La pace vera e quella dei cimiteri Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Barack Obama
“Israel Conference on Peace”, questo il titolo dell’incontro internazionale che si apre oggi a Tel Aviv organizzato da Haaretz, che titola l’editoriale introduttivo “ La pace è l’unica via”, una frase buona per tutte le stagioni, sempre pronta all’uso. A sostegno dell’iniziativa, il quotidiano dedica stamattina metà della prima pagina a Barack Obama, con un suo articolo, definito pomposamente ‘esclusivo’, dal titolo “ La pace è l’unica via per una vera sicurezza”. Smentito dal pezzo sottostante dal titolo “Massima allerta nel Sud, ieri sono caduti 85 razzi”. Dopo la precisazione che l’articolo di Obama è stato scritto prima del 30 giugno, ci troviamo di fronte alle solite assicurazioni che precedono in genere i veri contenuti: gli Usa capiscono i problemi di Israele legati alla sicurezza, lo stesso Obama se ne è reso conto sin dalla prima volta che è arrivato in Israele guardando dal finestrino dell’aereo la distanza misurabile in pochi minuti tra Israele e i suoi vicini. Conosce il pericolo rappresentato dai razzi che cadono quotidianamente su Sderot e le città vicine al confine con Gaza, assicura che la cooperazione, militare e non, con gli Usa è alla base di una alleanza che dura dai tempi di Truman, e avanti di questo passo. La scelta politica vera appare quando scrive che il suo impegno in Medio Oriente tiene conto della sicurezza di Israele, continuando a collaborare con i partner europei e del mondo arabo, per esempio appoggiandone le opposizioni moderate. Lo è visto nel caso dell’Egitto, quando scelse di sostenere i Fratelli Musulmani, scrive Obama “ per facilitare una soluzione politica che mettesse fine al conflitto”. Avrebbe dovuto dire per consegnare il potere alla Fratellanza, stretto alleato di Hamas. Altre ipocrite affermazioni sull’Iran, “ siamo determinati a impedire che possegga l’arma nucleare”, una bella frase, ma la politica americana si è mossa durante la sua presidenza in tutt’altra direzione, citiamo soltanto l’eliminazione delle sanzioni economiche e la ripresa del dialogo dopo la sostituzione di Ahmadinejad con Rohani, che di moderato non ha proprio nulla, come sostiene l’opposizione iraniana in esilio. Scrive poi “ mentre i muri e un sistema di difesa missilistica possono aiutare a proteggere contro alcune minacce, la vera sicurezza arriverà solo con un negoziato definitivo sulle colonie”. Obama dimentica che la barriera difensiva, che lui chiama muro, ha quasi del tutto impedito ai terroristi palestinesi di entrare in Israele, salvando così le vite di innocenti cittadini. Una frase rivelatrice della sottovalutazione della natura terrorista di Hamas, il movimento divenuto partner di un prossimo governo palestinese. Non una parola, nemmeno un cenno, dando per scontato che Israele dovrà trattare la propria sicurezza con un governo terrorista che ha come primo obiettivo la sua distruzione. A Tel Aviv, gran parte dei convenuti discuteranno oggi su come raggiungere la pace ignorando la ragioni di Israele, confidando nelle buone intenzioni di un nemico che non si è mai nemmeno preso cura di nascondere il proprio obiettivo, la cancellazione dello Stato ebraico, un paese sottoposto a veri crimini di guerra, come giustamente Ugo Volli definisce nella sua Cartolina oggi gli attacchi di Hamas contro la popolazione civile israeliana, nel silenzio di tutte le istituzioni internazionali e dei governi democratici dei paesi occidentali, quello italiano incluso.
Angelo Pezzana
|