Strage di Bologna: archiviata la 'pista palestinese' Analisi di Vitaliano Bacchi
Testata: Informazione Corretta Data: 10 agosto 2014 Pagina: 1 Autore: Vitaliano Bacchi Titolo: «Strage di Bologna: archiviata la 'pista palestinese'»
Strage di Bologna: archiviata la 'pista palestinese' Analisi di Vitaliano Bacchi
La stazione di Bologna dopo la strage
L'archiviazione della “pista palestinese” disposta in questi giorni dalla Procura di Bologna relativamente alle responsabilità nella strage della stazione del 2 agosto 1980 corrisponde ad una nostra indicazione sul punto formulata già da vari anni e con la quale riteniamo di aver dato prova di oggettività e correttezza di informazione facendoci interpreti di una superiore esigenza di verità, prima di ogni altra postulazione, quale che sia l'oggetto della indagine o la identità dei presunti responsabili. Una pista, quella palestinese, privilegiata e indubbiamente “caricata” da agenti politici nazionali interessati a proporre un diverso scenario di strage rispetto quello già oggetto di accertamento giudiziario definitivo: la responsabilità delle avanguardie neofasciste italiane del tempo ed in particolare la centralità del movimento di Ordine Nuovo nello scenario dello spontaneismo armato neofascista che i più profondi conoscitori delle logiche del terrorismo considerano univocamente il milieu sociale e politico entro il quale cercare per trovare l'ambiente di maturazione della decisione terroristica. L'ipotesi di una rete di informazioni e collegamenti internazionali fra il fronte palestinese e le avanguardie del terrorismo neonazista tedesco era suggestiva ed è stata giustamente istruita e studiata dagli inquirenti e francamente la coincidenza almeno temporale fra il soggiorno a Bologna del faccendiere neonazista Tommaso Kram e la strage della stazione non poteva che indurre necessità di indagine, che infatti gli inquirenti della Procura di Bologna hanno svolto con una completezza e perizia di cui può vantasi un ufficio giudiziario divenuto per forza di cose “specializzato” nella materia. Indubbiamente Paolo Bolognesi, il rappresentante della associazione delle famiglie delle vittime della strage, può a buon titolo rivendicare oggi il suo “primato” nella idea che la pista da seguire dovesse restare nei confronti del neofascismo italiano e non altrove: lo scrisse pervicacemente fin dai tempi in cui il picconatore Cossiga lanciava le sue omelie oracolari sulla questione inducendo sospetti a destra e manca e palesando per la prima volta la ragionevolezza di una pista islamica che già allora Bolognesi mise in ridicolo agevolato in ciò dal compito connesso di poterlo fare con riguardo al vate che pontificava in questo senso. Lo scrisse chiaramente e noi lo commentammo in senso conforme: il solo scopo della “nuova pista” era quello di proporre uno scenario di inchiesta diverso dal neofascismo italiano, un viatico che tutti sapevano strettamente connesso alla esperienza di Gladio ed alla contiguità fra le due diverse esperienze: i punti di contatto fra Gladio e Ordine Nuovo sono stati vagheggiati da molti, anche se postulare con certezza questa connessione comporta la svalutazione della ideologia anarcoide dello spontaneismo armato neofascista che, almeno sulla questione delle stragi, è concordemente riconosciuto come indeclinabile. Tuttavia l'inattendibilità della pista islamica non ha frustrato la volontà dell'associazione delle vittime ed il suo convincimento che la strage non possa risolversi negli autori materiali e debba necessariamente invece presupporre un ambito decisionale più alto, che cioè indeclinabile sia l'ipotesi di mandanti superiori a quei ragazzi che posarono le bombe. I mandanti ci devono essere, sostiene Bolognesi, e le informazioni della associazione delle vittime per individuarli, scritte in memoriali per l'autorità giudiziaria, sono anche conferenti. C'è però da stare attenti ad evitare le induzioni e restare ai fatti: la legge non obbliga a cercare senz'altro i mandanti dietro una strage o un affare di terrorismo e nemmeno la logica lo impone; il terrorismo matura in ambienti in cui molte volte più che operare il mandante e cioè la figura classica del crimine ordinario opera l'ideologia dell'odio, moto criminoso invece esclusivo del terrorismo e che non richiede mandanti. Questo vale per tutti gli scenari, da quello neofascista a quello islamico e qui, a fortiori, in quello palestinese dove l'odio per Israele è materia di insegnamento scolastico. A cominciare da Hamas, senza contare le altre organizzazioni terroristiche originatesi nell'ambito della guerriglia palestinese negli anni scorsi, possiamo oggi certamente affermare che non c'è bisogno di inventare responsabilità nelle stragi della stagione italiana della strategia della tensione per poter iscrivere la guerriglia palestinese attuale e remota fra le aristocrazie del terrorismo internazionale.