Israele combatte per difendersi, non sostenendolo l'Occidente prepara la propria sconfitta Commento di Danilo Taino
Testata: Corriere della Sera Sette Data: 15 agosto 2014 Pagina: 14 Autore: Danilo Taino Titolo: «Questa è una guerra per la difesa di Israele»
Riprendiamo da CORRIERE della SERA SETTE, supplemento al CORRIERE della SERA di oggi, 15/08/2014, l'articolo di Danilo Taino dal titolo "Questa è una guerra per la difesa di Israele"
Danilo Taino
Soldati israeliani al confine con Gaza
Sì, è una vecchia guerra quella che si combatte in Palestina. Era già in corso, e da anni, quando non c'era l'Internet, quando la Cina era una caserma in piena Rivoluzione culturale, quando esisteva un impero chiamato Unione Sovietica, quando l'America camminava con gli anfibi nelle paludi del Vietnam. Tutto quel vecchio mondo del Novecento è scomparso ma ci ha lasciato un residuo fuori dal tempo, un conflitto che si trascina sempre uguale. Oppure non è così? Oppure questa lettura epidermica della cronaca e della storia racconta più come noi guardiamo il mondo che non ciò che accade in quella terra? Sembra che noi, popolazioni "illuminate" dell'Occidente, non ne possiamo più di questa lotta tra israeliani e palestinesi. Esasperati da una guerra che è un po' di trincea, un po' operazione di polizia, un po' combattimento aperto, tendiamo a non vedere la realtà e a saltare alle conclusioni, tanto ormai sappiamo tutto di questa vecchia storia. E la conclusione — apparentemente equanime e trionfalmente egemone nelle analisi delle settimane scorse — è che questa è una guerra per il riconoscimento del diritto di due popoli di avere due Stati (tralasciando le manifestazioni antisemite che tifano per la distruzione dello "Stato sionista"). In realtà, il salto di analisi — benpensante, pacifista ma soprattutto cibo buono per tranquillizzare le coscienze — vede i fatti a testa in giù. Questa non è una guerra per affermare due Stati: è una guerra per la difesa di uno Stato, quello d'Israele. Nel 2005, il primo ministro Ariel Sharon decise il ritiro dei militari israeliani dalla Striscia di Gaza e lo smantellamento di migliaia di insediamenti di coloni. Quella avrebbe potuto essere la base di partenza per arrivare alla famosa soluzione dei due Stati. Ma subito da Gaza — dove nel 2006 Hamas vinse le elezioni — iniziarono attacchi contro Israele, con l'obiettivo dichiarato della distruzione dello "Stato sionista". Israele, in questi anni, ha sicuramente fatto errori, ma il dato di fatto è che la prospettiva dei due Stati è sin dall'inizio risultata minata dal fine ultimo di Hamas, la distruzione dell'avversario. Obiettivo contro il quale Gerusalemme ha l'obbligo di difendersi. Spesso l'Occidente illuminato dimentica questa realtà: fare gli equidistanti è cool e soprattutto comodo. Ma, così, non fa solo male a Israele: prepara anche la propria sconfitta morale, culturale e, alla fine, probabilmente geopolitica. Non sarà un residuo del Novecento. Per esprimere la propria opinione a Corriere della Sera Sette, cliccare sulla e-mail sottostante sette@corriere.it