Al Cairo Hamas rifiuta le offerte di Netanyahu. E ammette di aver censurato e cacciato i giornalisti che non stavano alle sue regole Cronaca di Alberto Flores D'Arcais
Testata: La Repubblica Data: 18 agosto 2014 Pagina: 8 Autore: Alberto Flores D'Arcais Titolo: «Hamas-Israele, l'accordo si allontana»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/08/2014, a pag. 8, l'articolo di Alberto Flores D'Arcais dal titolo "Hamas-Israele, l'accordo si allontana".
Segnaliamo la chiusura del pezzo, nel quale Flores D'Arcais riporta la denuncia da parte del Foreign Press Center della censura e dell'espulsione di giornalisti da parte di Hamas: "una verità scomoda che ieri è stata ammessa (in un’intervista ad una tv libanese) anche da un dirigente di Hamas". Di seguito, il link al video dell'intervista :
E' importante che REPUBBLICA riporti questa notizia. Tuttavia, Flores D'Arcais non chiarisce il motivo per cui Hamas non voleva che fossero filmati o fotografati i "combattenti o i lanci dei razzi ", ovvero evitare che l'opinione pubblica potesse rendersi conto che i lanci erano effettuati da aree civili, utilizzando la popolazione come scudo umano. Inoltre, è scorretto l'accostamento di D'Arcais tra la polemica sulla censura di Hamas e la contestazione israeliana di una commissione Onu prevenuta e non credibile ( si veda in proposito: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=54855 ). Tra Israele e Hamas non c'è la una "guerra di propaganda" nella quale entrambe le versioni sarebbero egualmente sospette. I fatti dimostrano che Hamas mente sistematicamente, manipola l'informazione, censura. Israele, anche se per assurdo volesse fare altrettanto, non potrebbe, perché verrebbe smentita da un sistema dell'informazione che è totalmente libero.
Di seguito, l'articolo:
Alberto Flores D'Arcais
Urgenti aiuti umanitari dal Qatar per chi ha avuto la casa distrutta a Gaza
A ventiquattr’ore dalla scadenza del cessate-il-fuoco le posizioni (almeno a parole) si irrigidiscono. Israele ed Hamas sembrano lontane da un accordo e il piano di pace per una tregua più duratura discusso al Cairo (sponsor gli egiziani) rischia di restare lettera morta.
Il premier israeliano Netanyahu ha fatto diverse concessioni (la zona di pesca allargata fino a 9-12 miglia, riapertura delle frontiere con controllo dei palestinesi di Abu Mazen, l’ingresso di aiuti umanitari e per la ricostruzione) ma è stato netto su una cosa: Hamas «non può sperare di compensare una sconfitta militare con un successo politico» e Israele non accetterà mai una proposta di tregua che non tenga conto degli interessi di sicurezza di Gerusalemme (quindi niente più razzi e missili lanciati dalla Striscia di Gaza). Hamas nega la sconfitta militare (che in realtà c’è stata), accusa il premier israeliano di «nascondere le ingenti perdite» subite dall’esercito e minaccia: «Il prossimo round si gioca ad Ashkelon», ovvero in territorio israeliano.
Egitto e Abu Mazen non demordono e il presidente palestinese ha inviato un suo consigliere per convincere il capo politico di Hamas Meshal a dare il via libera. Quest’ultimo vuole però che Israele si impegni subito per un porto commerciale e un aeroporto nella Striscia. Posizione che Netanyahu non può (anche per motivi di equilibrio interni al suo governo) accettare.
Durante questi giorni di cessate- il-fuoco tra Israele ed Hamas è continuata la guerra di propaganda. Con Israele contro le Nazioni Unite per la commissione d’inchiesta e con una polemica che ha visto protagonisti anche i media stranieri (con un comunicato del Foreign Press Center che accusava i militanti di Hamas di aver «censurato ed espulso» giornalisti stranieri). Una verità scomoda che ieri è stata ammessa (in un’intervista ad una tv libanese) anche da un dirigente di Hamas: «Chi fotografava o filmava i nostri combattenti o i lanci dei razzi era di fatto un agente del nemico. Chi non cambiava idea su come raccontare la guerra lo abbiamo cacciato».
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