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Informazione Corretta Rassegna Stampa
30.07.2014 Vecchio e nuovo antisemitismo
Analisi di David Meghnagi

Testata: Informazione Corretta
Data: 30 luglio 2014
Pagina: 1
Autore: David Meghnagi
Titolo: «Vecchio e nuovo antisemitismo»

Vecchio e nuovo antisemitismo
di David Meghnagi

 Oggigiorno l’Europa è completamente diversa, oggi è piena di europei, da un muro all’altro. Fra parentesi, anche le scritte, sui muri, sono cambiate completamente: quando mio papà era ragazzo a Vilna, stava scritto su ogni muro d’Europa: “Giudei, andatevene a casa, in Palestina”. Passarono cinquant’anni e mio padre tornò per un viaggio in Europa, dove i muri gli urlavano addosso: “Ebrei, uscite dalla Palestina”. (Amos Oz,  Storia di amore e di tenebra).


Rappresentazione del mito dell' "omicidio rituale" ebraico

Per secoli l’antigiudaismo cristiano ha fatto degli ebrei la personificazione delle proiezioni aggressive collegate all'immagine di un bambino interno morto deificato. Che tale dialettica dei simboli potesse trovare posto nell’opposta imma¬gine che la festività della Pasqua ebraica e quella cristiana si erano storicmente date, è un altro aspetto del problema. Nel racconto biblico i primogeniti ebrei sono risparmiati. Al loro posto muoiono i primogeniti egiziani. È questa la risposta divina al decreto del faraone di uccidere tutti i bambini ebrei.
Il racconto della morte dei primogeniti egiziani è rimasto solo un mito, un evento che la tradizione ebraica ha risignificato simbolicamente mediante una complessa drammatizzazione liturgica, di cui il digiuno dei primogeniti ebrei nel giorno della vigilia di Pesach è un importante elemento. 


Immagine della "sinagoga bendata"

Nel cristianesimo, per una serie di ragioni storiche e culturali, è avvenuto il contrario.  Il mito ha invaso la realtà, o meglio la realtà è stata inflazionata dal mito. L'immagine di un Dio che muore per redimere l'umanità intera non è rimasta tale. Nel delirio gli ebrei erano diventati tutti colpevoli. Poco importa se la vicenda umana di Gesù si consumò tutta all’interno del Giudaismo e in opposizione al dominio di Roma. La presunta colpa non era di questo o quel settore interno alla società dell’epoca, ma di tutti gli ebrei e per ogni epoca, una colpa collettiva trasmessa attraverso le generazioni per il solo fatto di restare ebrei. Nel cristianesimo gli ebrei cessavano in via teorica di essere colpevoli se si convertivano.  Il rapporto che il cristianesimo intratterrà con l’ebraismo sarà di una complessità unica. Indeboliti, oppressi, umiliati e disprezzati gli ebrei dovevano con la loro ed esistenza umiliata suggellare il trionfo della nuova fede sulla vecchia. Gli ebrei erano incolpati se restavano ebrei, ma allo stesso tempo non si spingeva la persecuzione sino alla distruzione, se non in casi particolari che rappresentano una variabile impazzita della logica ufficialmente adottata dalla Chiesa. A differenza dei pagani che erano sterminati, gli ebrei dovevano vivere isolati e umiliati, per rafforzare nell'immaginario collettivo il trionfo della nuova elezione sulla vecchia. L'immagine della donna bendata (la Sinagoga) faceva da contraltare alla donna (la Chiesa), che avanza trionfante e vede perché possiede la verità. Chi ha modellato questa coreografia rituale e religiosa, è stato giocato dal suo inconscio. Tiresia vedeva più a fondo perché era cieco. 
Col razzismo moderno si è compiuta una svolta radicale. Nel delirio nazista, gli ebrei erano “colpevoli” per il solo fatto di esistere.  Democrazia e liberalismo, socialismo e libertà,  erano da considerarsi come il risultato di un’aberrante “contaminazione” ebraica dello spirito “ariano”. Anche la Chiesa e il cristianesimo erano da considerarsi tali e dovevano essere col tempo “nazificati”. Il fatto stesso che nel criterio per definire chi fosse ebreo i nazisti si rifacessero all’identità religiosa dei genitori e dei nonni, è la dimostrazione concreta della filiazione religiosa della più inquietante pratica omicida del ventesimo secolo (l’aberrante discussione sugli ebrei per metà o per tre quarti lo dimostra ampiamente). L’anello di congiunzione tra queste due forme di ostilità antiebraica è costituito dal culto della limpieza de sangre che si affermò nella Spagna della Riconquista, con la conseguente decisione di vietare la presenza dei cristiani di origine ebraica nella Compagnia di Gesù fino alla quinta generazione.
Nella teologia cristiana preconciliare gli ebrei erano colpevoli per aver ucciso il Bambino Dio. Sulla scena storica avveniva il contrario. Gli accusati, falsamente, erano le vittime prescelte. A ogni Pasqua dall’anno mille gli ebrei hanno dovuto confrontarsi per secoli con la falsa accusa di assassinare ritualmente i bambini cristiani per preparare il pane azzimo della Pasqua.  Quasi che l'intera civiltà cristiana si fosse identificata nel suo delirio paranoico con i figli dell'antico Egitto. Solo che lì era un mito, mentre nella storia del cristianesimo si è trattato di una pratica reale, di un'azione di uomini organizzati contro comunità indifese, non di una fantasia edipica proiettata sul divino, propria di ogni religione. Abbandonata dalla Chiesa, questa falsa credenza è stata ripresa e “religiosamente” adattata in ambito islamico.  
Nel mito cristiano della salvezza era presente anche un'altra possibile lettura, più profonda. Il peccato per il quale il “Figlio di Dio” si era fatto uomo, sacrificandosi, riguardava l’umanità nel suo insieme. Pertanto la responsabilità della morte del “Figlio di Dio”, riguardava indistintamente tutti gli esseri umani. Non è stata questa purtroppo la lettura che ha prevalso nella pratica. Almeno sino al Concilio Vaticano secondo, era la violenza delle maledizioni contenute in certi passi dei Vangeli e dei primi Padri della Chiesa a fare testo nella prassi quotidiana dell'insegnamento e in certi passi della liturgia, in seguito aboliti.
Lo scontro tra opposte fazioni del giudaismo antico per un curioso gioco di spostamenti è diventato il perno su cui la Chiesa dei non ebrei aveva ritenuto di poter affermare la sua incerta identità, una sorta di rivolta contro le origini cui si è accompagnato nel corso dei secoli un intollerabile sentimento di  colpa persecutorio che poneva un limite alle persecuzioni quando oltrepassavano un certo limite. Nel Contra Faustum, Agostino non rinunciò a leggere il racconto biblico del primo fratricidio umano di Caino contro Abele nei termini di una parabola prefigurante della vicenda che in seguito sarebbe stata descritta nei Vangeli. In quest’ottica gli ebrei erano già in partenza da considerarsi “Caino” e perciò stesso “maledetti” dalla Chiesa. Sotto nuove spoglie, aspetti non secondari dell'antigiudaismo gnostico e del marcionismo hanno trovato una loro legittimazione nella contrapposizione ideologica tra il "vecchio" e il “nuovo” testamento, tra il Dio “vendicativo” degli ebrei e quello “buono” dei cristiani.
La proiezione dell’ostilità contro l’ebraismo è stata tale che la revisione dell'insegnamento cristiano aveva potuto avere inizio soltanto dopo lo sterminio di un milione di bambini ebrei nel cuore dell’Europa cristiana. C’è da rabbrividire al solo pensiero: nell'inconscio cristiano il riscatto dall'immagine opprimente di un bambino interno morto, ha avuto come prezzo la morte reale di un milione di bambini.
Sono morti un milione e mezzo di bambini perché‚ un'intera tradizione culturale entrasse in  contatto col suo delirio (il pastore evangelico Pfister, amico e allievo di Freud, non esitò a parlare di un “malattia storica” del cristianesimo). È un fatto angosciante che dovrebbe far riflettere sugli aspetti persecutori inconsci, sulle scissioni psichiche interne cui è andato incontro nel corso degli ultimi sessant’anni il processo di revisione dell’atteggiamento verso gli ebrei, in concomitanza con i nodi politici irrisolti rappresentati dal conflitto arabo israeliano.
Tra i contraccolpi che hanno investito negli anni Settanta e Ottanta la cultura di sinistra, in particolare la sinistra estrema, vi sono stati lo spostamento di ostilità e la sua polarizzazione ideologica contro gli ebrei in quanto nazione e stato. In questa logica perversa, non è più l’ebreo singolo e diasporico a costituire un elemento di scandalo, ma l’immagine di uno Stato ebraico sul quale dirottare l’antica ostilità contro gli ebrei. In un gioco perverso di sdoppiamenti, gli ebrei morti nella Shoah sono santificati, quelli vivi che hanno faticosamente ricostruito le loro esistenze spezzate, diventando nazione, sono accusati di avere rovescato su altri i torti che hanno subito i loro padri.
Le immagini negative che per secoli erano state rovesciate sugli ebrei, sono state trasferite sul loro “Stato”, demonizzato e giudicato secondo standard morali e politici che non si applicano a nessun altro Stato.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito nelle principali capitali europee a imponenti manifestazioni “propalestinesi” in cui è tornato a riecheggiare un grido lugubre di “morte agli ebrei”, che avremmo sperato l’Europa avesse messo per sempre dietro alle spalle. Molti negozi di ebrei romani sono stati segnati con svastiche.  


L' "accusa del sangue" ricompare nel mondo islamico

 All’epoca dell’Affaire Dreyfus, i socialisti francesi ed europei ci misero un po’ a capire che la campagna d’odio scatenata dalla destra contro gli ebrei, non era “un affare interno” ala borghesia francese, e che erano in gioco le sorti della Repubblica e delle sue conquiste etiche e giuridiche. Speriamo di non dovere attendere oltre, di fronte alla deriva di un antisemitismo “nuovo” di matrice islamista e antisionista, che mette  pericolosamente in discussione l’esistenza di Israele e mina alle basi i fondamenti su cui poggia il patto di convivenza civile in Europa.


David Meghnagi


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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