Le omissioni e i 'buoni consigli' di Ban Ki-moon; l'immagine di Israele; Oron Shaul. 'disperso'
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Nelle pagine di IC i lettori troveranno puntuali tutti gli aggiornamenti sul conflitto Israele-Hamas. In questa lettera vorrei invece sottolineare alcuni aspetti che ritengo particolarmente significativi per quanto riguarda l’immagine dello Stato ebraico in relazione agli avvenimenti in corso.
La conferenza stampa di Ban Ki-moon
1. Ieri c’è stata la Conferenza Stampa tra Ban Ki-moon e Benjamin Netanyhau, ne scrivono oggi tutti i giornali. C’è però una omissione che va segnalata, nel pur migliorato atteggiamento del Segretario Generale dell’Onu: nel suo intervento non ha mai pronunciato il nome di Hamas. Ma è possibile discutere di tregua, cessate il fuoco, senza nominare l’organizzazione terrorista che ha dato inizio alla guerra ? Come può prefigurare due stati per due popoli, quando il governo di quello palestinese è formato da una componente terrorista ? In più, Abu Mazen è talmente tranquillo sulle intenzione del suo partner di governo, che ha trasferito la propria famiglia da Ramallah ad Amman, in Giordania, vista l’ostilità nei suoi confronti degli abitanti della Cisgiordania che lo accusano di arrendevolezza nei confronti di Israele. Bene ha fatto Netanyahu a ricordare a Ban Ki-moon i termini reali del conflitto.
(A questo link è possibile vedere il video della conferenza stampa: https://www.youtube.com/watch?v=qG-abT0lYYM )
Ban Ki-moon e John Kerry
2. Ban Ki-moon e John Kerry insistono, la violenza deve cessare. Vero, ma in questa regione assistiamo da troppi anni alle repliche della stessa tragedia. Israele deve guardarsi dall’accettare consigli che non farebbero altro che rinviare la vera soluzione: la demilitarizzazione della Striscia, non importa quale potere la governi. Sono in grado gli elargitori di buoni consigli a ottenere quella che qualunque persone di buon senso – e onesta- giudicherebbe ovvia ? Nella risposta a questa domanda sarà contenuta la scelta di Israele.
Funerale di Max Steinberg, Brigata Golani
3. Domenica scorsa sono stati uccisi 6 soldati della Brigata Golani a Gaza, ma nel carro armato colpito erano in 7, mancava infatti il sergente Oron Shaul, di vent’anni, classificato “missing”, disperso. Questo avvalora le dichiarazioni di Hamas, che aveva annunciato lunedì il rapimento di un soldato israeliano, esibendo la foto del documento di identità e il numero di matricola. Il fatto di non avere diffuso un video, avvalora la possibilità che di Oron Shaul sia stato rapito il cadavere. La strage dei soldati ha riaperto la polemica sulla sicurezza dei carri armati israeliani, un tema che avrebbe già dovuto essere stato affrontato e risolto.
Il pianto della figlia di Hassan Baker
4. Hasbarà, ovvero il nome che qualifica l’informazione su Israele a livello internazionale, recentemente modificato in Public Diplomacy, un escamotage che non risolto il problema di come migliorarla. E’ vero che Israele non confonde informazione con propaganda, come è vero che da parte dei suoi nemici il concetto di informazione si identifica con quello di propaganda, ma è doppiamente vero che Israele non ne valuta in modo sufficiente le conseguenze. Israele piange i suoi caduti, ma le immagini che vediamo non hanno nulla di propagandistico, vediamo le lacrime dei famigliari, le foto dei soldati che vengono diffuse dai canali televisivi, che commuovono chi le guarda, senza suscitare voglie di vendetta o azioni estreme contro chi ucciso il loro famigliare. Gli israeliani discutono semmai se tregua o cessate il fuoco siano da attuare adesso o se prima non meglio distruggere tutti i tunnel dai quali partono razzi, munizioni e terroristi contro Israele. Diversa è la tecnica usata da Hamas e dai terroristi in generale. Stamattina sul New York Times International, come dire il giornale in lingua inglese più diffuso nel mondo, campeggia una foto in bianco e nero della figlia di Hasan Baker, del quale non si danno ulteriori notizie, che piange disperata al funerale del padre. Dietro a quella foto c’è un fotografo estremamente abile, chissà quante ne avrà scattate prime di scegliere quella avrebbe sicuramente colpito e condizionato il giudizio dei lettori. Israele sembra invece non tenere in gran conto il potere delle immagini, nasconde i propri morti con dignità e rispetto, tutto vero, ma non è con la dignità e il rispetto che si comunicano le proprie ragioni. O, almeno, non solo con quelle.
Angelo Pezzana