti, solo l'Egitto può salvarci", l'articolo di Carlo Panella.


Carlo Panella


Jihadisti libici

Sconcertante iniziativa di Barack Obama (seguito purtroppo da Italia, Francia, Germania e Inghilterra) che ha «fermamente condannato» i raid aerei compiuti da «potenze straniere» contro gli islamisti in Libia. Il tutto, all'interno di un comunicato degno di Alice nel Paese delle Meraviglie in cui alla condanna della "escalation militare" segue una collettiva ed ennesima fiducia nel parlamento libico eletto il 25 giugno e nel governo da questi espresso. Ma è sotto gli occhi di tutti che quel Parlamento non conta nulla, non rappresenta nulla se non una parvenza futile e formale di legalità. L'evidenza plastica della sua irrilevanza è sotto gli occhi di tutti: è infatti costretto a riunirsi - con solo tre quarti dei suoi membri - a Tobruk, a mille chilometri da Tripoli, perché non ha nessun controllo né su Tripoli e la Tripolitania, né su Bengasi e la Cirenaica e men che meno sul Fezzam. Il governo e il premier Abdullah al Thani appena nominati vengono obbediti a malapena nella sola Tobruk, anzi 6 ministri si sono dimessi proprio ieri. A Tripoli le islamiste Brigate di Misurata (con l'appoggio dei Fratelli Musulmani) hanno stravinto la strategica battaglia per il controllo dell'aeroporto, hanno convocato il vecchio Parlamento disciolto e eletto un nuovo governo e un nuovo premier: Omar al Hassi. Per sfregio hanno anche bruciato la casa di Abdullah al Thani, il premier eletto a Tobruk. Bengasi è pienamente sotto controllo di un Emirato islamico (non riconosciuto dagli islamisti di Tripoli) e il Fezzam (in cui sono i giacimenti di petrolio e gas) è in preda all'anarchia assoluta. In questa situazione Egitto e Emirati Arabi Uniti hanno giustamente deciso una forte azione dimostrativa inviando la settimana scorsa due jet a bombardare le postazioni jihadiste. Azione dallo scarso peso militare ma molto rilevante sotto il profilo internazionale. Un chiaro messaggio indirizzato a Obama (che non è stato neanche preavvertito dell'azione, uno sfregio mai visto), all'Europa e all'Onu: è finito il tempo dell'indecisione, l'avanzata dai vari gruppi islamisti è trionfante e solo un deciso intervento militare dei Paesi arabi confinanti può ribaltare il quadro. L'Algeria, peraltro, condivide assolutamente questa posizione. Ma Obama e l'Europa, che hanno la responsabilità primaria di questo caos, continuano a fingere che sia possibile trovare quell'«accordo politico con tutte le forze in campo» che auspicano e che è irrealizzabile per il semplice fatto che gli islamisti hanno vinto tutte le battaglie militari e quindi possono dettare legge contro un parlamento di Tobruk che sarà sì legittimo, ma che è anche assolutamente impotente. La ragione di questa follia tipicamente obamiana è semplice: né gli Usa, né l'Europa hanno la minima intenzione di intervenire militarmente in Libia. Per avere risultati infatti dovrebbero impegnarsi con decine di migliaia di uomini in operazioni di terra. Ipotesi vista con orrore in tutte le capitali occidentali. Quindi, Obama e Europa si aggrappano alla "legalità internazionale", all'Onu. Di conseguenza, condannano fermamente l'unica via d'uscita praticabile: un forte impegno militare unilaterale dell'Egitto e dell'Algeria, Paesi confinanti con la Libia, per sconfiggere gli jihadisti di Bengasi e gli islamisti (e i Fratelli Musulmani) che hanno preso il controllo pieno di Tripoli. E il trionfo dell'ignavia fatta strategia. In Libia il "multilateralismo" - dogma di Obama - l'Onu e la Nato hanno costruito un disastro. Ma intendono evidentemente continuare ad aggravarlo.

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