Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/07/2014, a pag. 3, l' editoriale dal titolo "La tregua che non c'era"
Gli egiziani hanno infine deciso di intervenire nel conflitto israelo-palestinese a Gaza, dopo aver tentennato a lungo, e per gli israeliani questa era una buona notizia. Tre anni di incertezze, di relazioni disastrate tra il Cairo e Gerusalemme, e poi l’annuncio di un cessate il fuoco proposto dallo storico mediatore – con la faccia nuova del presidente Sisi: Israele ha accettato la tregua, e ha aspettato. Il premier, Benjamin Netanyahu, ha trattenuto i falchi del suo governo (no, non è lui il falco: ieri sera un viceministro alla Difesa se n’è andato perché non accetta più “l’approccio di sinistra” del premier), ha aspettato che Hamas facesse una dichiarazione, e ha anche accettato che cadessero alcuni razzi, capita sempre così, prima dei cessate il fuoco, il gruppo palestinese vuole avere “l’ultima parola”.
Poi il lancio di razzi s’è intensificato, l’ala radicale di Hamas, che per prima ha parlato rifiutando una tregua i cui dettagli ha conosciuto soltanto dai media (“sarebbe una resa”), è rimasta l’unica voce che s’è alzata da Gaza e così l’aviazione di Tsahal ha ricominciato a bombardare. Un uomo israeliano è stato colpito e ucciso dall’esplosione di un razzo, la prima vittima del conflitto contro i quasi 200 morti (secondo fonti palestinesi) a Gaza, e così è ricominciato il dibattito sulle sproporzioni, Hamas lancia razzi e non fa male a nessuno (ora la colpa di Israele è anche che sa difendersi) e Tsahal invece fa stragi. Lo schema lo conosciamo, è lo stesso per cui circolano fotografie per lo più taroccate di morti palestinesi ed è il motivo per cui Israele accetta la tregua e Hamas no, ma la colpa è comunque di Israele. Manca il tassello americano, questa volta, così fumoso da non sapere più se augurarsi l’arrivo di Kerry nella regione, oppure no.
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