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La Stampa Rassegna Stampa
25.08.2014 Ecco la politica del Vaticano verso il terrorismo
Andrea Tornielli intervista Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano

Testata: La Stampa
Data: 25 agosto 2014
Pagina: 11
Autore: Andrea Tornielli
Titolo: «In Iraq non è uno scontro tra islam e cristianesimo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/08/2014, a pag.11, con il titolo " In Iraq non è uno scontro tra islam e cristianesimo" di Andrea Tornielli, che intervista il Segretario di Stato vaticano, cioè Ministro degli Esteri Pietro Parolin. Non ci stupiamo della sua affermazione, citata nel titolo. La politica del Vaticano nei confronti del terrorismo islamico la riflette in pieno. Esiste un islam buono, moderato, anche se nessuno sa dove si nasconda, e poi c'è quello birichino, con cui però serve il dialogo. Se poi devono entrare in gioco le armi, la coscienza vaticana è salva.
Chi meglio di Tornielli poteva impugnare il violino, suo strumento che sostituisce appieno l'assenza di domande troppo curiose ?

Ecco l'articolo:


Andrea Tornielli       Pietro Parolin

Quello che sta accadendo in Iraq «non è uno scontro tra islam e cristianesimo»: presentare in questo modo la situazione è una semplificazione, dato che sotto i colpi dei tagliagole jihadisti del Califfato muoiono anche musulmani oltre a persone appartenenti ad altre minoranze religiose. Di fronte a questa violenza inaudita, la comunità internazionale «deve intervenire», deve essere presente in un Paese allo sbando. E ormai scesa una notte piena d'umidità a Riese Pio X, il paese del trevigiano che diede i natali a Giuseppe Sarto, Papa riformatore che regnò dal 1903 al 1914, scomparso proprio cent'anni fa. Davanti al santuario delle Cendrole, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano che ha origini vicentine ed è nato a una ventina di chilometri in linea d'aria da qui, ha appena fmito di salutare le migliaia di fedeli che hanno assistito, sul prato, alla messa per Solidarietà La violenza «La maggior parte dei musulmani soffre per questa situazione ed è solidale con i cristiani» «Metodi brutali e antiumani sono fatti propri da qualcuno, ma non sono condivisi dai più» il centenario. Tornato da pochi giorni dal viaggio in Corea, dove ha accompagnato Francesco, il capo della diplomazia vaticana non vuole chiosare le chiare parole di Bergoglio sulla crisi irachena: è lecito «fermare l'aggressore ingiusto», specificando però che fermare non equivale a bombardare, e che la decisione su come intervenire deve essere presa dalla comunità internazionale, dalle Nazioni Unite, e non da un singolo Paese. Ma nonostante alcuni vescovi e le autorità del paese lo attendano per un saluto, tolti i paramenti accetta di rispondere a qualche domanda. Perde il sorriso non appena gli si nomina ciò che sta accadendo in Iraq. Nel 2003, all'epoca della guerra anglo-americana contro Saddam Hussein, Parolin era sotto-segretario ai rapporti con gli Stati in Vaticano, e visse da vicino i tentativi messi in atto dalla Santa Sede, su input di Giovanni Paolo II, per fermare quel conflitto e le conseguenze destabilizzanti che avrebbe provocato. Una posizione che oggi ormai tutti riconoscono profetica. «Ha già parlato Papa Francesco, e io non mi metto a commentare le sue parole - spiega -. Credo che la situazione in Iraq sia fonte di grande preoccupazione per i cristiani e per tutte le altre minoranze». Anche se non si vedono vie d'uscita, Parolin non rinuncia a manifestare un desiderio, al momento di difficile realizzazione: «Noi speriamo veramente - dice - che gli sfollati possano tornare ai loro villaggi e che si possa ricostruire, attraverso un'azione politica di inclusione, un Iraq in cui tutti i gruppi minoritari abbiano il loro posto e possano contribuire alla costruzione del Paese». Francesco ha ribadito l'importanza che siano le Nazioni Unite a decidere l'intervento, e con i suoi ripetuti appelli ha chiesto un sussulto di coscienza alla comunità internazionale. «Certamente la comunità internazionale deve intervenire - afferma il Segretario di Stato - Deve intervenire nel senso che deve rendersi presente in quella situazione. Non è possibile che il Paese nelle condizioni in cui si trova ora ce la faccia da solo a risolvere i suoi problemi». L'orrore provocato dalle testimonianze e dalle immagini provenienti dall'Iraq, dove si sono radunati, e sono stati armati fmo ai denti, jihadisti provenienti da tutto il mondo, che in nome di un fanatismo islamico massacrano innocenti di ogni religione sta portando molti in Occidente a ritenere che siamo di fronte a uno scontro epocale tra cristianesimo e islam. Ma il «primo ministro» di Papa Francesco non condivide questa lettura. «Io credo che sia una semplificazione», afferma. E aggiunge: «Leggevo  proprio in questi giorni alcuni rapporti del nunzio apostolico in Siria, nei quali racconta quanti musulmani soffrano per questa situazione e siano solidali con i cristiani. Quindi non si tratta assolutamente uno scontro tra islam e cristianesimo. Ci sono all'interno dell'islam, e credo siano la maggioranza, persone che rifiutano metodi così brutali e antiumani. Purtroppo alcune parti li assumono come propri ma penso che non siano condivisi da molti dei loro correligionari». Il cardinale Parolin s'interrompe per un istante e poi aggiunge queste parole: «Speriamo che anche da parte loro si sappia dire una parola in questo senso e quindi distinguere tra quello che si può fare quello che non si può fare, speriamo che ci sia anche una parola da parte del mondo musulmano». Nonostante gli appelli papali, nonostante Francesco abbia parlato spessissimo del martirio dei cristiani nel mondo, dicendosi convinto che oggi ci siano più martiri che nei primi secoli, c'è chi accusa la Santa Sede di non essere stata sufficientemente energica, di essere stata troppo silenziosa davanti al dramma iracheno. «Non occorre sempre gridare per risolvere i problemi - chiarisce il numero uno della diplomazia, che per conto del Papa segue in prima persona i più importanti dossier sulle crisi internazionali - Ci possono essere anche altre strade, altri metodi. Comunque il Papa ha parlato tantissime volte, non si può certo dire alla Chiesa di essere stata troppo silenziosa. E poi ci si sforza soprattutto di dare una mano concretamente per risolvere questi problemi».

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