Quelli che non vedono la responsabilità di Hamas Umberto De Giovannangeli, Vauro Senesi, Federica Zoja, Michele Giorgio
Testata:L' Unità - Il Fatto Quotidiano - Avvenire - Il Manifesto Autore: Umberto De Giovannangeli - Vauro Senesi - Federica Zoja - Michele Giorgio Titolo: «Pozzi contaminati e fame. Gaza, carcere a cielo aperto -I bambini di Gaza tra polvere e sangue - Nella Striscia dove la guerra è normale -Barriera di morte sulla Striscia»
Riprendiamo dall'UNITA' di oggi, 10/07/2014, a pag. 9, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo "Pozzi contaminati e fame. Gaza, carcere a cielo aperto". Mentre Israele ha sempre continuato a garantire il rifornimento di cibo, elettricità, carburante, medicinali e altri beni di prima necessità alla popolazione di un territorio a partire dal quale è stato costantemente aggredito, il solo responsabile della sofferenza della popolazione della Striscia è Hamas, che ne ha il controllo, e che conduce, con maggiore o o minore intensità a seconda dei momenti, una guerra permanente contro Israele. Una realtà della quale De Giovannangeli si guarda bene dallo scrivere, così come Vauro Senesi, che sul FATTO QUOTIDIANO , nell'articolo, pubblicato a pag. 13, dal titolo " I bambini di Gaza tra polvere e sangue ", così descrive Gaza: "una striscia di costa assediata dove sono rinchiuse ed ammassate quasi 2 milioni di persone" e dove " "scudo umano" non può non essere chiunque vi viva". Su AVVENIRE Federica Zoja, nell'articolo, pubblicato a pag. 4, dal titolo "Nella Striscia dove la guerra è normale" scrive, a dispetto dell'ampia copertura mediatica degli avvenimenti, che nel corso dell'operazione militare israeliana " i riflettori del mondo, di nuovo, sono tenuti ai margini della gabbia". La "gabbia", naturalmente, sarebbe Gaza e i carcerieri gli israeliani. Sul MANIFESTO, Michele Giorgio, nell'articolo dal titolo "Barriera di morte sulla Striscia", a pagg. 1-8-9, descrive le operazioni israeliane come un massacro di civili, salvo dover ammettere: "Il portavoce militare israeliano spiega che a chi occupa le case viene mandato un avvertimento, via telefono. I palestinesi riferiscono anche di piccoli e poco potenti razzi che l'aereo spara contro il bersaglio prima dell'attacco vero e proprio, in modo da dare tempo ai presenti di allontanarsi" Tuttavia, Giorgio ha pronta la spiegazione che consente di dare comunque la colpa dei morti civili a Israele , nonostante sia l'unico dei contendenti che compie sforzi per evitarli: "La gente spesso non scappa, perchè ritiene profondamente ingiusta la distruzione della propria casa o quella dei vicini. Oppure non si rende conto delle intenzioni israeliane".
Il valico commerciale di Keren Shalom, tra Gaza e Israele
Di seguito, l'articolo di Umberto De Giovannangeli:
Umberto De Giovannangeli
Oltre un milione e settecentomila persone chiuse in una gigantesca gabbia senza speranza Dove medicinali, elettricità e anche il cibo entrano solo con l'ok israeliano. Ora il mondo torna a ricordarsi di Gaza. Ora che ricomincia la conta dei morti e dei feriti nei raid aerei israeliani. Ora che i venti di guerra tornano a soffiare in Medio Oriente. Ma la tragedia permanente di Gaza è nella sua terribile, angosciante, invivibile «normalità». Un milione e settecentomila abitanti, il 54% ha meno di 18 anni. Di quel milione e 700mila - di cui un terzo sotto la soglia di povertà -1.303.015 sono rifugiati registrati dall'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Tra le merci proibite anche pasta, riso datteri e marmellata. Nemmeno al tuo peggior nemico puoi augurare di «vivere» in questa prigione sventrata, con le fogne a cielo aperto, con i bambini che giocano a scalare montagne di rifiuti in una gabbia ridotta ad un cumulo di macerie, isolata dal mondo. Il caldo soffocante moltiplica il bisogno di acqua. Quasi un miraggio, un bene divenuto di lusso dopo anni di embargo. Perché nella Striscia il 90% dei pozzi è chimicamente contaminato e l'acqua di casa non è potabile, per cui la gente è costretta a comprare acqua da privati. Neanche al tuo peggior nemico puoi augurare di «vivere- a Gaza Di vivere in un paesaggio lunare, fatto di crateri che si susseguono per chilometri. «Le coste di Gaza - racconta padre Raed Abusahlia, direttore generale di Caritas Jerusalem - rappresentano ormai da tempo un disastro ecologico: tutti gli scarichi finiscono a mare, l'acqua è nera e emana un odore nauseabondo, i pesci sono tutti morti e i pescatori non possono andare a pescare in mare aperto per l'embargo. Manca la benzina, l'elettricità va via per ore e ore creando situazioni di emergenza negli ospedali. La realtà di Gaza supera ogni metafora - prigione, gabbia, inferno utilizzata per raccontare di una striscia di terra popolata da 1.727.069, secondo l'ultimo censimento, oltre la metà minorenni. Gaza dove - secondo una recente ricerca dell'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi - il numero delle persone che non hanno alcuna sicurezza per l'accesso al cibo e che non dispongono dei mezzi per procurarsi i beni più essenziali come il sapone o l'acqua pulita, è triplicato dall'imposizione del blocco da parte israeliana nel giugno 2007. Gaza, dove 680mila rifugiati vivono in condizioni di povertà degradante contro 100mila all'inizio del 2007, con un tasso di disoccupazione tra i più alti al mondo: 46,8%. Gaza, dove il blocco - come denuncia la Croce Rossa - «continua ad ostacolare gravemente il trasferimento nella Striscia di attrezzature mediche essenziali, ponendo a rischio le cure immediate e le terapie a più lungo termine di migliaia di pazienti. Gaza, dove il 90% della popolazione dipende dagli aiuti alimentari distribuiti dalle agenzie dell'Onu. Gaza, uno dei territori che vanta una delle più alte densità di popolazione mondiali (5,6 abitanti per chilometro quadrato). SENZA Gaza è la più grande prigione a cielo aperto del mondo. Dalle autorità israeliane dipende il rifornimento di elettricità, di acqua e di combustibile in tutta la striscia di Gaza, le stesse autorità che presidiano i valichi e filtrano il rifornimento di generi di prima necessità, alimentari, medicinali e materiali di ricambio, bloccandone una buona parte con vari pretesti. Questa situazione di embargo ha prodotto già da molto tempo una grave crisi umanitaria per la grave carenza di medicinali e di generi alimentari presso buona parte della popolazione, maggiormente in difficoltà i bambini, i malati e le donne in gravidanza. Altissima la percentuale di mortalità infantile riscontrata a Gaza ed alto anche l'indice di malnutrizione fra i bambini, il 45% dei quali appartiene alla fascia più povera della popolazione con un elevato numero di orfani per cause di guerra. Dopo l'operazione «Piombo Fuso-, che nel 2008-2009 ha provocato la morte di 1.380 palestinesi (tra cui 313 bambini), e a seguito dei bombardamenti nel novembre 2012 (con 174 morti,1.399 feriti, 450 case distrutte e 105 scuole danneggiate nella Striscia), l'Unicef - l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'infanzia - ha condotto uno studio per la valutazione dell'esposizione dei minori alla violenza nei conflitti. Ne è risultato che a Gaza il 97% dei minori presi in esame aveva visto morti o feriti e che il 47% ha assistito direttamente all'uccisione di persone. «Per i bambini un evento cosl mina il senso di sicurezza_ Non capiscono cosa stia succedendo e si sentono impotenti. A volte possono persino pensare di essere responsabili del disagio sofferto dalla famiglia, dice Bruice Grant, responsabile Unicef nei Territori occupati. Questa è Gaza. Semplicemente, un inferno.
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