Erdogan:un dittatore islamista per stabilizzare il Medio Oriente ? Così la vede Antonio Ferrari Che farebbe meglio a dar retta a 'Le Monde'
Testata: Corriere della Sera Data: 11 agosto 2014 Pagina: 12 Autore: Antonio Ferrari Titolo: «La seduzione del Sultano che si ispira a Putin (non a Hollande)»
Riprendiamo, dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/08/2014, a pag. 12, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo "La seduzione del Sultano che si ispira a Putin (non a Hollande) "
Il titolo di 'Le Monde' di ieri su era: "Turchia: Erdogan vuole imporre un regime autoritario e conservatore". Se lo scrive 'Le Monde' è il caso che i nostri commentatori, sempre ligi al quotidiano francese, gli credano. Con queste elezioni, che segnano la vittoria di un progetto politico contrario alle libertà fondamentali e alla modernità, la Turchia ha definitivamente chiuso la possibilità di un suo ingresso in Europa a meno che gli europeisti (s)ragionino come Ferrari che nella Turchia vede un elemento di stabilizzazione della regione e non invece il socio politico del Qatar nel fomentare le rivolte islamiste nei paesi arabi e nel sostenere Hamas.
In altra pagina di IC, l'opinione di rappresentanti della parte più laica e illuminata della società turca su Erdogan:
Antonio FerrariErdogan e l'emiro del Qatar, Al Thani
È Recep Tayyip Erdogan il primo sultano repubblicano del terzo millennio. Ha vinto, anzi ha stravinto, diventando il primo presidente della Repubblica di una «nuova Turchia», come lui stesso l’ha definita, cullandosi sulla straordinaria valanga di consensi che gli hanno permesso l’elezione al primo turno. Se la nomina fosse state votata dal Parlamento, come nel passato, qualche sorpresa sarebbe stata teoricamente possibile. Affidandosi al popolo, l’uomo che da oltre un decennio, nel bene e nel male, guida il Paese, sapeva di non correre rischi. Anche la geografia del voto è un segnale inequivocabile. Conquistare sia Istanbul sia Ankara vuol dire che, per convinzione o per stanchezza, anche molti avversari laici si sono piegati all’ineluttabilità della volontà della maggioranza. Erdogan ha vinto grazie alle regole che in una democrazia vanno rispettate. Dovranno essere sempre rispettate anche dall’uomo che entrerà nel palazzo di Çankaya, come ultimo successore del grande Mustafa Kemal Atatürk. Un leader indiscusso, Erdogan, che però da oltre un anno ha compiuto atti e abusi inaccettabili in una democrazia compiuta. Dalla brutale repressione contro i rivoltosi per il parco di Gezi, alla corruzione, al nepotismo, alle ombre sinistre che hanno accompagnato l’allontanamento e il trasferimento di magistrati, poliziotti e investigatori scomodi, ai disastrosi errori in politica estera, alle misure ridicole sul «corretto comportamento» delle donne nella vita pubblica e privata. Una serie di «incidenti» che hanno spinto numerosi osservatori a disegnare un inquietante scenario. Come ha scritto Le Monde , Erdogan «vuole imporre un regime autoritario». Ci si chiedeva se un condottiero così arrogante e divisivo avrebbe potuto rappresentare autorevolmente il Paese lungo la strada che porterà, anzi sta già portando ad una repubblica presidenziale, che nelle intenzioni del neoeletto somiglierà assai più a quella di Putin che a quella di Hollande. La verità è che la maggioranza dei turchi è sedotta da Erdogan, si specchia in lui, si fida e si affida a lui. Per adesso lo seguirebbe persino se la Turchia dovesse pagare un prezzo molto alto, come il definitivo tramonto del processo di annessione all’Unione europea. Processo che si è ormai arenato sulle secche di antiche e nuove diffidenze incrociate. E’ persino possibile che il nuovo capo dello stato decida autonomamente di allontanarsi ancor più dal binario europeo, per esempio affidando il governo a un fedelissimo, come il ministro degli esteri Ahmet Davutoglou, capofila delle scelta «neottomana», che guarda soprattutto al mondo musulmano. L’Unione europea, ma soprattutto gli Stati Uniti, che da sempre hanno rapporti strettissimi con Ankara, sia nelle relazioni bilaterali che nella Nato, non hanno certamente gradito gli atteggiamenti autoritari e poco rispettosi dei diritti umani dell’alleato Erdogan. Tuttavia, in questa fase di gravissime turbolenze regionali, Ankara può avere un ruolo importante, nonostante gli errori commessi. Anche su questo Erdogan punta per ottenere una più solida legittimazione internazionale. Per esprimere la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare al numero 02/62821 oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it