Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Continua la campagna di Israele contro Hamas Cronache di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 30 luglio 2014 Pagina: 8 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Bombe su Gaza, è il giorno più nero - Quando per demolire il regime si colpiscono i simboli del potere»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/07/2014, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Bombe su Gaza, è il giorno più nero ", e a pag. 9, sempre di Maurizio Molinari, l'articolo dal titolo " Quando per demolire il regime si colpiscono i simboli del potere"
Di seguito, gli articoli:
Il ritratto di Ismail Haniyeh (capo politico di Hamas) tra le macerie della sua casa
LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Bombe su Gaza, è il giorno più nero "
Maurizio Molinari
Oltre cento palestinesi sono morti a seguito dell’intensificazione degli attacchi israeliani contro Hamas nella Striscia di Gaza e l’incendio scaturito nella centrale elettrica ha lasciato al buio gran parte degli oltre 1,7 milioni di abitanti. I raid israeliani si concentrano sulle aree di Bayt Lahia, Beit Hanun, Sayaiya e Khan Yunis ma forti esplosioni sono avvenute anche al centro di Gaza. Il ritmo degli attacchi è incessante, durante la notte alcuni quartieri sono illuminati a giorno dal bagliore delle esplosioni. Peter Lerner, portavoce dell’esercito israeliano, parla di «un graduale aumento della pressione su Hamas» a seguito della decisione presa dal governo Netanyahu di «estendere le operazioni» per arrivare a neutralizzare razzi e tunnel. Per i portavoce del ministero della Sanità il bilancio, ancora parziale, è di almeno «cento vittime civili» in quella che si rivela la giornata con il maggior numero di morti dall’inizio del conflitto con Israele. Per la «Bbc» fra le vittime vi sarebbero anche dipendenti dell’Onu. L’intera Striscia inoltre è senza elettricità da ieri mattina quando il proiettile di un tank israeliano, secondo fonti locali, ha colpito i depositi di carburante dell’unica centrale elettrica della Striscia. Israele non conferma la paternità dell’attacco alla centrale ma le conseguenze per gli abitanti sono significative perché senza elettricità manca anche l’acqua, e il sistema delle fognature è paralizzato. Solo chi ha generatori autonomi, come i maggiori alberghi, continua ad avere luce elettrica. Sul fronte delle operazioni militari, Hamas ha tentato un’infiltrazione nel Negev Occidentale attraverso un tunnel sotterraneo che iniziava a Khuza, nel Sud della Striscia. Il commando è stato intercettato dalle truppe scelte «Givati» e cinque uomini di Hamas sono morti. La reazione è stato il lancio di razzi verso Tel Aviv e Gerusalemme. Ad esprimere sostegno per Hamas è Ali Khamenei, Guida Suprema della rivoluzione iraniana, che da Teheran ha chiesto ai Paesi musulmani di «armare i palestinesi» per consentirgli di «combattere contro un cane rabbioso che sta commettendo un genocidio». Le novità diplomatiche vengono invece da Ramallah, dove Yasser Aded Rabbo, membro del comitato esecutivo dell’Olp, parla di «volontà di tutte le fazioni palestinesi di dichiarare una tregua umanitaria» fino ad un massimo di 72 ore. Hamas precisa di «non aver accettato un progetto di tregua» ma Il Cairo fa sapere di aver invitato delegazioni di Hamas, Jihad islamica e Autorità nazionale palestinese per colloqui tesi a «trovare un’intesa sul cessate il fuoco». Tornando ad assegnare all’Egitto un ruolo centrale nei tentativi per porre fine al conflitto.
LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Quando per demolire il regime si colpiscono i simboli del potere"
La casa di Ismail Haniyeh trasformata in cumulo di macerie, lo studio televisivo di Al Aqsa polverizzato e il ministero delle Finanze ingoiato da una voragine sul terreno: Israele demolisce i simboli del potere di Hamas a Gaza per diffondere nella Striscia la convinzione che si tratta di un regime in dissoluzione. Nelle notte in cui l’esercito israeliano colpisce più intensamente Gaza, l’obiettivo è Sheikh Radwan, il quartiere del potere di Hamas, l’unico nell’intera Striscia che ha una parvenza di città mediterranea con villette a più piani, piccole via alberate, moschee ben curate e palazzi con cortili interni. Ironia della sorte vuole che furono gli israeliani a realizzarlo all’inizio degli Anni 70, attorno al santuario sufi di Radwan ibn Raslan, nel tentativo di far uscire la gente dai campi profughi andando incontro alle ire dell’Olp e dell’Unrwa (l’Agenzia Onu per i rifugiati) che denunciarono i «trasferimenti forzati». Se Hamas ne ha fatto la propria cittadella è perché è ben delimitato - fra Shati, Rimal e Jabalia - contiene edifici in muratura con migliori strutture e servizi, e ha un forte valore emotivo perché fu la culla dell’Intifada, che partì proprio da Gaza nel novembre 1987. Non a caso è nel cimitero di Sheikh Radwan che i leader di Hamas uccisi dagli israeliani vengono sepolti: da Ahmed Yassin ad Abdel Aziz al-Rantissi. È questa idea di roccaforte di Hamas l’obiettivo del pesante bombardamento, da cielo e terra, che investe i palazzi di Hamas. «Tutto è iniziato con i missili di avvertimento dei droni - racconta Ahmed, una della guardie della casa di Hanyeh - in genere ne lanciano uno, in questo caso sono stati tre, in rapida successione e poi è arrivata la bomba pesante». Un ordigno da mezza tonnellata che ha fatto implodere la palazzina di quattro piani del leader politico di Hamas, trasformandola in un cumulo di macerie, limitando i danni a quelle adiacenti. Abdel Salam, figlio di Haniyeh, parla di una «doppia esplosione a cui abbiamo assistito da lontano perché nessuno da tempo vi abitava più». Ma l’intento del generale Benny Gantz, capo di stato maggiore, in questo caso non era eliminare il nemico bensì demolirne il prestigio e la credibilità in un angolo di mondo dove le costruzioni attestano la forza che si possiede. Fu questo il motivo per cui nel 2002 l’allora premier Ariel Sharon ordinò l’assedio e la demolizione della Muqata di Yasser Arafat a Ramallah, lasciando al Raiss palestinese solo un’unica stanza nella quale i soldati scavarono anche un buco nel muro da dove potevano vederlo a occhio nudo. Sharon allora riuscì a demolire la credibilità del potere di Arafat, stroncando alla radice la Seconda Intifada, così come ora il successore Benjamin Netanyahu tenta di fare con Hamas, trasmettendo ai seguaci come ai civili della Striscia, il messaggio che il regime di Haniyeh è finito: può anche arroccarsi nel sottosuolo ma sulla superficie terrestre non c’è più. La risposta di Hamas è nelle due bandiere palestinesi issate sulle macerie, con appoggiato in terra un ritratto del leader con la kefiah, per attestare la volontà di resistere. Ma è difficile nascondere l’entità delle altre demolizioni di Sheikh Radwan: il palazzo della tv Al Aqsa, voce ufficiale di Hamas, è stato demolito da più ordigni che lo hanno sventrato precipitando lo studio in una voragine di cenere, macerie e liquami fuoriusciti dalle fognature. A breve distanza stessa sorte per la sede della radio di Al Aqsa, con le grandi antenne trasformate in groviglio di metallo. «Ma Al Aqsa tv trasmette ancora» grida uno dei guardiani, dando le spalle all’area dove a essere inghiottita dal terreno è la sede del ministero della Finanze, forziere di Hamas. Ciò che colpisce è il silenzio di rabbia che accomuna gran parte degli uomini della sicurezza di Hamas, incaricati ora di sorvegliare le macerie con lo stesso rigore con cui prima custodivano edifici in gran parte vuoti.
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