Bisogna dire agli antisemiti che lo sono? 19/08/2014
Bisogna dire agli antisemiti che lo sono? Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
un mio corrispondente mi ha garbatamente rimproverato per le mie posizioni (altri lo fanno in maniera molto più antipatica), mandandomi il link a una pagina, questa (http://popchassid.com/wrong-call-anti-israel-crowd-antisemitic/), in cui si sostiene che sia sbagliato accusare gli anti-israeliani di antisemitismo, quali che siano i loro pregiudizi e la violenza del loro rifiuto dello stato ebraico, salvo che si riesca a dimostrare che la loro intenzione sia consapevolmente antisemita – cosa che naturalmente si può dire solo di una ristretta minoranza di neonazisti (a parte tutti gli islamisti, che parlano sempre nei loro insulti di “ebrei”, non di Israele). Ma loro a quanto pare non contano nel discorso pubblico europeo. Per darvi un'idea dell'argomentazione, vi riporto le sue conclusioni:
“Nel momento in cui accusiamo qualcuno di antisemitismo (anche all'interno delle nostre menti, ma soprattutto esteriormente) abbiamo finito la conversazione prima che sia iniziata. Lo abbiamo demonizzato, abbiamo assunto che le sue intenzioni non sono buone e che non merita la nostra attenzione. Egli, a sua volta, ha deciso che anche con noi non vale la pena di parlare. Vede che noi lo odiamo, che lo respingiamo, che non lo rispettiamo. Che terribile errore. Che triste evento. Migliaia, milioni di brave persone in tutto il mondo sono lasciate così fuori dal dialogo, quando potrebbero essere raggiunti a livello umano, a livello di anima. Sì, forse le loro posizioni fanno male ad alcuni ebrei. Ebrei innocenti. Questo non rende le loro intenzioni malvagie. Soprattutto in un mondo dove il bene e il male sono così mescolati, dove la verità è così nascosta tra falsità, è sbagliato accusare gli altri di avere cattive intenzioni. Quando fermiamo le accuse, quando superiamo la rabbia che sentiamo, e l'ingiustizia di cui siamo così consapevoli, allora possiamo ottenere un contatto più profondo con queste persone. Possiamo parlare apertamente e onestamente. Possiamo stare tranquilli.”
Gandhi in visita nell'Italia fascista
Be', cari lettori, temo ve ne siate accorti da soli, ma devo confessarvelo: io sono un uomo che tiene più alla chiarezza che alla calma interiore, che preferisce parlare con argomenti piuttosto che col contatto dell'anima. E ritengo in generale che bisogna argomentare contro il male, protestare, spiegare, non lasciar perdere e sorridere. Per cui questo discorso non mi convince affatto. Non credo che il mondo sarebbe migliore se tutti rinunciassero a lottare contro l'ingiustizia, né penso che il nazismo si sarebbe fermato se gli ebrei avessero espresso la loro comprensione e solidarietà a Hitler per tutta la fatica che stava facendo per ammazzarli – come più o meno voleva Gandhi nel '38, dopo la Kristallnacht: “Se fossi un Ebreo nato in Germania ... rivendicherei la Germania come casa mia quanto del più potente tedesco gentile, e lo sfiderei a spararmi o a gettarmi in prigione [...] la sofferenza volontariamente sopportata porterà [agli ebrei se faranno così] forza interiore e gioia [...] La calcolata violenza di Hitler può addirittura provocare un massacro generale degli ebrei come risposta immediata alla dichiarazione di tali ostilità. Ma se la mente ebraica potesse essere preparata per la sofferenza volontaria, anche il massacro che ho immaginato potrebbe essere trasformato in un giorno di ringraziamento e di gioia." Per chi fosse interessato, devo aggiungere che Gandhi espresse una certa ammirazione sia per Hitler che per Mussolini, e che la dichiarazione che ho citato produsse delle risposte sdegnate anche degli intellettuali ebrei più dialoganti, come Martin Buber (http://blogs.timesofisrael.com/gandhi-on-jews-part-2-nazis-and-cowardice/ , vedi anche http://www.clarion-journal.com/clarion_journal_of_spirit/2010/03/jewish-zionism-martin-buber-and-mahatma-gandhi-by-ron-dart.html)
Non voglio discutere qui di Gandhi e della sua ambiguità, né del tono un po' new age della pagina web “Pop Chassid” citata dal mio lettore. Voglio andare al cuore della faccenda: è giusto dare dell'antisemita a chi soggettivamente non si senta tale, ma agisca consapevolmente in maniera da danneggiare il più possibile non “alcuni ebrei”, come si esprime pudicamente “Pop Chassid”, ma Israele che ormai è la casa della maggior parte del popolo ebraico? Conta l'intenzione o la ragione oggettiva e magari la conseguenza di una opinione, per giudicarla? Trovo piuttosto infantile giudicare in politica secondo la categoria del buono e del cattivo, del farlo apposta o meno. Il problema da come lo vedo io si divide in due parti: 1. è possibile essere antisemiti senza saperlo? E 2. è utile denunciare questo antisemitismo diciamo inconsapevole?
Rogo del Talmud
La risposta al punto 1. è certamente sì. La parola antisemita (che è molto inesatta perché semitiche sono certe lingue imparentate, fra cui l'ebraico ma anche l'arabo, l'aramaico e il siriaco, non una “razza” e soprattutto gli antisemiti sono detti tali perché ce l'hanno con gli ebrei, non con gli altri parlanti di lingue semitiche come gli arabi) “venne coniato nel settembre 1879, a Berlino, in Germania, da parte del nazionalista Wilhelm Marr, nello scritto La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo, da una prospettiva aconfessionale, come eufemismo di Judenhass (odio per gli ebrei)” (http://it.wikipedia.org/wiki/Antisemitismo). Ma se la parola era nuova, l'odio era vecchio, risale ai padri della Chiesa che ne fecero un tratto fondante della nuova religione cristiana e anche a prima (il libro più aggiornato su questo tema è “Antijudaism” di David Niremberg). Io non credo alla distinzione fra antigiudaismo cristiano e antisemitismo, il primo spirituale e religioso il secondo razziale e violento, che è stata proposta come giustificazione dopo la Shoah: l'odio religioso è spesso stato razzista (si pensi solo alla limpieza de sangre imposta in Spagna dall'Inquisizione e alle discriminazioni esclusivamente razziali contro i “nuovi cristiani”). E la sua violenza, fra pogrom e roghi e ghetti è stata pari a quella nazista, priva solo della dimensione industriale moderna. L'aspetto che ci interessa qui è che l'antigiudaismo/antisemitismo ossessivamente propagandato per quasi venti secoli dai pulpiti è diventato luogo comune, verità acquisita, convinzione inconsapevole quanto generalizzata. Al di là della loro buona volontà e della mancanza di “cattive intenzioni”, hanno scritto brani antisemiti terribili anche grandi pensatori come Kant e Voltaire e Hegel e la stragrande maggioranza degli intellettuali europei dall'anima più bella. Non credevano di fare propaganda d'odio, pensavano solo di dire evidenti verità. Figuriamoci la gente comune di oggi che trova naturale prendersela con lo stato ebraico perché non fa nessuna fatica a credere che gli ebrei ammazzino i bambini, come vi ho raccontato nella cartolina di Ferragosto (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=54850) o che dominano il mondo – sempre credendo di non essere antisemita ma rigorosamente oggettiva.
E' bene dire a queste anime candide che avendo un atteggiamento pregiudiziale e discriminatorio nei confronti di Israele, facendo il tifo per i “palestinesi” quando combattono contro Israele e ne sono giustamente ricambiati, mentre li ignorano quando sono uccisi dai regimi arabi, come ignorano le vittime dei conflitti interarabi in Iraq, Siria, Libia e le altre stragi che insanguinano il mondo altrove, sono antisemite? Non si riscia di “interrompere i dialogo”, “ferire la sensibilità”, “chiudersi”, eccetera eccetera? Il rischio di usare un argomento che per noi è definitivo e per gli altri sembra ingiusto c'è, evidentemente. Ma il fatto è che Israele è isolato nei media e nell'opinione pubblica internazionale. E che per la prima volta nella storia dell'umanità l'antipatia razziale per gli ebrei viene sanzionata negativamente, è considerata ingiusta e razzista. Convincere i nemici di Israele che il loro atteggiamento è segnato dall'antisemitismo può essere utile per coloro che sono abbastanza onesti da riesaminare le proprie opinioni se qualcuno le discute e abbastanza lucidi da capire che l'antisemitismo è un grande pericolo ancora oggi in Europa, non necessariamente confinato solo negli ambienti neofascisti e neonazisti eredi della Shoah.
Ugo Volli
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