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Il Giornale-La Stampa-Corriere della Sera-La Repubblica Rassegna Stampa
27.08.2014 Tregua: cronaca, commenti, interviste e una vignetta di Ellekappa
Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Davide Frattini, Alix Van Buren

Testata:Il Giornale-La Stampa-Corriere della Sera-La Repubblica
Autore: Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari-Davide Frattini-Alix van Buren
Titolo: «Prove di (vera) tregua Israele-Hamas-Intesa al Cairo, Gaza verso la pace-La rivincita di Abu Mazen. Prende il controllo di Rafah e può frenare gli islamisti- Lo storico Benny Morris:»

Sulla tregua riprendiamo cronache, commenti e interviste, oggi, 27/08/2014, da: IL GIORNALE, LA STAMPA, CORRIERE della SERA, LA REPUBBLICA.
Il nostro commento all'intervista di Alix Van Buren a Tom Segev e alla vignetta di ElleKappa. 


"L'accordo di cessate il fuoco che avrei voluto: 'E questo è l'unico razzo che avrà'. "

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Prove di (vera) tregua Israele-Hamas "


Fiamma Nirenstein

 Forse sono finiti o almeno sospesi i cinquanta giorni di guerra senza respiro fra Israele e Hamas, la peggiore delle tre che Israele ha dovuto combattere. E stata proclamata una tregua senza termine,apartire dalle otto di ieri sera, ora israeliana. Nel primo pomeriggio dal Cairo hanno cominciato a pervenire le notizie sia da Abu Mazen e dal capo politico di hamas dentro Gaza, Ismail Haniyeh, che da parte dei mediatori egiziani. Solo verso le sette Israele ha annunciato una riluttante adesione: anche la migliore speranza di pace non può ignorare la pioggia di più di cento missili che ieri poco prima dell'inizio della tregua ha ucciso il cittadino di un kibbutz e ne ha feriti gravemente tre e che durante la mattinata ha fatto a pezzi un giardino di infanzia a Ashdod ferendo 68 persone fra cui sei bambini dai due agli otto anni. Ma alla fine Israele, che dall' inizio della guerra ha mirato a ottenere,secondo la formula di Netanyahu, «pace in cambio di pace» e ha accettato tutte le tregue, ha accettato anche questa. Abu Mazen l'ha annunciata alla tv presentandosi come colui che è riuscito a fermare «l'aggressività di Netanyahu». A Gaza Sami Abu Zuka i, portavoce in mezzo a un paradossale tripudio carico di grida di Allah huAkbar', «Allah è grande» e di spari che hanno fatto alcuni morti, annunciava quella che chiamava «la vittoria di Hamas» a fronte di un Netanyahu che «ha fallito». L'accordo tratta la questione dei valichi sia con l'Egitto che con Israele, garantendo un più largo passaggio di persone e di beni che aiutino Gaza nella ricostruzione. I passaggi di Kerem Shalom e di Rafah saranno controllati, non si sa con quali modalità per impedirea Hamasdi incamerare armi e di assicurare che la malta per gli edifici non ricostitusca le strutture delle 32 gallerie che Israele ha distrutto per impedire il passaggio di terroristi. Certamente oltre all'Egitto il ruolo principe spetta ad Abu Mazen, che con il suo viaggio in Qatar qualche giorno fa ha probabilmente garantito a Hamas condizioni gradite. Anche l'Ue e l'Onu si sono fatti avanti per controllare i passaggi , ma soprattutto gli Stati Uniti si sono fatti vivi di nuovo con una loro proposta. Fra un mese, dice l'accordo, le parti si incontreranno di nuovo al Cairo per discutere la richiesta di Hamas di un porto e di un aeroporto. E evidente la difficoltà di questa richiesta da parte di un'organizzazione terrorista che ha importato e esportato soprattutto missili e terroristi suicidi, ma un mese è lungo e forse i lmondo adesso è più pronto a capire che Hamas non rappresenta il popolo palestinese, ma un pericolo religioso jihadista per tutti. Netanyahu già in queste ore è accusato perché accetta la tregua ma questo è la guerra asimmetrica. Hamas ha usato i suoi cittadini come scudi umani mentre spara sulla popolazione civile del nemico che è costretto dalla necessità di fermare il tirassegno sulla sua gente a mirare ai lanciamissili nascosti fra la gente, accusato spesso di distruzioni e uccisioni compiute da Hamas stessa. Israele nonostante abbia fra gli eserciti più forti del mondo, ha combattuto con le mani legate. Questa è stata la sua scelta: non distruggere Hamas anche se avrebbe potuto farlo. Negli ultimi giorni l'attacco mirato a 4 capi militari ha piegato la determinazione di Hamas. Ci si può solo augurare che chi festeggiava ieri per le strade di Gaza, almeno in parte sperasse nella pace senza Hamas.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Intesa al Cairo, Gaza verso la pace"


Maurizio Molinari

Hamas e Israele trovano l'accordo su un cessate il fuoco duraturo nella Striscia di Gaza che rinvia di un mese la discussione dei maggiori contenziosi. E il presidente palestinese Abu Mazen, parlando da Ramallah, a fare l'annuncio formale sulla «tregua a tempo indeterminato» e Sa-mi Abu Zuhri, portavoce di Hamas, dall'ospedale Shifa di Gaza parla di «vittoria della resistenza e sconfitta di Israele». Migliaia di palestinesi si riversano nelle strade della Striscia, sparando in aria con pistole e kalashnikov, per salutare la «vittoria sul nemico sionista» e nell'euforia i colpi sparati causano almeno due vittime e una dozzina di feriti. II governo di Gerusalemme accetta formalmente il testo di tregua presentato dall'Egitto ma esprime forte cautela: «E un nuovo testo di tregua egiziano, lo accettiamo come fatto con quelli in passato» si limitano ad affermare fonti vicine al premier Benjamin Netanyahu. D'altra parte razzi e colpi di mortaio di Hamas sono continuati a piovere sulle comunità del Negev durante l'intera giornata di ieri, causando la morte di un civile e almeno altri quattro feriti. II consiglio delle comunità di frontiera - che in gran parte sono kibbutzim - suggerisce alle oltre 700 famiglie evacuate di «non tornare nelle case» nel timore di una ripresa delle ostilità. Cauta anche la reazione del Dipartimento di Stato Usa che con la portavoce Jen Psaki dà «il benvenuto all'intesa auspicando il rispetto dei termini, sperando che il cessate il fuoco sia duraturo». La prudenza di Gerusalemme e Washington si spiega con il fatto che più intese di tregua sono state nelle ultime settimane violate da Ha-mas. Riguardo ai termini dell'accordo, secondo fonti egiziane citate da «Al Ahram», l'aspetto più importante è la «riapertura di tutti i valichi di Gaza» incluso quello di Rafah con l'Egitto che sarà sorvegliato dalle forze di Abu Mazen. Israele accetta di far entrate nella Striscia «aiuti umanitari e per la ricostruzione» - a condizione che non aiutino Hamas a riarmarsi e costruire tunnel - e consente la ripresa della pesca entro 22 km dalla costa mentre Hamas accetta di «rinviare di un mese» la discussione delle maggiori richieste: apertura di porto e aeroporto. Se ne discuterà a fine settembre al Cairo, assieme alle richieste israeliane sul disarmo di Hamas e la restituzione dei resti di due soldati. La caccia ai capi di Ha- mas da parte di Israele resta esclusa dalla tregua. La vulnerabilità dell'intesa spiega le tensioni dentro l'esecutivo israeliano: i ministri dell'Economia e degli Esteri, Naftali Bennet e Avigdor Lieberman, hanno votato contro guidando una folta pattuglia di dissidenti che preannuncia tempesta per il premier.

La Stampa-Maurizio Molinari:" La rivincita di Abu Mazen. Prende il controllo di Rafah e può frenare gli islamisti "


Abu Mazen

È il ritorno sulla scena di Abu Mazen a segnare la fine di 50 giorni di combattimenti fra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza. È il presidente palestinese ad annunciare, dalla Muqata di Ramallah, la tregua raggiunta al Cairo perché la delegazione di Hamas che in Egitto ha negoziato indirettamente con Israele era guidata da un suo fedelissimo, Azzam al Ahmad. È un aspetto formale dal forte valore politico: Hamas e Israele hanno concordato che saranno le forze di Abu Mazen a presidiare il valico di Rafah, maggiore accesso commerciale di Gaza al mondo arabo. Ciò significa il ritorno dei militari di Al Fatah a Gaza per la prima volta dopo l’espulsione nel 2007 - a seguito del colpo di mano di Hamas - con la prospettiva di assumere il controllo di tutti i confini della Striscia, con l’Egitto e con Israele.
Per Il Cairo e Gerusalemme ciò significa l’inizio del possibile disarmo di Hamas mentre per Hamas ciò implica il debutto concreto dell’attività del governo di unità nazionale palestinese, destinato a far ricevere i salari a 40 mila dipendenti pubblici da quasi un anno rimasti senza entrate. È la strettoia che ha trasformato Abu Mazen nel protagonista della tregua, come lui stesso ha evidenziato nel discorso tv ringraziando il Qatar ed il Segretario di Stato John Kerry ovvero i due partner internazionali con cui - Egitto a parte - più ha trattato. Resta da vedere come sfrutterà ora Abu Mazen la ribalta frutto della tregua a Gaza.
Parlando da Ramallah ha detto «ora bisogna chiederci cosa avverrà nel prossimo futuro per evitare un quarto conflitto fra Israele e Hamas» ed una indicazione su cosa ha in mente viene da Yasser Adeb Rabbo, suo stretto collaboratore e membro del comitato esecutivo dell’Olp, che preannuncia un’«iniziativa internazionale di Abu Mazen per porre fine al conflitto fra Israele e palestinesi». «L’era della spola diplomatica di John Kerry è finita come è terminata la stagione di negoziati sotto l’egida di una sola nazione», aggiunge Rabbo, sottolineando che Abu Mazen è intenzionato a «chiedere alle potenze mondiali e alle Nazioni Unite di assumersi la responsabilità di porre termine al conflitto». Ciò significa investire anche Russia, Cina ed Europa del compito di mediatori finora gestito in solitudine dagli Stati Uniti, cambiando radicalmente la cornice del negoziato con Israele.
In attesa di conoscere i dettagli della proposta di Abu Mazen - che potrebbe essere svelata entro una settimana - il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto favorevole a «riprendere i negoziati con l’Autorità nazionale palestinese» e ciò lascia intendere che uno spiraglio diplomatico esiste. Ma per Abu Mazen si tratta di un percorso tutto in salita: assumendosi la responsabilità della sicurezza al valico di Gaza diventa de facto l’argine al riarmo di Hamas, rischiando forti tensioni con i leader reduci dalla «vittoria militare» celebrata nelle piazze della Striscia così come puntando sull’Onu anziché sugli Stati Uniti apre uno scenario diplomatico basato sulla minaccia di denunciare Israele alla Corte penale internazionale e destinato dunque ad aumentare le resistenze di Netanyahu. Senza contare che il premier israeliano rischia una crisi politica interna e i reparti di Al Fatah nella Striscia dovranno vedersela anche con i gruppi salafiti pro-Isis, determinati a imporsi a Gaza.

Corriere della Sera-Davide Frattini: " Lo storico Benny Morris: " L'unica alternatica era rioccupare la Striscia "


Davide Frattini        Benny Morris

 Da storico di Israele e delle sue guerre, Benny Morris vuole subito precisare: «Questi 50 giorni non rappresentano il terzo conflitto più lungo come molti sostengono. II Libano è durato dal 1982 al 1985 (senza considerare che il ritiro definitivo dal Sud è avvenuto nel 2000). È stata un'operazione che ha superato la guerra dei Sei Giorni (1967) e quella di Yom Kippur (1973). Ma dal punto di vista dei caduti e delle perdite per Israele non c'è paragone». Anche se i dettagli dell'accordo sono ancora da definire e i negoziatori promettono di rivedersi tra un mese per trovare un'intesa duratura, Morris prova a valutare chi siano i vincitori e i vinti dello scontro, tenendo conto che sia Hamas che il governo di Benjamin Netanyahu reclameranno il successo.
HAMAS — «L'uccisione dei tre comandanti militari la settimana scorsa, il destino di Mohammed Deif, il capo di Stato Maggiore dell'esercito regolare, ancora incerto, sembrano aver spinto l'organizzazione ad accettare la proposta egiziana che sette giorni fa aveva respinto. Anche se è un movi - mento totalitario, deve in qualche modo tenere conto delle pressioni della popolazione di Gaza, sfiancata dalla distruzione, almeno 20 mila abitazioni. Le esecuzioni sommarie dei 25 palestinesi accusati di essere collaborazionisti sono state un messaggio a chiunque volesse protestare. Alla fine i capi, anche quelli che come Khaled Meshal vivono nel lusso del Qatar, hanno capito che Israele non avrebbe concesso di più e che i bombardamenti sarebbero continuati». NETANYAHU — «II primo ministro voleva porre fine a questa guerra d'attrito. II bersagliamento costante dei villaggi e delle città nel sud del Paese è molto difficile da reggere politicamente. L'alternativa al cessate il fuoco era un'invasione della Striscia di Gaza sarebbe costata la vita di centinaia di soldati israeliani e molti più degli oltre 2 mila morti palestinesi. Netanyahu non ha lo stomaco per ordinare un'operazione del genere. Adesso pagherà in termini di voti: gli abitanti del sud diventeranno un gruppo di pressione e non molleranno la presa fino alle elezioni. Che secondo me perderà».
ABU MAZEN — «II presidente palestinese può solo guadagnare dalla situazione. E stato lui a spingere per la tregua e a venire così in soccorso dei palestinesi a Gaza. Estromesso dalla Striscia nel 2oo7 dai miliziani di Hamas, sta riuscendo a rimetterci un piede, con la sua Guardia dispiegata al valico di Rafah. II dominio resta di Hamas, che non è disposta a cedere il controllo: anche se l'organizzazione ha perso 2/3 dell'arsenale (usato nei lanci verso Israele o bombardato dall'aviazione), ha ancora 15-20 mila "soldati". Qualunque ipotesi di smilitarizzazione è stata messa da parte, ma gli egiziani e Abu Mazen cercheranno di impedire che Hamas si riarmi».
ABDEL FATTAH AL SISI — «II presidente egiziano è di certo tra i vincitori. Osteggiato da Barack Qbama per i metodi poco democratici, ha dimostrato agli americani che almeno in questa crisi la soluzione è passata dal Cairo. Userà il successo per spingere la Casa Bianca a scongelare gli aiuti sospesi. L'ex generale avrebbe preferito che Netanyahu andasse avanti, che Hamas — emanazione dei Fratelli musulmani, dichiarati fuorilegge in Egitto — venisse eliminata».
GLI ESTREMISTI NELLA REGIONE — «L'effetto immagine — 20 mila miliziani resistono a un esercito di 200 mila soldati — prevarrà sulla realtà dei danni inflitti ad Hamas e questo è un pericolo per Israele nel caos mediorientale. I fondamentalisti sunniti e sciiti stanno combattendosi adesso, ma prima o poi si uniranno contro di noi».

La Repubblica-Alix van Buren:" Quella piaga irrisolta dal '48, il nostro più grande errore "

La vignetta di ElleKappa è l'esemplificazione grafica del D'Alema-pensiero. Non conta nulla che la guerra sia nata per decisone di Hamas, che di quei 2000 cadaveri aveva bisogno per poi accusare Israele. Conta la sproporzione dei numeri. Che poi Hamas abbia infranto TUTTE le tregue accettate da Israele per scopi umanitari, anche questo va taciuto.

L'intervista a Tom Segev è poi l'ennesima riconferma di quanto i cosiddetti 'nuovi storici' israeliani hanno finora rappresentato nelle analisi delle guerre di difesa israeliane. Non una delle affermazioni di Segev si basa sulla realtà dei fatti,  ma sui propri " pensieri desideranti", l'efficace traduzione di "wishful thinking" di Ugo Volli nella sua cartolina di oggi.


Quanto può reggere questa tregua ?
Dipende da quanto pesano 2000 morti

Ecco l'articolo:


Tom Segev

 «GAZA è una spina nel fianco d'Israele dal 1948, cioè da quando centinaia di migliaia di palestinesi profughi da Israele si riversarono in quella piccola striscia: un focolaio d'animosità di chi aveva perso la propria casa e voleva riaverla. Senza sapere questo, non si capisce Gaza. Ora la popolazione si è moltiplicata, stipata in un'enorme prigione. Lasciare irrisolto il problema di Gaza è stato forse il più grave errore della nostra storia». Tom Segev ha l'autorevolezza dei "nuovi storici" israeliani presi a riscriverela"narrativa" ufficiale del Paese, ad esempio nel suo libro più citato, 1967. Professore Segev, la tregua cambierà qualcosa? .Posso solo sperarlo. Ne abbiamo urgente bisogno, sia noi sia i palestinesi. Le richieste di Hamas sono ragionevoli: l'apertura del varco con l'Egitto, il porto. Nulla che non possiamo concedere, se non fosse per le lotte fra i politici. Mi auguro che coglieremo l'occasione, infatti è l'ennesima tregua dopo l'ennesima guerra». È la sesta dal 2004, e con quali risultati? »Da molto tempo prima. Dagli Armi '50 abbiamo provato di tutto per "estinguere" il problema di Gaza: I'abbiamo tante volte occupata e evacuata, fino allo sbaglio dell'embargo che ha privato la popolazione di ogni speranza e futuro. Chi non ha più niente da perdere è pericolosissimo per Israele». Nel libro lei cita il premier EshkoL Nel '67 diceva "Voglio che se ne vadano tutti, anche sulla luna". Cosa intendeva? »Era una battuta nel suo stile contadino, in yiddish. Dopo la Guerra dei sei giorni avremmo potuto disinnescare la crisi di Gaza, il sovraffollamento, trasferire in Cisgiordania larga parte dei profughi. Li avrebbero potuto lavorare, avere una vita, anziché ridotti alla disperazione, a far niente. Gaza si sarebbe potuta sviluppare: può essere la Singapore del Medio Oriente». E invece? »Ora ci ritroviamo Hamas, che investe soldi in razzi e tunnel indifferente alla miseria e alla morte della propria gente. Ci colpisce con razzi 77i artigianali, tanto che lo scudo non può intercettarli. È un crimine contro Israele e i palestinesi». II premier Netanyahu ha raggiunto i suoi obiettivi? .Né lui né altri potranno farlo, se il negoziato non fisserà una "quiete" di lunga durata Infatti, nessun esercito ha mai vinto contro un'organizzazione terroristica. Netanyahu può solo infliggere altra devastazione. Hanno sofferto anche gli israeliani sotto piogge di razzi». Lei parla di "quiete" e non di pace? »Per ora la pace è impossibile. Fra l'israeliano e il palestinese più moderati, l'abisso storico è ancora troppo profondo da colmare. Se si scontrano due identità, ognuna definita in base alla terra, non c'è compromesso. Continueremo cosi: noi colpiremo per fermare i razzi, i palestinesi per dire: 'Sparo, dunque esisto ».

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