Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

 
Ugo Volli
Cartoline
<< torna all'indice della rubrica
Il paese che è bello condannare 06/08/2014

Il paese che è bello condannare
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

non siamo in grado di dire se la guerra di Gaza sia davvero finita col completamento del ritiro delle truppe israeliane oltre i confini della Striscia, o come proseguirà; ma possiamo già dire che essa ha avuto notevoli risultati pratici: la distruzione dei tunnel d'attacco di Hamas e di buona parte del suo arsenale hanno certamente molto ridimensionato il suo potere; i danni che ha subito la popolazione civile per lo sciagurato attacco dell'organizzazione islamista a Israele potrebbero danneggiare la sua credibilità a Gaza e in Cisgiordania – almeno se la popolazione araba fosse motivata dal suo stesso benessere e non fanatizzata in senso nazionalistico o religioso all'odio verso gli ebrei; l'irrilevanza dell'Autorità Palestinese si è ancora una volta certificata chiaramente e rende velleitario ogni tentativo di attribuirle il controllo complessivo della “Palestina”. Tutti questi sono temi aperti che saranno al centro della gestione politica del dopo-crisi, su cui è certamente presto per parlare.

C'è un altro aspetto però che è emerso chiaramente durante il mese dei combattimenti; non è un elemento nuovo, ma è molto significativo e merita una riflessione approfondita: l'antisemitismo che ha motivato il comportamento dei media e dei governi occidentali e in particolare europei. Rispetto ad altri scontri fra l'esercito israeliano e i terroristi arabi, c'è stata questa volta in genere una minore mobilitazione di piazza, non solo nei paesi arabi, che hanno altro a cui pensare (https://www.youtube.com/watch?v=oizEM3spWlw&feature=youtu.be), ma anche in Europa. Ma le manifestazioni, le scritte, in genere tutta la propaganda anti-israeliana ha avuto un più spiccato carattere antisemita (slate.com ). Si è sentito di nuovo gridare nelle piazze tedesche minacce ai “porci ebrei”, ci sono stati di nuovo assalti alle sinagoghe in Francia, in Belgio ci sono stati negozi che hanno appeso cartelli con il divieto di ingresso agli ebrei e medici che hanno rifiutato di curare anziane signore perché ebree, in Ungheria ci sono stati sindaci che hanno inscenato impiccagioni in effige di Peres e Netanyahu con cartelli che parlavano di Satana loro padrone. Eccetera eccetera.


Manifestanti "filopalestinesi" assediano la sinagoga di Sarcelles

La massa critica di questa manifestazioni erano gli immigrati mediorientali, assai più attivi in Europa dei loro cugini nei paesi d'origine (fatto che fa riflettere sui tratti ideologici nascosti di questa immigrazione e sulla dimensione polemica del rapporto che essa intrattiene con il liberalismo europeo). Ma non sono mancati i fascisti, come in Ungheria e i comunisti di varia denominazione, anche in Italia. In realtà però queste azioni violente sono solo la punta dell'iceberg, che è ben più vasto e profondo. Per capirlo bisogna guardare alle posizioni della stampa e dei governi. Con qualche rara eccezione la stampa ha presentato le azioni israeliane come stragi crudeli, senza spiegare la strategia degli scudi umani di Hamas né dar conto del fatto che la guerra era stata iniziata da Hamas e che i passi di Israele per interromperla erano stati tutti respinti nei fatti dal movimento terrorista. E i governi e le organizzazioni internazionali si sono comportati secondo linee analoghe.

Il fatto che Israele abbia reagito a un'evidente aggressione terroristica e abbia regolato strettamente la sua azione in modo da limitare al massimo i danni alla popolazione civile, dimostrato anch'esso da moltissima documentazione video oltre che dalla dinamica dei fatti, non ha penetrato la corazza del pregiudizio. Purtroppo ogni guerra consiste nella soluzione di un conflitto attraverso l'uso della forza ed è inevitabile che la violenza bellica faccia male. Sarebbe bello evitare le guerre e avere la pace: questa è oltre che uno dei principali valori religiosi dell'ebraismo la posizione strategica di Israele, che da sempre dedica le sue energie alla costruzione di una società prospera e civile, non ha desiderio alcuno di avventure militari. Ma per la pace bisogna rinunciare alla violenza in due e se uno non lo fa e cerca di distruggerti e di ferirti in tutti i modi, l'altro non può che reagire. Occorre aggiungere che le guerre si vincono quando si crea una sproporzione con l'avversario, cioè quando c'è molta più forza da una parte che dall'altra? Ma l'uso della forza e la sua “sproporzione”, l'esistenza delle vittime civili, insomma l'esercizio della guerra sono esattamente ciò che viene rimproverato a Israele.  I media non lo dicono e i governi non lo ripetono, ma secondo il loro punto di vista di fronte all'attacco terroristico Israele non dovrebbe difendersi. Subire, cedere, sperare in un soccorso internazionale che nella storia non è mai arrivato. Difendersi no. Gli ebrei senza difesa uccisi dai nazisti e dai volonterosi carnefici loro complici di tutti i paesi europei (inclusa l'Italia) possono essere l'occasione di una passeggera commozione in occasione della Giornata della Memoria. Gli ebrei che si difendono dai progetti islamisti, del tutto simili a quelli nazisti, peccano invece di mancanza di proporzionalità.

Una posizione del genere sarebbe forse giustificabile anche se certamente poco saggia qualora derivasse dal pacfismo assoluto, condannasse sempre e comunque ogni uso delle armi. E invece non è così, perché la violenza palestinese suscita soprattutto comprensione e di fronte a quella interaraba che divampa in Siria e in Iraq, in Libia e in Yemen, le reazioni sono piuttosto distratte. Bisogna chiedersi la ragione di questa distrazione. Cercare di capire perché l'Europa è del tutto indifferente alle aggressioni dell'islamismo che cercano di distruggere non solo Israele e gli ebrei ma anche il cristianesimo a Mosul e in Nigeria, in Pakistan e nel Caucaso, oltre che nei territori amministrati dall'Autorità Palestinese (http://coolisrael.fr/19882/pere-nadaf-a-gaza-le-hamas-fait-tout-pour-la-disparition-des-chretiens ). Ma in realtà i giornali, come i politici applicano un doppio standard (http://online.wsj.com/articles/bret-stephens-palestine-and-double-standards-1407194971). A Israele chiedono comportamenti che non addottano essi stessi (si pensi ai bombardamenti americani in Iraq). Il punto è che il loro atteggiamento non è affatto equanime. Israele è il paese che è bello condannare, come gli ebrei in Europa erano i vicini che è bello disprezzare.



Ugo Volli


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui