La fuga dei cristiani iracheni, i massacri degli yazidi, la minaccia del califfato Cronache e analisi di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari. Intervista di Francesco Semprini al vescovo di Erbil
Testata:Il Giornale - La Stampa Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - Francesco Semprini Titolo: «Centomila cristiani in fuga dall'Islam. Pronti i raid sull'Irak - L'Isis avanza, 100mila cristiani in fuga - 'Non c'è alternativa all'uso della forza. Ma temo che alla fine non si farà nulla'»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 08/08/2014, a pagg. 1-13, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Centomila cristiani in fuga dall'Islam. Pronti i raid sull'Irak", dalla STAMPA, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " L'Isis avanza, 100mila cristiani in fuga e da pag. 15 l'intervista di Francesco Semprini al vescovo di Erbil Bashar Matti Warda, dal titolo " 'Non c'è alternativa all'uso della forza. Ma temo che alla fine non si farà nulla' "
L'ISIS sta conducendo una campagna di massacri anche contro la minoranza religiosa degli yazidi Riportiamo di seguito il link a un video nel quale una deputata yazide al parlamento iracheno denuncia questi crimini e chiede di intervenire per fermarli. https://www.youtube.com/watch?v=HdIEm1s6yhY&feature=youtu.be
Di seguito, gli articoli:
Iraq: cristiani in fuga
Il GIORNALE: Fiamma Nirenstein: " Centomila cristiani in fuga dall'Islam. Pronti i raid sull'Irak "
Fiamma Nirenstein
Sarebbe l'ora che si cominciasse a realizzare il fatto che il Medio Oriente è tutto un campo di battaglia in cui il Califfato combatte duramente, uccide, vince, si espande; in cui i civili non esistono se non come vittime, pedine; in cui il fanatismo islamista si paluda di esecuzioni di massa, morti, teste tagliate, crocifissioni, si veste di nero, si fa crescere la barba, celebra i martiri, ostenta kalashnikov e missili, ignora la pietà che abbiamo fatto tanta fatica, nei secoli, a conquistare, costruisce una muraglia fra musulmani da una parte e ebrei e cristiani dall'altra. Il Califfato Mondiale nelle ultime ventiquattrore ha messo in fuga un centinaio di migliaia di cristiani in Iraq presso la città di Qaraqosh, al Nord; i poveretti, perfino privi di scarpe fuggono per la loro vita, col pensiero di crocifissioni e torture, camminano senza scarpe, ed è ironico che cerchino la salvezza presso i kurdi che hanno appena perso il controllo di mille chilometri di confine. E' una antica area cristiana che non credeva di doversi trovare con la fronte per terra davanti alle tre imposizioni islamiche: convertiti, paga le tasse e le pene dei dhimmi, o muori. Negli ultimi cinque giorni hanno conquistato a Mosul la maggiore diga idroelettrica del Paese. I kurdi avevano avvertito che non ce l'avrebbero fatta da soli a mantenere il confine se non ricevevano rinforzi. Naturalmente non li hanno ricevuti. Almeno 40mila dei loro civili sono dovuti fuggire sul monte Sinjar. Anche i loro santuari vengono distrutti. Il governo di Al Maliki non accetta neppure l'offerta dell'ONU di assistenza con pacchi lanciati da aerei. Gli USA, si sa, siedono sulla dorata astensione di Obama. Nessuno che oggi cerca di contrastare l'avanzata dello Stato islamico riceve solidarietà, seria attenzione. Dall'Iraq, alla Siria, al Libano, ovvero fin sul Mediterraneo, si espandono i sunniti estremi, siano Al Qaeda, Jabat al Nusra, Isis, o Hamas. Solo nella notte di ieri un convoglio della Croce Rossa ha fatto il suo ingresso nella città di Arsal in Libano, dove è in corso una guerra di conquista da parte dei jihadisti. L'esercito stesso li combatte mentre i terroristi di Jabat al Nusra e dell'ISIS dal 2 di agosto, con alterne vicende concentrano l'attacco nei pressi del massiccio di Qalamoun perchè vi sono concentrati 150mila rifugiati siriani, e quindi è un ottimo presidio di scudi umani. Fra le truppe libanesi ci sono venti dispersi, quindici morti, oltre 90 feriti. In Siria, anche se Assad, così come gli Hezbollah in Libano, non è meno odioso dei suoi nemici, i terroristi di Jabat al Nusra hanno attaccato l'ultima roccaforte dell'esercito a Raqqa uccidendo dozzine di soldati e civili. Un'altra quarantina di persone sono state uccise con un attacco suicida. In Libia è stato dichiarato da Ansar al Sharia "emirato islamico". Lo Stato islamico trova pane per i suoi denti soltanto quando si confronta con l'Egitto nel Sinai, e quando Hamas deve affrontare Israele: l'Egitto ha distrutto prima di Israele le gallerie provenienti da Gaza nel suo territorio, ne ha affrontato la fratellanza musulmana, ha ucciso Shadi al Manijeh il capo di Ansar Beith Miqdas, organizzazione legata allo Stato islamico. Israele si è battuto con determinazione, e se Hamas oggi non rinnoverà la tregua seguiterà a farlo con dispendio di forze e di vite, ma nella consapevolezza che Hamas fa parte di un letale, grandissimo piano.
LA STAMPA - Maurizio Molinari: " L'Isis avanza, 100mila cristiani in fuga "
Maurizio Molinari
Croci distrutte, chiese violate, libri sacri alle fiamme e centomila cristiani in fuga: i miliziani jihadisti del califfo Abu Bakr al-Baghdadi conquistano Qaraqosh scatenando un’emergenza umanitaria. Papa Francesco invoca «protezione per gli sfollati» e il presidente Usa Barack Obama valuta raid aerei contro al-Baghdadi. A Qaraqosh vive circa un terzo degli ultimi 350mila cristiani iracheni, ciò che resta di una minoranza che nel 2003 contava 1,5 milioni di anime. È il maggiore centro cristiano e si trova a 30 km da Mosul, catturata in giugno dai jihadisti dello «Stato islamico dell’Iraq e del Levante» (Isis) di al Baghdadi, fuoriuscito dai ranghi di Al Qaeda e auto-proclamatosi «Califfo dell’Islam» dopo essere riuscito a creare continuità territoriale fra Iraq e Siria. Abu Bakr ha ordinato ai miliziani di Mosul di estendere il controllo a Nord fino alla grande diga sul Tigri e a Sud conquistando Qaraqosh. In entrambi i casi ad arretrare sono stati i peshmerga curdi. Da una settimana i curdi erano sotto pressione, avevano già perduto terreno e Abu Bakr aveva percepito di poter accrescere i possedimenti. Il blitz sulla diga gli consente di controllare un imponente bacino d’acqua, da cui dipende l’elettricità in gran parte del Nord dell’Iraq. A Sud l’obiettivo è stata Qaraqosh. L’arcivescovo caldeo di Kirkuk è stato fra i primi a sapere cosa stava avvenendo quando il comandante locale curdo gli ha comunicato: «Andiamo via». Da quel momento per la minoranza cristiana è iniziato un incubo. «Siamo saliti su macchine e pulmini - racconta Paolo Thabit Mekko, sacerdote caldeo - un fiume di gente terrorizzata, tutti di corsa verso il Kurdistan». Le falangi della Jihad sono entrate nella città cristiana alle 6 del mattino, hanno attaccato le chiese, divelto e distrutto le croci, violato i luoghi di culto e dato alle fiamme un migliaio di testi sacri. Secondo testimoni, i jihadisti «sono passati nelle strade delle città della Piana di Ninive con gli altoparlanti intimando a chi era rimasto di andarsene via». L’esodo è stato di massa. «Sulle strade verso Erbil - riferisce il sacerdote caldeo - vi sono ingorghi di auto. Adesso la gente è sparpagliata per strade perchè contenta solo di essere ancora viva. Ad assisterli ci sono i volontari della diocesi, ma fanno quello che possono». «È una catastrofe, un popolo di cristiani terrorizzati cerca riparo in Kurdistan» dice l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, Yousif Thomas Mirkis. È un’emergenza umanitaria che si somma agli oltre 50 mila yazidi, fuggiti da Sinjar dopo la caduta della città nelle mani di al Baghdadi a inizio settimana. I jihadisti sembrano determinati ad epurare i possedimenti dalla presenza di non musulmani: considerano i yazidi, di fede zoroastriani, dei «seguaci del Diavolo», mentre i cristiani sono «infedeli» per eccellenza. Papa Francesco ha lanciato un appello alla comunità internazionale per «proteggere chi è minacciato dalla violenza e aiutare gli sfollati» e la prima reazione arriva da Parigi, che chiede una risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu. Poi è Washington a far sapere che Obama è consapevole della «catastrofe umanitaria delle minoranze in Iraq» e valuta «opzioni attive e passive» ovvero aiuti dal cielo per i profughi o blitz anti-jihadisti. In attesa di conoscere l’esito del test, la scelta della Casa Bianca sull’avanzata del califfo mette in risalto l’inattesa vulnerabilità dei peshmerga curdi, facendo anche apparire tardiva la scelta del premier Al Maliki di dare ai curdi la copertura area. L’unico occidentale a Baghdad è Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri, che invoca «aiuti urgenti per il governo iracheno».
E' molto ragionevole la tesi dell'arcivescovo di Erbil: di fronte alla violenza dell'ISIS non sembra esserci alternativa all'uso della forza. Non possiamo però fare a meno di chiederci perché le gerarchie cattoliche non applichino lo stesso criterio alle aggressioni subite da Israele. Più di tremila razzi sparati Hamas contro i civili e i propositi apertamente genocidi del gruppo islamista non giustificano forse l'uso della forza per autodifesa ? Perché vengono costantemente usati due pesi e due misure a sfavore di Israele ?
LA STAMPA - Francesco Semprini: " 'Non c'è alternativa all'uso della forza. Ma temo che alla fine non si farà nulla'"
Francesco Semprini Bashar Matti Warda
«Temo che non ci siano alternative in questo momento a un’azione militare, la situazione è ormai fuori controllo, e da parte della comunità internazionale c’è la responsabilità di non aver fatto nulla per prevenire o fermare tutto questo». Non usa mezzi termini Bashar Matti Warda, l’arcivescovo di Erbil impegnato da giugno in prima linea nel rispondere alla crisi che sta mettendo in ginocchio l’Iraq del nord. «Questo è un dramma umanitario», ci dice quando lo raggiungiamo al telefono mentre si prepara ad accogliere nella chiesa di Saint Joseph, ad Ankawa, altri 500 sfollati giunti dalle zone martoriate. Le cronache ci parlano di caos, violenza e distruzione, quali sono le testimonianza da lei raccolte? «Gli jihadisti stanno distruggendo ogni simbolo, ogni luogo, ogni traccia della cristianità in questa parte dell’Iraq. Una cosa del genere non si era mai vista, è una vera persecuzione». All’incirca quante sono le persone in fuga? «Secondo i dati che abbiamo raccolto assieme all’Unicef e al governo curdo, si tratta di circa 200 mila persone, tentano di raggiungere il confine col Kurdistan che rimane una salvezza. Qui ad Ankawa e a Erbil abbiamo persone sistemate ovunque, nelle case, nelle chiese, nei centri di accoglienza, negli alberghi e nelle strade. E’ un giorno orribile per tutti i cristiani, e non solo per loro. Ci sono minoranze, come gli yazidi, bloccate sulle montagne intorno a Sinjar, dove rischiano di rimanere senza cibo, acqua e medicinali. E’ un vero disastro umanitario». Gli Stati Uniti parlano di una possibile opzione militare, pensa che sia la cosa giusta da fare? «Sarebbe ora che qualcuno si muovesse per fermare questa devastazione, questo odio, questa violenza. Me lo lasci dire, temo che, almeno in questa fase, non ci siano altre soluzioni, bisogna fermare il massacro e la persecuzione, e se l’unico modo è rispondere con la forza alla forza, mi sembra proprio il caso di farlo. Anche perché il governo iracheno non sembra in grado di fare molto». Quindi è d’accordo con Barack Obama? «Il mio timore è che al di là dei proclami legati ai gravi fatti accaduti in questi ultimi giorni, alla fine non si faccia nulla. Del resto così è stato sino ad oggi, non è stato fatto nulla per i cristiani dell’Iraq, e questo non solo da parte degli Usa, anche dell’Europa o di altri governi». Che cosa chiede alla comunità internazionale? «Chiedo che si agisca subito per aiutare i cristiani e le minoranze irachene, per fermare questa persecuzione, e che si lavori assieme per garantire un futuro di pace a questo Paese»
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