Vittime civili: negare la responsabilità di Hamas per demonizzare Israele rassegna di critiche
Testata:Il Fatto Quotidiano - L'Unità - Il Manifesto Autore: Kim Sengupta - Marco Mongiello - Michele Giorgio Titolo: «Quelle bombe e il silenzio degli innocenti - non vuole la pace, la sua non è autodifesa -Missili che abbattono altri missili: la paura della pace dell'industria militare di Tel Aviv»
Riportiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 14/07/2014, a pag. 11, l'articolo di Kim Sengupta, ripreso da The Indipendent, dal titolo "Quelle bombe e il silenzio degli innocenti".
L'articolo presenta come "tesi degli israeliani" fatti accertati: che Israele avverta la popolazione prima dei bombardamenti e che Hamas faccia uso di scudi umani. Accompagna il testo una fotografia (non riproducibile) che, unita alla descrizione decontestualizzata di bambini feriti e uccisi nei bombardamenti, sortisce l'effetto di demonizzare Israele: un manifestante in Cile regge un cartello nel quale la bandiera israeliana ha la svastica al posto della Stella di Davide ed è macchiata di sangue. Per un'informazione completa e obbiettiva sul contesto nel quale si producono le vittime civili palestinesi e su chi ne sia davvero reponsabile (Hamas) si vedano, dalla rassegna di IC di oggi, gli articoli diFiamma Nirenstein e Carlo Panella:
Segnaliamo inoltre sull'UNITA', a pag. 8, l'intervista di Marco Mongiello a Daniel Levy, ex consigliere dell'ex premier israeliano Ehud Barak e analista dell'European Council on Foreign Relations, dal titolo "Netanyahu non vuole la pace, la sua non è autodifesa". Le tesi di Levy, che Netanyahu abbia sfruttato il rapimento dei tre ragazzi israeliani per colpire il governo unitario Fatah-Hamas, il quale avrebbe potuto favorire la pace, in Israele non è sostenuta nemmeno da Haaretz. Mongiello, evidentemente, ha dovuto cercare con il lanternino l'analista disposto ad accreditarla. Ci voleva tale Daniel Levy per accontentarlo. Dal MANIFESTO, a pagg . 8-9 , segnaliamo l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Missili che abbattono altri missili: la paura della pace dell'industria militare di Tel Aviv". Il corrispondente del quotidiano comunista oltre ad accusare Tsahal di aver compiuto una intenzionale strage di rappresaglia, "anche se nessuno potrà mai provarla", e l'industria militare israeliana di volere, per realizzare profitti, la prosecuzione della guerra (come se il continuo lancio di razzi da parte di Hamas non fosse una spiegazione sufficiente), sostiene che il sistema missilistico Iron Dome non avrebbe fermato un solo missile lanciato da Gaza. In realtà, è grazie a Iron Dome che in Israele, finora, non vi sono state vittime. Forse il sostenitore della "resistenza" palestinese. Giorgio sperava il contrario ? Su Iron Dome, si veda l'articolo di Stefano Magni nella rassegna di oggi:
"Era il centro della nostra vita, era per noi la cosa più preziosa del mondo; l'avevamo attesa così a lungo! Ora non sappiamo se si risveglierà; non sappiamo cosa le è accaduto". Alla al-Masri nasconde il viso tra le mani come non riuscisse più a sopportare la vista della figlia di nove anni che soffre in un letto di ospedale. Alla e sua moglie Hanan hanno avuto la bambina dopo molti anni di attesa e molte cure. Mariam era figlia unica e i genitori le dicevano sempre di non allontanarsi per via dei pericoli. "Nostra figlia stava giocando in giardino quando è acceduto. Gli israeliani hanno bombardato una casa dall'altra parte della strada, ma purtroppo una scheggia ha colpito mia figlia. Era distesa in una pozza di sangue, colpita alla testa: abbiamo molta paura", dice il signor Marsi. Mariam è solo uno dei tantissimi bambini uccisi o gravemente feriti da quando ha avuto inizio l'operazione "Protective Edge" decisa da Netanyahu. Secondo le autorità sanitarie palestinesi sono 22 i bambini che hanno perso la vita. Molti abitanti di Gaza affermano che gli israeliani non si limitano a colpire le case nelle quali abitano militanti di Hamas. Stando a quanto affermano le autorità militari israeliane, i cittadini verrebbero invitati ad abbandonare l'abitazione con un sms o una telefonata pochi minuti prima del bombardamento, ma molti si trattengono sul posto comportandosi come "scudi umani". Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano accusa Hamas di lanciare razzi da quartieri densamente popolati mettendo a rischio la vita di donne e bambini. Il dottor Nabil Sharqawi ha curato molti dei piccoli feriti giunti all'ospedale al-Shifa. "È una cosa che ci mette a dura prova. Siamo medici, ma siamo anche esseri umani e lo spettacolo dei bambini feriti è difficile da sopportare. Marian ha riportato lesioni cerebrali. Anzitutto ci auguriamo che sopravviva. Poi vedremo se potrà parlare o vedere. Sciaguratamente il suo non è un caso isolato". Mentre parla si sente il rumore assordante delle esplosioni non lontano dall'ospedale e il sibilo dei razzi sparati su Israele. Il dottor Shargawi ci mostra la foto di un bambino orrendamente ferito: "Non faccio che pensare a questo bambino. E arrivato in ospedale l'altro ieri. Aveva dieci anni. Aveva perso entrambe le braccia e una gamba. Ma era perfettamente cosciente tanto da dirmi: La prego, dottore, faccia smettere questo dolore'. C'era ben poco da fare e poco dopo è morto". Yasmeen Dawass, una studentessa di medicina di 22 anni che ci fa da interprete, è preoccupata per un suo collega colpito mentre andava in moto. Non sa cosa gli è successo. Finalmente lo vede disteso sul letto accanto a quello di Mariam con tutte e due le gambe amputate e un moncherino al posto del braccio destro. "Era un ragazzo come tutti gli altri. Non era un militante, non lanciava razzi. Se ne andava in moto per i fatti suoi. Perché gli hanno fatto questo ? Sarebbe diventato medico, avrebbe aiutato la gente che soffre", dice Yasmeen. In un reparto vicino incontriamo due vittime di cinque anni. Sono cugini. Nuraddin è stato ferito alla testa. Il missile ha ucciso entrambi i genitori. Kinan è stato colpito al petto e alla gamba. Suo padre e sua sorella sono morti. La casa è stata distrutta perché apparteneva a Hafez Hamad, ritenuto dagli israeliani, un membro del jihad islamico. Con lui sono morti sei componenti della sua famiglia tra i quali sua moglie, sua madre, due fratelli e una nipote di 21 anni. Seduta accanto ai cugini la zia Amal, 50 anni, dice: "Nuraddin è in stato di incoscienza. Kinan invece sa di suo padre e di sua sorella. Non riesco a immaginare come questa tragedia influirà sulla loro vita quando cresceranno. Odieranno gli israeliani e desidereranno vendicarsi oppure riusciranno a dimenticare tutto ? Molti di noi vogliono che questa spirale di violenza e odio si arresti; vogliamo la pace, siamo stanchi della guerra". Ma a casa di Hamad non tira aria di riconciliazione. Con il braccio che cinge la nipotina di quattro anni, Hafeth Hamad esclama: "Certo che dobbiamo reagire. Gli israeliani minacciano di occupare Gaza .... Che lo facciano. Vedranno come sanno combattere i nostri uomini e le nostre donne. Perché dobbiamo permettere che ci massacrino senza reagire ? Ogni due anni la storia si ripete. Vogliono sterminare i palestinesi e il mondo glielo lascia fare. Nessuno ci aiuta". A Gaza il sentimento prevalente è quello di essere stati abbandonati da tutti. Il dottor Qadri ci dice che i rifornimenti medici attesi da Ramallah, capitale della Cisgiordania, non sono arrivati. Hamas e Fatah, che controllano la Cisgiordania, dovrebbero far parte di un governo di unità nazionale, ma recentemente l'alleanza politica ha mostrato segni di logoramento. "Abbiamo chiesto aiuto a molti organismi internazionali, ma finora abbiamo ricevuto solo promesse - dice Qadri - le medicine stanno per finire e anche le attrezzature scarseggiano. Metà della ambulanze sono inservibili per mancanza di benzina". Mentre parliamo un ambulanza porta un altro piccolo ferito: Mohammed Abdulrahman Hatem: undici anni.
Per esprimere la propria opinione al Fatto Quotidiano, all'Unità e al Manifesto telefonare ai numeri seguenti o cliccare sulle e-mail sottostanti: