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La Stampa Rassegna Stampa
07.07.2014 Abu Bakr Al Bagdadi: jihad globale e massacri anti-sciiti
Analisi di Francesco Semprini, Ahmed Rashid

Testata: La Stampa
Data: 07 luglio 2014
Pagina: 13
Autore: Francesco Semprini - Alberto Simoni
Titolo: «Al Baghdadi supera i maestri del terrore - 'Non gli interessa la jihad globale vuole il genocidio degli sciiti'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/07/2014, a pag.  13, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo "Al Baghdadi supera i maestri del terrore" e l'intervista di Alberto Simoni al giornalista e analista pakistano Ahmed Rashid dal titolo "Non gli interessa la jihad golbale vuole il genocidio degli sciiti".

Francesco Semprini e Ahmed Rashid forniscono due interpretazioni diverse della strategia del capo dello 'Stato islamico', che tuttavia potrebbero completarsi a vicenda.  Al Baghdadi potrebbe volere sia il massacro sistematico degli sciiti ( scopo attribuitogli da Rashid) sia, eventualmente in un secondo tempo, la jihad globale (scopo attributogli dagli esperti consultati da Semprini, tra i quali Daniel Pipes).


Abu Bakr Al Baghdadi, capo dello 'Stato islamico'

Di seguito, l'articolo di Francesco Semprini:


Francesco Semprini


Una cosa è certa, Abu Bakr al-Baghdadi è candidato ad essere il nuovo Osama bin Laden. O forse qualcosa di più, come affermano gli esperti. Perché il numero uno dello Stato islamico di Siria e Iraq, non solo ha dato prova di essere abile stratega e cinico combattente, e si è incarnato in leader religioso col nome altisonante di «Califfo Ibrahim». Ma anche perché è più feroce, aggressivo, e ambizioso del fondatore di Al Qaeda.
Oltre Bin Laden
«Possiamo pensare ad al-Baghdadi come a un nuovo bin Laden in quanto figura chiave nella galassia del terrorismo islamico, ma limitarci a questo sarebbe riduttivo», spiega Daniel Pipes, direttore del Middle East Forum. La motivazione va ricercata nella differente natura che ha l’Isis rispetto ad altre strutture: «Al Qaeda operava con l’obiettivo di terrorizzare il mondo, lo Stato islamico vuole invece conquistarlo territorialmente», dice Pipes il quale ricorda che di fatto bin Laden prima e Ayman al-Zawahiri dopo, non controllavano nessun territorio; erano i taleban che avevano imposto il califfato in Afghanistan. «Questo rende al-Baghdadi, più audace e pericoloso».
Come Godane e Moktar
Similitudini si riscontrano con Ahmed Abdi Godane e Moktar Belmoktar. Il primo è il leader degli Al-Shabaab, che dopo averne preso in mano le redini, ne ha cambiato la «missione». Prima del 2008 il gruppo islamico era dedito a stabilire la Sharia nel Paese, «mentre ora si sta specializzando in attacchi che vanno oltre i confini nazionali», in particolare Uganda e Kenya, come dimostra l’attentato al Westgate Mall di Nairobi del 21 settembre scorso. Elemento comune, quello dell’espansione territoriale, anche a Belmoktar, oltre al fatto che come il «collega iracheno» è un ottimo affarista. Il leader di «Al Qaeda nel Maghreb» è infatti soprannominato «Mr. Marlboro», perché traffica in sigarette di contrabbando oltre a incassare milioni di dollari col business dei rapimenti di occidentali in Mali.
Violento come Shekau
La ferocia che contraddistingue al-Baghdadi può essere riscontrata in Abubakar Shekau, il comandante di Boko Haram. «L’escalation di violenza di cui si è reso protagonista in questi ultimi il movimento nigeriano è notevole», avverte J. Peter Pham, direttore dell’Africa Center all’Atlantic Council, proprio come l’Isis. Basta notare la cinica ferocia con cui Shekau si è mostrato in video per rivendicare il rapimento delle 300 studentesse a Chibok. E come il leader dell’Isis, Shekau ha tanta audacia, mobilità e pragmatica follia da definirsi imprendibile anche dai droni: «Non pensiate che la jihad sia finita, anzi è appena iniziata».
«Un mondo sunnita»
Elemento comune all’Isis e ad alcuni movimenti più attuali è che tra i loro principali nemici ci sono gli sciiti, ovvero l’Iran e tutte le sue declinazioni settarie negli altri Paesi. Priorità questa che non era propria di bin Laden. «Questo è molto importante, perché in Iraq come in Nigeria ci sono comunità sciite molto numerose», sottolinea Pipes.
Lo schiaffo ad Al-Zawahiri
Non solo Al-Baghdadi ha disobbedito all’attuale leader di Al Qaeda sulla guerra in Siria e sui rapporti con Jabhat Al-Nusra, rendendosi protagonista di una scissione storica e creando una realtà molto più accattivante, ma lo ha anche delegittimato in pubblico. «Da più di 10 anni al-Zawahiri se ne sta rintanato tra Pakistan e Afghanistan e non ha diffuso che pochi comunicati e video, mentre al-Baghdadi ha fatto tantissimo, conquistando città, mobilitando un numero incredibile di persone, uccidendo senza pietà tra la Siria e l’Iraq», sostiene l’ex capo dell’antiterrorismo britannico Richard Barrett. «Se sei un ragazzo che cerca azione, oggi devi andare con al-Baghdadi», dice l’esperto ricordando che al momento della rottura definitiva con Al Qaeda ha schiaffeggiato verbalmente il medico egiziano dicendogli: «Ho scelto di farmi comandare da Dio e non da chi gli è contro».

Di seguito, l'intervista di Alberto Simoni ad Ahmed Rashid:


Alberto Simoni             Ahmed Rashid

«Ma quale Califfo...»
Signor Rashid, lo dice Al Baghdadi. A Mosul ha chiesto a tutti i musulmani di obbedirgli...
«Mica uno può alzarsi la mattina e proclamarsi tale. Proprio lui poi...»
Non è abbastanza titolato?
«Per nulla. Non ha credenziali religiose, non ha studi o conoscenze teologiche dell’Islam, che io sappia non è un ulema o persino un mullah».
Ahmed Rashid, giornalista e analista pachistano nonché l’uomo che ha portato l’Occidente a conoscere il mondo dei taleban, quasi si altera. La storia del califfato, del capo banda dell’Isis che si proclama guida di tutti i musulmani, non la digerisce. E non è il solo vista la levata di scudi fra studiosi islamici e ulema.
Lei ha scritto di recente che l’Isis le ricorda i taleban. Quindi Al Baghdadi è come il mullah Omar?
«No. Il mullah Omar è una guida spirituale islamica. I taleban erano interpreti di una fede molto conservatrice intrisa di leggi tribali, quelle delle zone pashtun a cavallo fra Pakistan e Afghanistan dove sono di fatto nati. La loro è un’interpretazione rigorosa ma anche errata dell’islam ma il mullah Omar è pur sempre un religioso. Al Baghdadi non ha nulla a che fare con questa storia».
Ma allora cosa accomuna Isis e taleban?
«Due cose: la prima è che come i taleban anche Isis ha come obiettivo quello di conquistare un territorio, quello fra Iraq e Siria, così come gli studenti delle scuole coraniche si muovevano fra Pakistan e Afghanistan. La conquista del nord Iraq è avvenuta rapidamente, con una sorta di blitzkrieg, in modo simile si mossero negli Anni ’90 i taleban. Isis però è militarmente più forte dei taleban».
E la seconda ragione?
«L’Isis non ha come obiettivo quello di lanciare una jihad globale. E fino a quando non approdò Bin Laden in Afghanistan, nemmeno i taleban avevano disegni di egemonia globale. Fu quell’evento a dare una svolta».
Scusi, ma cinque giorni fa Al Baghdadi ha diffuso un audio nel quale diceva che avrebbe conquistato Roma e minacciava un nuovo 11 settembre. Non sono proclami da jihad globale?
«Solo propaganda, è un modo per Al Baghdadi di consolidare il suo potere nella regione, in Libano, in Iraq e in Giordania. Lo scopo di Al Baghdadi, il vero pericolo è un altro».
Quale?
«Lo dice lui stesso: una campagna anti-sciiti. Quello cui punta Al Baghdadi è un genocidio. Vuole una popolazione “pura”, sunnita al 100 per cento. Guardi a quello che avviene nelle zone controllate da Isis, la distruzione e l’uccisione di massa di chiunque non rientri nel canone o sotto la voce sunnita.
Anche i taleban e la stessa Al Qaeda sono anti-sciiti
«Sì, ma nessuno si è mai comportato così brutalmente e ferocemente come l’Isis nello sterminare i non sunniti, siano civili o soldati, curdi o cristiani. Lo abbiamo visto nelle immagini di questi giorni. Per Isis gli sciiti sono la forma peggiore di degenerazione dell’Islam. Ecco spiegata la furia sunnita e la minaccia esplicita di colpire Najaf e Karbala, luoghi sacri per l’Islam sciita. Dovesse Al Baghdadi riuscire nel tentativo di far esplodere bombe in quei luoghi di culto allora il mondo islamico sarebbe scosso da una guerra settaria di dimensioni inimmaginabili. Sarebbe una catastrofe e la rappresaglia al pari di una guerra mondiale».

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