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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
06.08.2014 Primo giorno di tregua e primo bilancio politico della guerra
Cronache e analisi di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «Via le truppe, la tregua tiene. E ora si cerca la pace in Egitto - Gaza, il primo giorno senza bombe - Razzi, tunnel, Iron Dome e tregue saltate. Così la guerra ha riscritto gli equilibri»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 06/08/2014, a pag. 10, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Via le truppe, la tregua tiene. E ora si cerca la pace in Egitto".
Dalla STAMPA, a pag. 4, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Gaza, il primo giorno senza bombe" e da pag. 5, a cura di Maurizio Molinari, una pagina di brevi schede informative dal titolo " Razzi, tunnel, Iron Dome e tregue saltate. Così la guerra ha riscritto gli equilibri"

Di seguito, gli articoli:


Soldato israeliano di ritorno da Gaza

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Via le truppe, la tregua tiene. E ora si cerca la pace in Egitto"


Fiamma Nirenstein

(Gerusalemme) Dopo 28 giorni di guerra crudele, di storie di eroismo e di distruzione, al 29esimo mattino il Medio Oriente ha iniziato la sua prima prova di pace. Soltanto una prova, perchè ancora le aspettative, i risultati, i dilemma sui vincitori e i vinti hanno solo il fragile segno positivo di qualche ora sulle 72 di tregua fissate; e soprattutto contano sul serio, professionale, tentativo del presidente Abdel Fattah al Sisi, al Cairo, di mettere insieme tutte le forze positive: l'Egitto, Israele e i palestinesi di Abu Mazen (non Hamas) sono le tre punte del triangolo che può per un po' riportare il silenzio in Medio Oriente, naturalmente con gli USA. Intanto, si prevede che dopo questa prima tregua si passi a una seconda e a una terza, prima di un accordo per ora lontano.
Solo nel pomeriggio, quando è sembrato che la tregua tenesse, Israele ha inviato la sua delegazione in Egitto. Ancora due minuti prima della tregua Hamas seguitava a bombardare fino a Gerusalemme. Ma già nella nottata, dopo l'esplosione del tunnel numero 32, l'ultimo obiettivo, i soldati hanno sgomberato lasciando alcuni presidi. Le foto mostrano il sollievo di tornare a casa dopo le battaglie, la paura, l'eroismo, mentre 64 compagni venivano uccisi; molte sono foto con la bandiera. Come ha detto il generale Sami Turgyman concludendo l'operazione, "è incredibile la dedizione che hanno dimostrato soldati di vent'anni per distruggere le armi e le gallerie".
Hamas va al Cairo chiedendo aiuto: ha alle spalle migliaia di case distrutte, la perdita di 1800 palestinesi, delle gallerie e di buona parte delle armi. Il lancio di migliaia di missili su Israele si è dimostrato inefficiente, l'economia è distrutta, la gente sfiduciata. Eppure il portavoce Sami Abu Zukri proclama la vittoria mentre avanza richieste di sopravvivenza.Hamas prima di tutto vorrebbe l'apertura del passaggio di Rafiah nell'idea, inaccettabile per Israele, di potere far entrare da là liberamente denaro e beni dal Qatar, armi, e malta per ricostruire le case ma anche le gallerie. Questo non va bene nè all'Egitto nè a Israele: Israele va al Cairo per garantirsi che Hamas venga disarmata e che gli aiuti siano controllati. E' interesse anche di Sisi e di Abu Mazen. L'Egitto non è qui solo il mallevadore, dovrebbe consentire l'uso di Rafiah restandone padrone: il controllore più accettabile per tutti è Abu Mazen il presidente dell'Autonomia Palestinese. Questo potre bbe preludere, secondo le speranze del fronte moderato, a un ruolo di Fatah a Gaza.
Intanto Gerusalemme è stata di nuovo colpita dal terrore. Un palestinese ha pugnalato una guardia all'ingresso del grande quartiere di Malee Adumim, uno dei maggiori insediamenti nei sobborghi della Capitale. E' ricoverato in serie condizioni. Ma la grande ondata di odio almeno al momento sembra spiaggiarsi. L'unica onda che ancora si deve alzare in tutta la sua consueta violenza è quella delle critiche nei confronti del governo israeliano. Netanyahu ha condotto la guerra con modesti obiettivi, deciso a non occupare Gaza, ritardando il più possibile l'ingresso di terra, accettando tutte le tregue. L'unità degli israeliani nel sostenere i soldati è stata totale. Ma adesso la destra, anche governativa, copre il Primo Ministro di critiche sostenendo che Hamas, sempre in possesso di un potere territoriale, presto sparerà di nuovo puntando alla distruzione di Israele. Ma Bibi può vantare l'arresto, tenuto segreto per tre settimane, dell'organizzatore del rapimento e omicidio dei tre studenti: si chiama Hassan Kawasmeh che avrebbe ricevuto aiuto e ordini da Gaza.

LA STAMPA - Maurizio Molinari:  " Gaza, il primo giorno senza bombe"


Maurizio Molinari


A Gaza la tregua tiene e al Cairo i mediatori egiziani tentano di renderla permanente. Il leader di Hamas, Ismail Hanyie, annuncia: «Abbiamo vinto». Ma Benjamin Netanyahu ha pronto il colpo di coda: «Abbiamo arrestato il mandante del sequestro dei tre ragazzi ebrei in Cisgiordania, ha confessato la matrice di Hamas».
Alle 8 di ieri mattina l’ultimo soldato israeliano di «Protective Edge» esce da Gaza.
Hamas lancia l’ultimo grappolo di razzi sul Sud. Inizia così il cessate il fuoco di 72 ore ottenuto dagli egiziani. Durante l’intera giornata entrambi i campi mandano segnali sul conflitto oramai alle spalle. Netanyahu ringrazia i «soldati eroi che hanno distrutto i tunnel del terrore» mentre a Gaza alcuni dei personaggi più in vista di Hamas iniziano a uscire dai bunker, si sentono al sicuro.

Negoziati al Cairo
La cornice è quella desiderata dai mediatori egiziani, che incontrano la delegazione inter-palestinese composta da Fatah, Hamas e Jihad islamica nelle stesse ore in cui arrivano da Israele alti funzionari del governo. «Avremo negoziati indiretti con gli israeliani» fa sapere Hamas. A guidare le danze sono gli egiziani, che mettono le mani avanti con Hamas: «Rinunciate alle richieste di un aeroporto, un corridoio per la Cisgiordania e la riapertura illimitata dei varchi». L’intento è far abbassare le attese, e portarle a coincidere con le posizioni di Israele. «Hamas può ottenere il ritorno a 12 miglia marine per la pesca e la liberazione di un gruppo di detenuti da Israele» fanno sapere fonti del Cairo, precisando che «conta il futuro ruolo di Abu Mazen». Gli egiziani vogliono sfruttare la tregua per avvicinare il più possibile le posizioni di Hamas e Israele, per poi rinnovare la tregua e avviare il dialogo indiretto.
Il grido di Haniyeh
Dopo 4 settimane di silenzio, il leder politico di Hamas esce dal bunker con un messaggio alla tv Al Aqsa: «Abbiamo vinto, il successo della resistenza e la leggendaria fermezza del nostro popolo ci condurranno alla rimozione dell’assedio a Gaza». Rivendica la vittoria sul campo e fa capire che la richiesta-chiave è la fine del blocco israelo-egiziano.
La zampata di Bibi
Tv e siti Internet israeliani recapitano in milioni di case le immagini dei soldati che escono da Gaza sorridendo, innalzando bandiere, abbracciati. Lo Stato ebraico vive la fine dell’operazione come un successo ma alleati ed avversari criticano Netanyahu per «gli scarsi risultati ottenuti». La replica arriva alle 20, quando Gerusalemme fa sapere di aver arrestato «il mandante del rapimento dei tre ragazzi ebrei uccisi in Cisgiordania». Si tratta di Hussam Kawasmeh, che ha ammesso di «essere stato finanziato da Hamas a Gaza» e aver poi guidato i due rapitori – ancora latitanti – «decidendo di seppellire i tre ragazzi in un mio terreno». Kawasmeh è stato arrestato tre settimane fa «mentre tentava di fuggire in Giordania.

Gli aiuti italiani
Gaza ha subito danni devastanti: quartieri distrutti, 450 mila evacuati, niente elettricità. La prima consegna di aiuti arriva dall’Italia: 4 camion con 33 tonnellate di medicinali, cibo e generatore questa mattina passano il confine di Keren Shalom. «Portiamo solidarietà e agiamo nel quadro degli sforzi dell’Ue» dice il viceministro Lapo Pistelli.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Razzi, tunnel, Iron Dome e tregue saltate. Così la guerra ha riscritto gli equilibri"


Hamas Resiste in battaglia ed esce dall'isolamento


Per 29 giorni Hamas ha subito gli attacchi israeliani da cielo, terra e mare ma è ancora in piedi: questo è il suo maggiore risultato. Il merito è della rete di tunnel e bunker costruiti negli anni sotto l’intera Striscia di Gaza con depositi di armi, mense, dormitori, motociclette, infermerie e centri di comando grazie ai quali ha potuto combattere dal sottosuolo contro le truppe di terra israeliane. I tunnel offensivi sono stati in gran parte distrutti da Israele, i razzi a lungo raggio sono stati abbattuti da Iron Dome e i droni dai Patriot ma la guerriglia stile-vietcong ha preso di sorpresa l’avversario, ottenendo un risultato tattico che va ben oltre i 63 soldati uccisi.
«Abbiamo indebolito la deterrenza di Israele» affermano i portavoce di Hamas sottolineando il successo di Mohammed Deif, il capo delle Brigate Qassam, in sedia a rotelle e senza un braccio, riuscito a guidare a distanza i combattimenti grazie a un sistema di comunicazione rivelatosi impermeabile all’alta tecnologia dell’avversario. Alcuni ufficiali israeliani usciti dalla Striscia affermano che Hamas «ha combattuto meglio di Hezbollah in Libano del Sud» nel 2006 perché i suoi combattenti «operavano a 360° gradi, entrando e uscendo in continuazione da bunker che conoscevano a menadito».
La conseguenza è la sopravvivenza politica di leader politici come Ismail Hanyeh, il cui prestigio ora è in crescita fra i palestinesi della West Bank ed anche in molte piazze del mondo arabo.
Se un mese fa Hamas appariva isolata e indebolita, ora ha riacquistato popolarità e forza. Ma si trova ad affrontare la sfida più difficile: il negoziato sul cessate il fuoco. Hamas vuole ottenere un risultato visibile sulla riduzione del blocco economico israelo-egiziano alla Striscia. L’interlocutore è l’Egitto, che però è intenzionato a favorire l’insediamento di Abu Mazen nella Striscia e anche a consegnare a lui - e non a Hamas - la torta della ricostruzione civile che vale centinaia di milioni di dollari. L’altro grattacapo di Hanyeh, Deif e Mashaal sono i funerali per i combattenti caduti: finora non ne hanno celebrato alcuno, per tenere il segreto sulle perdite, ma ora le famiglie li reclamano. Potrebbero far venire alla luce lo scontento popolare nei confronti della guerra.


Israele Cairo e Ryad. Netanyahu ha trovato nuovi 'amici'


L’operazione «Tzuk Eitan» ha inferto duri colpi a Hamas: distrutti 32 tunnel che arrivavano in Israele, eliminati oltre 80 comandanti militari e centinaia di uomini armati, dimezzato l’arsenale balistico, rase al ruolo dozzine di fabbriche di armi, basi di addestramento e rampe di lancio. A cui bisogna aggiungere il successo del sistema anti-balistico Iron Dome, riuscito a intercettare il 90 per cento dei razzi a corto a lungo raggio. Ma Hamas non è sconfitta nè tantomeno disarmata, i suoi leader politici e militari sono usciti indenni e anche i centri di comando e controllo sono sfuggiti alla caccia di droni e satelliti. Ciò significa che la «quiete nel Sud», obiettivo di Benjamin Netanyahu, resta in bilico così come l’intento di «disarmare» Hamas viene rinviato.
Se i risultati militari sono in chiaroscuro più visibile invece il successo politico ottenuto da Israele in Medio Oriente: l’intervento contro Hamas ha suggellato l’intesa di ferro con Egitto e Giordania, e consolidato i rapporti informali con uno schieramento senza precedenti composto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Kuwait. Sono Paesi che questa volta, a differenza del passato, hanno evitato attacchi duri a Israele durante il conflitto. Ciò che accomuna questa coalizione è l’opposizione all’Iran sciita e la convinzione che Hamas sia un tassello della strategia di Teheran di insediarsi, da Damasco a Baghdad, nel mondo sunnita. È una coalizione di alleati dell’America che non si sentono più protetti da Washington mentre Netanyahu, mandando le truppe di terra contro i «mercenari di Teheran», ha conquistato crediti e apprezzamento. I maggiori problemi politici per Israele vengono dall’Europa: l’Ue è in subbuglio e all’orizzonte c’è lo scenario di doversi difendere al Tribunale penale dell’Aja dall’accusa di aver commesso crimini di guerra a Gaza. E poi deve guardarsi alle spalle perché nella compagine di governo c’è maretta: l’ala destra della coalizione, con i ministri Avigdor Lieberman e Naftali Bennet, contestano al premier risultati troppo esigui contro Hamas mentre al centro la titolare della Giustizia, Tzipi Livni, percepisce l’esistenza di nuovi spazi politici e si spinge fino ad auspicare il «cambio di regime a Gaza» a favore di Abu Mazen.


Stati Uniti Passi falsi e cambi di rotta così gli americani hanno perso influenza

Il Segretario di Stato americano John Kerry ha tentato di cogliere a Gaza un risultato capace di far dimenticare il passo falso sui negoziati fra Israele e Autorità palestinese. È così entrato nella trattativa sul cessate il fuoco, scegliendo di far leva su Qatar e Turchia per avere un canale diretto con Hamas. Il risultato è stato di irritare l’alleato israeliano, che non ha gradito le bozze di tregua in cui era stato messo sullo stesso piano di Hamas, e di far infuriare gli egiziani, che hanno considerato l’apertura al Qatar una sorta di tradimento politico. Per non parlare di Riad, che ha visto nella mossa pro-Qatar di Kerry la riconferma del sospetto della svolta filo-Teheran di Obama. La cosa peggiore per Kerry è stata l’inefficacia del binario Qatar-Turchia perché Hamas, per cinque volte di seguito, ha violato le tregue umanitarie confezionate, con formule diverse, da Usa e Onu. Bersagliato da fughe di notizie, liti con gli alleati e perfino con le cimici nel cellulare, Kerry ha dato forfait abbandonando il binario del Qatar per tornare a Washington riconsegnando la palma dei negoziati agli egiziani. Il risultato è un ulteriore indebolimento dell’influenza americana nella regione.


Iran La regia di Theran dietro le armi balistiche usate dai miliziani


Durante i primi giorni di combattimenti Teheran ha avuto un profilo basso, che sul finale ha poi deciso di alzare rivendicando il merito di aver aiutato Hamas ad avere razzi più avanzati per colpire Israele. Gli Hezbollah hanno seguito un percorso analogo, passando dalle esitazioni iniziali all’aperto sostegno, con tanto di appello agli arabi ad «unirsi alla battaglia di Gaza».
A venire alla luce è stato così un doppio risultato dell’Iran. Primo: la Forza Al Quds ha avuto un ruolo-chiave nell’addestramento di Hamas e Jihad islamica alle nuove armi balistiche. Secondo: a dispetto dell’acredine frutto della guerra civile siriana, dove Hezbollah e Hamas sono su fronti opposti, Teheran è riuscita a mantenere stretti contatti con Ismail Hanyeh e Mohammed Deif. Ma non è tutto: Israele negli ultimi 12 anni ha intercettato due navi di armi iraniane per Gaza e ha attaccato più volte in Sudan i loro centri di smistamento verso il Sinai ma ciò non ha impedito a Teheran di far arrivare nella Striscia alcune delle armi più nuove, come i droni senza pilota armati di missili. Senza contare le voci secondo cui addestratori iraniani avrebbero affiancato Hamas durante i combattimenti.


Egitto La vittoria di Al Sisi: indebolisce Hamas e "conquista" la tregua


Il Presidente Al Sisi è il vero vincitore del conflitto di Gaza. Due i motivi. Sul fronte militare, l’intervento di Israele ha indebolito Hamas come lui desiderava perché considera i fondamentalisti palestinesi un avversario: alleati dei Fratelli Musulmani, registi dei gruppi jihadisti nel Sinai e coinvolti in operazioni contro le forze del Cairo. Sul fronte politico il successo sta nel fatto che il cessate il fuoco è arrivato con la proposta di tregua egiziana e non con quella, rivale, del Qatar. La sfida fra Il Cairo e Doha ha tenuto banco nelle ultime due settimane. Il Qatar ha tentato di sostituirsi all’Egitto come garante del cessate il fuoco a Gaza e Al Sisi ha respinto l’affondo. Nonostante l’America vedesse con favore il binario del Qatar. Se Al Sisi ha prevalso sul fronte diplomatico è anche perché il presidente palestinese Abu Mazen si è schierato con lui, dopo un incontro con il re saudita Abdullah. L’intento di Al Sisi ora è di resuscitare il governo di unità Fatah-Hamas per aprire ad Abu Mazen le porte di Gaza, affidando ai suoi uomini la gestione dei confini e dunque anche la riapertura dei valichi. Impedendo a Hamas di tornare a gestire i traffici di frontiera.

     

Turchia e Qatar. l'inedita coppia ha scombussolato gli equilibri regionali

Questo tandem è un nuovo attore sul palcoscenico del Medio Oriente. Sono gli Stati più favorevoli a Hamas e più ostili a Israele. Il Qatar ha giocatol acarta di Khaled Meshaal, capo di Hamas all’estero ospite aDoha,per entrarenel negoziato sul cessate il fuoco. E laTurchia di Erdogan ha tacciato Israele di «nazismo», spingendosi fino ad evocare Hitler, puntando su una retorica talmente ostile da spiccare nel mondo musulmano. Il Qatar voleva rompere l’isolamento arabo - dovuto al sostegno ai Fratelli Musulmani egiziani -mentre Erdogan guarda al voto presidenziale, convinto che la carta anti-Israele gli gioverà. In attesa di sapere se sono calcoli giusti, l’inedita coppia ha scombussolato gli equilibri regionali, facendo comprendere che nell’attuale Medio Oriente tutti possono provare a emergere.


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