Continua lo scambio di opinioni tra la nostra lettrice e "Donna Moderna", per leggere i precedenti, ecco il link:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=90&id=54945
Gentilissimo direttore, redattrice, collaboratrici di Donna Moderna, aprire la vostra rivista di questa settimana è stato come ricevere una pugnalata nella schiena. Fino a questo momento avevo pensato si trattasse d'incapacità nel reperimento delle informazioni ma ora riconosco che si tratta di una volontà precisa, di distorcere e diffamare. Trovo sgradevole l'utilizzo della morte di una persona per sostenere il proprio punto di vista, non mi piace l'utilizzo della morte di persone, chiunque esse siano per “propagandare” le proprie ragioni. La morte, che sia violenta o per vecchiaia ha a che fare con una dimensione intima dell'essere umano e l'unica concessione che possiamo permetterci, noi che osserviamo, anche se ci definiamo cronisti o giornalisti, particolarmente se ci definiamo tali, è di dirla senza clamore, pacatamente, sicuramente non in maniera strumentale al proprio discorso. Per questo motivo apprezzo la narrazione di Nirenstein o di Molinari mentre trovo piuttosto impreciso e volutamente stucchevole il modo in cui Triglia ne parla nel suo editoriale. Per me perdere una vita significa perdere il mondo intero, mi spiace ma non concepisco il sacrificio di sé come qualcosa cui debba essere riconosciuto un valore a prescindere. Ritengo che ogni essere umano, essendo dotato di libero arbitrio, possa liberamente scegliere cosa fare del dono più prezioso che gli è stato offerto ma ritengo altrettanto che di queste scelte non sia il caso di fare un elogio. Ancora meno onesto trovo sia associare la carriera di un reporter che ha perso la vita, con due ragazze rapite in Siria,probabilmente nelle mani del'Isis, ma fortunatamente ancora vive. Sarebbe bello che in simili situazione si evitasse di fare del facile buonismo pietista. Perché non provate, per una volta, a dare un informazione completa, dichiarando esplicitamente la vostra simpatia (a mio parere un po' autolesionista) per l'Islam che sta facendo stragi (Hamas, Isis, Boko Haram ….), sarebbe onesto perché fornireste a chi legge tutti gli elementi. Dichiarando onestamente il proprio punto di vista si offre l'opportunità al lettore, alla lettrice d'essere anche contraria. Risulta invece ipocrita e fuorviante il fatto che ci si nasconda dietro un'affermazione, che smentisce con il contenuto stesso del suo pezzo, descrivendosi come una professionista che scrive “Mettendo”la propria professionalità “al servizio di ognuno di noi, perché sulle tragedie del mondo non scenda il silenzio e l'assuefazione”. Lei non parla delle tragedie del mondo, il suo giornale ha dedicato uno spazio di molto maggiore a qualunque altro al conflitto di Gaza rispetto a quello offerto alla cronaca di quello che sta accadendo nel resto del medio-oriente. Probabilmente per lei, per il direttore, per la redazione, il rapimento e l'uccisione di tre adolescenti ebrei non è una tragedia, neppure la strage compiuta al museo ebraico di Bruxelles è una tragedia, non è una tragedia vedere sfilare persone che bruciano bandiere e che assaltano le sinagoghe nelle capitali d'Europa, non è una tragedia il fatto che a Milano si sputi in faccia a chi porta la kippà, non sarà una tragedia il fatto che Hamas ha ucciso venerdì sera un bambino ebreo di 4 anni, non è una tragedia che vengano giustiziati palestinesi da Hamas nella striscia di Gaza, che bambini palestinesi sono stati usati per la costruzione dei tunnel e che sono morti costruendoli.... Mi è già capitato, nella mia precedente mail di pregarvi, letteralmente io vi prego, non vi chiedo, vi prego, di fare attenzione a ciò che scrivete a come dite opinioni personali facendole passare per notizie oggettive. Sono arrivata a pregarvi di non riportare notizie in maniera imprecisa, spiegando in maniera chiara e dettagliata quanto questo si potesse trasformare per chi legge in una campagna antisemita, ho scritto personalmente ad ognuna di voi, alla direttrice, alla redattrice, alle collaboratrici eppure questa settimana trovo, non la mia mail pubblicata nella rubrica delle lettere accompagnata da una risposta, come mi era stato scritto da Triglia ma una mia frase decontestualizzata che non da assolutamente conto del mio punto di vista ed una lunga risposta con argomentazioni che già avevo ampiamente confutato da Scheggia. A questo si aggiunge una nuova incredibile risposta data da Murgia ad un altro lettore (evidentemente non sono l'unica ad essermi resa conto del vostro problema a dire la verità su Israele), la quale dice una cosa già smentita dalla stampa di tutto il mondo, ancora una volta dimostrando il suo odio nei confronti d'Israele. La metà delle vittime palestinesi a Gaza non sono bambini, sono combattenti di Hamas minorenni, non è responsabilità d'Israele se Hamas arruola minorenni. Ma naturalmente a voi non interessa perché fa più effetto dire che tanti sono i morti da una parte e meno dall'altra, senza spiegare alcunché... squallida contabilità... Vi ho già ampiamente scritto in merito alle numerose e continue falsità da voi scritte nel corso dei mesi. Mi spiace dover constatare l'ostinazione con la quel vi adoperate in questa orribile propaganda, sperando che questa non sia la linea editoriale ma soltanto quella del direttore della rivista non posso fare altro che chiedere conto di questa scelta all'editore cui invierò questa mail e tutte le precedenti.
Ariel Shmona Edith Besozzi
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Gentile Ariel Shmona Edith Besozzi,
sono il direttore di Donna Moderna. Negli articoli del giornale, come quello di Sara Scheggia, noi facciamo uno sforzo di oggettività, ci tiriamo fuori, facciamo parlare gli esperti perché vogliamo che i lettori capiscano, che abbiano gli strumenti per farsi una propria opinione. È chiaro: lei può non essere d'accordo con la tesi dell'esperto che abbiamo scelto, ma noi garantiamo di far parlare sempre studiosi super partes e di riconosciuto valore. Poi negli editoriali o nelle rubriche come quella di Michela Murgia esprimiamo invece i nostri pareri. E anche se lei non li condivide, non può accusarci di cattiva informazione: sono opinioni e vanno rispettate. Così come noi rispettiamo la sua. Non le rispondo in merito alle opinioni di Monica Triglia e Michela Murgia, lo faranno loro se hanno voglia. Ma per quello che mi riguarda, ho espresso una sola volta la mia opinione sulla guerra a Gaza, e in quell'occasione ho scritto di NON condividere le reazioni lette su Facebook alla notizia del nuovo conflitto israelo-palestinese, perché tutte queste reazioni erano di pietà per un popolo vittima (i palestinesi) e condanna per un popolo carnefice (gli israeliani). In quelle righe ho spiegato che se c'è la guerra è anche perché ci sono sistemi di potere (e Hamas è tra questi) che hanno ragion d'essere solo finché c'è uno stato di guerra. Un bambino palestinese morto fa molto più comodo ad Hamas che a Israele, questo mi è chiaro. È la mia personalissima opinione e non vale né più né meno di quella di chiunque altro. Però, come può vedere, è molto più vicina alla sua di quanto potesse credere. Il nostro giornale lascia spazio alle opinioni di tutti. Personalmente, non conosco altro modo per coltivare la pace. Cordiali
saluti
Annalisa Monfreda
Ci sembra che il direttore di una rivista non possa trincerarsi dietro la libertà di opinione dei collaboratori. Soprattutto se quelle opinioni non sono fondate sui fatti, ma su affermazioni false, e se formano un coro uniforme senza spazio per il dissenso redazione IC |