Perché Hamas resiste ancora
di Mordechai Kedar
(traduzione dall'ebraico di Rochel Sylvestry, versione italiana di Yehudit Weisz)
La cultura di Hamas: "Chiedi la morte, ti verrà data la vita"
Ci sono sei fattori che distinguono Israele da Hamas e rivestono un ruolo chiave, oltre al coraggio e alle iniziative dell’IDF.
Prima che iniziasse l’operazione “Margine Protettivo”, un intero stuolo di cosiddetti “esperti” è apparso sui media israeliani per informarci sulle debolezze di Hamas: come i rifornimenti necessari alla sua sopravvivenza siano stati sospesi perché i tunnel di contrabbando dal Sinai sono stati chiusi, come Egitto e Arabia Saudita le si siano messi contro; come non sia in grado di pagare i salari, come voglia a tutti i costi mantenere lo Stato che ha creato sulla Striscia di Gaza, e così via.
Per tutti questi motivi, concludevano, la sua capacità di resistere è limitata e finchè avremo l’Iron Dome per proteggerci, i nostri centri di potere decisionale potranno agire con giudizio, usando la nostra forza militare, in particolare quella aerea, che è incommensuralmente più imponente di quella di Hamas. Anche il mondo è dalla nostra parte, ci dicevano, e, sorprendentemente, ci sostiene.
Ora, dopo quattro settimane di attacchi aerei e due settimane di operazione di terra - Gaza ha visto morire oltre 1200 dei suoi abitanti e i feriti sono 7000 - Hamas non ha capitolato, non ha alzato bandiera bianca, ma continua a lanciare i suoi razzi su Tel Aviv e nel Sud di Israele, e la popolazione di Gaza non si è ribellata. Provate a immaginare che cosa succederebbe al governo di Israele se una cosa simile , Dio non voglia, fosse accaduta qui. Improvvisamente ci si è resi conto che tutti quei “fattori di debolezza” attribuiti a Hamas - i tunnel di contrabbando che Sisi ha sigillato, l’Arabia Saudita, il denaro, lo Stato - non hanno avuto l’effetto che gli “esperti” avevano previsto sul Movimento. Forse Hamas non è proprio quell’Organizzazione che gli “esperti” ci avevano dipinto.
Purtroppo i nostri errori nascono dal fatto che si continua a guardare il nemico attraverso le lenti della nostra cultura occidentale: a noi servono soldi, un forte esercito, la protezione dal lancio di razzi, amici nella nostra regione e un consenso internazionale, e pensiamo che se tutto questo Hamas non ce l’ha, sarà debole come lo saremmo noi in mancanza di queste cose. Non esiste errore più clamoroso che questo modo di ragionare, perché Hamas è il prodotto di una cultura immensamente diversa, in cui i fattori di forza e di debolezza sono totalmente differenti dai nostri.
1. L’elemento spirituale
La differenza fondamentale che ci distingue profondamente, è che Hamas dipende da un potente attore che risiede nell'alto dei cieli, ovverosia Allah. La “raison d’être” dell’Organizzazione è un progetto il cui obiettivo finale è il Califfato Universale e Hamas punta tutte le sue attività per ottenere la vittoria della Jihad in nome di Allah. I combattenti di Hamas sono pieni di fervore e sulla bandana che portano in testa, c’è scritto “Shahada”, a testimoniare che non c’è altro dio al di fuori di Allah e che Maometto è il suo profeta.
I nostri soldati stanno combattendo valorosamente per proteggere la nostra nazione, il nostro popolo e la nostra terra, ognuno di loro è umano e tangibile, e se un comandante osasse scrivere loro una lettera facendo riferimenti alla religione, sarebbe attaccato dalla polizia del pensiero di Haaretz sarebbe diffamato per sempre con il messaggio ebraico che cercava di proporre .(Si allude al Generale di Brigata dell’IDF Winter, che aveva scritto ai suoi soldati una lettera d’incoraggiamento, usando espressioni bibliche relative alla lotta tra Davide e Golia, e che fu attaccato dai sostenitori della posizione anti-religiosa). Molti di noi si sono allontanati dalla fede e ne hanno cancellato il concetto dalla nostra esperienza culturale. Hamas invece continua a perseguire obiettivi spirituali e in questo senso ha un vantaggio.
2. Cultura e ethos
La nostra cultura considera sacri la vita, la salute, l’educazione, il progresso e il successo economico, scientifico e civile. La morte è la negazione di tutto questo e quindi, ovviamente, cerchiamo di impedire che essa si avventi sulle nostre vite e anche su quelle dei nostri nemici. Al contrario, le organizzazioni terroristiche nella nostra regione santificano la morte nel nome di Allah, e persino le madri esultano quando i loro figli vanno a morire.
Questa differenza spiega il fatto che gli oltre 1200 morti non inducono Hamas a chiedere un “cessate il fuoco”. Fino a quando i morti saranno chiamati “shahid”, essi saranno considerati non morti, così come dice il Corano: “Non pensate che coloro che sono stati uccisi per Allah siano morti; loro sono vivi e sono nutriti dalla mano di Allah” (Cap. 3, v.69).
I terroristi di Hamas sono orgogliosi del loro slogan, che usano molto spesso: “Gli ebrei desiderano la vita e noi desideriamo la morte”.
Questo è il motivo per cui loro utilizzano scudi umani, perché anche se questi “scudi” vengono uccisi, non sono considerati veramente morti, quindi la loro morte non è vista come qualcosa di brutto. In generale, in Medio Oriente non esiste una linea di separazione tra civili e combattenti, chiunque può essere considerato “il nemico”.
3. L’ atteggiamento nei confronti dei media
In tempo di guerra i media svolgono un ruolo di fondamentale importanza, poichè hanno un’influenza diretta sul pubblico a livello mondiale e determinano l’opinione pubblica in merito alle operazioni militari.
L’opinione pubblica a sua volta ha un’influenza immediata sui politici, che cercano di agire conformemente alle inclinazioni dei loro elettori. Israele rispetta l'etica dell'informazione e limita le sue comunicazioni ai media, evitando di mostrare corpi, parti di essi o altri orrori che possano terrorizzare gli spettatori. Hamas invece, non si preoccupa di turbare violentemente con orribili immagini di morti e feriti, e fornisce foto destinate a suscitare partecipazione e solidarietà nel pubblico.
4. Limitazioni legali
Israele è un Paese che si fonda sul diritto, limita le sue azioni militari secondo i vincoli della legge internazionale. I soldati e gli ufficiali possono ritrovarsi di fronte a un tribunale israeliano o internazionale. Hamas non è uno Stato, non deve agire come tale e non deve limitare le sue azioni secondo regole accettate dello stato di guerra.
Esempio ovvio: Israele cerca di evitare danni ai civili non coinvolti mentre Hamas lancia intenzionalmente razzi mortali verso le aree più densamente popolate di Israele.
5. Appoggio internazionale
Abbiamo sentito dire dall’inizio delle ostilità, che “ il mondo ci capisce” e che perciò appoggia le nostre azioni. Tuttavia, si tratta di un supporto molto fragile, che vacilla molto facilmente se un razzo – anche se di Hamas – colpisce una scuola.
Il cambiamento nella posizione americana è una grande ricompensa per la risolutezza di Hamas: persino il Presidente degli USA ha fatto sue le condizioni dell'Organizzazione per il cessate il fuoco, prima tra tutte quella della rimozione del blocco navale di Gaza, sebbene all’inizio dell’operazione appoggiasse Israele e il suo diritto a difendersi.
Hamas gode il supporto esterno illimitato e incondizionato del Qatar e della Turchia. Nonostante le perdite e la distruzione a Gaza, questi due Paesi faranno affluire materie prime e aiuti finanziari a Gaza - materiali da costruzione inclusi - che daranno a Hamas la possibilità di ricostruire l’Organizzazione, il suo arsenale di armi e di razzi, reclutare nuovi soldati, istruirli ed equipaggiarli per scavare nuovi tunnel in modo da penetrare in Israele e seminare morte.
6. Consenso interno
In Israele all’inizio dell’operazione di terra che aveva lo scopo di distruggere i tunnel che Hamas aveva costruito per colpire obiettivi civili, c’era un consenso unanime. Man mano che il numero delle perdite aumenta, il supporto cala alquanto ed emergono critiche che all’inizio erano quasi inesistenti. Hamas non ha critici all’interno, poichè tutti coloro che hanno vissuto a Gaza nei sette anni durante i quali ha governato l’area, sanno bene cosa succede a coloro che osano criticare Hamas.
Per concludere, queste sei differenze danno origine a una realtà di guerra asimmetrica. Noi diremo che abbiamo vinto, ma Hamas dirà lo stesso. Anche se la maggior parte della gente fosse morta o fatta prigioniera, tutte le armi confiscate e tutti i tunnel fatti saltare, i leader dell’Organizzazione usciranno dai loro rifugi sotterranei indossando fasciature inzuppate di sangue, saliranno sulle macerie di una casa e alzeranno le loro dita a “V” in segno di saluto.
Noi potremo infuriarci, trovarlo delirante, strano e grottesco, ma loro sanno la verità: entro un anno al massimo, avranno arruolato e addestrate migliaia di persone, in tre anni si saranno riarmati e avranno rifornito completamente il loro arsenale di razzi e di missili; per questo si vedono vincitori.
Un capo di Hamas percepisce che il futuro gli appartiene, perché sta combattendo la battaglia di Allah e Allah è venuto in suo aiuto. Non ha paura di morire e la vita dei cittadini non conta nulla er lui. Sfrutta cinicamente a suo vantaggio le leggi internazione e nazionali, manipola l’opinione mondiale con la condiscendenza dei media.
I leader di Hamas hanno un nuovo obiettivo, che è quello di far continuare la guerra più di 33 giorni, che è il numero dei giorni della guerra del Libano. Si vuole dimostrare che possono resistere più di Hezbollah. Questo fa parte della rivalità tra sunniti (Hamas ) e sciiti ( Hezbollah ) giocata sullo sfondo della guerra in Siria. La concorrenza spiega anche il fatto che Hezbollah non abbia lanciato razzi dal Nord. Non ha alcun desiderio di aiutare Hamas, che non è andata in aiuto di Assad contro le forze ribelli siriane. E’ difficile prevedere questa frattura tra le due organizzazioni durerà.
Questa è la situazione a Gaza e queste sono le cause che l’hanno creata. Speriamo in bene
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com