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Considerazioni sugli ebrei progressisti che criticano Israele Manfred Gerstenfeld intervista Alvin Rosenfeld (Traduzione di Angelo Pezzana) Alvin H. Rosenfeld Alvin H.Rosenfeld, autore di molti libri su Shoah, letteratura ebraica e anti-semitismo, è titolare della Cattedra Irving M.Glazer per gli Studi ebraici alla Indiana University e dirige per la stessa università l’Istituto per lo Studio dell’anti-semitismo contemporaneo. “ Negli ultimi anni l’anti-semitismo è aumentato notevolmente, in Europa e in molte parti del mondo, con attacchi contro gli ebrei e le istituzioni ebraiche, dai risvolti culturali e ideologici, incluso un sempre più aggressivo contenuto anti-sionista” “ Nel 2006 l’American Jewish Committee ha pubblicato il mio saggio “Il pensiero ebraico ‘progressista’ e il nuovo anti-semitismo”. Volevo mettere in guardia i lettori sulle origini di questa ostilità. Sentivo un obbligo morale nel voler descrivere e spiegare come alcuni intellettuali ebrei, spesso appartenenti alla sinistra ‘progressista’, contribuissero a creare un clima tossico che assimilava falsamente sionismo ad abuso di potere e Israele a un supposto ‘Stato corrotto, razzista, di apartheid, colpevole di pulizia etnica e persino di genocidio’. Mentre ultimamente delegittimazione e cancellazione di Israele sono stati gli obiettivi dei nostri avversari, era scoraggiante vedere come gli stessi ebrei aggiungessero benzina sul fuoco di tanto vilipendio. Era persino grottesco che lo facessero nel nome di un ebraismo ‘più alto’ o richiamandosi a ‘valori progressisti morali e politici’. " “ All’inizio il mio saggio ha innescato molte reazioni in forma privata, in gran parte positive. Ma un articolo uscito nel gennaio 2007 sul New York Times ha dato il via a un dibattito molto emotivo - spesso critico - che è durato per un paio d’anni. Sono poi intervenuti altri giornali, trasmissioni radio, interviste, articoli sul web, blog e chat, il mio saggio venne pubblicato in tedesco e se ne scrisse in diversi paesi europei e anche in Israele." Tony Kushner Tony Judt Adrienne Rich “ L’articolo del NYT faceva notare come il mio saggio fosse uscito in un momento in cui all’interno della comunità ebraico-americana vi era grande preoccupazione per il fatto che Israele veniva attaccata da personaggi di alto profilo, come l’ex Presidente Jimmy Carter e dagli storici Stephen Walt e John Mearsheimer. Il pezzo sosteneva che avevo preso di mira “ebrei progressisti”, fra i quali il commediografo Tony Kushner, lo storico Tony Judt e la poetessa Adrienne Rich. Così facendo, peggioravo una disputa già infuocata sui confini tra la legittima critica a Israele e i suoi difensori e l' anti-semitismo. Una delle mie intenzioni – venne scritto – era ridurre questo dibattito, soffocando le critiche a Israele. Lo stesso scopo venne attribuito al mio editore, l’American Jewish Committee, che venne fatto passare per una organizzazione ‘conservatrice’, cosa non vera." “Seguirono molte reazioni, molte irrazionali e combattive, fui accusato di condurre un attacco contro gli ebrei ‘progressisti’, definendoli ‘anti-semiti’ e ‘odiatori di se stessi’. Ma la parola ‘progressista’ non compariva nel mio saggio, né definii nessuno con quei termini. Venni anche accusato di ‘ riprodurre le tecniche dell’era McCarthy’, per mettere il silenziatore al dibattito su Israele, ma in nessuna pagina del mio scritto se ne può trovare traccia. Come scrisse in mia difesa Bret Stephens sul Wall Street Journal ‘ Come può l’apertura di un dibattito significare la volontà di sopprimerlo ?" “ Senza averne l’intenzione avevo toccato un nervo scoperto. Man mano che il dibattito cresceva, fu chiaro che le posizioni ebraiche verso Israele si rivelavano profondamente polarizzate, sia emotivamente che politicamente. Citando e analizzando il linguaggio degli avversari di Israele, ero riuscito a dimostrare come molto di ciò che viene definito come ‘critica a Israele’ non è per niente una critica nel senso comune della parola, ma una nuova politica, una nuova retorica, di un genere del tutto proprio. Con una sua logica particolare, un vocabolario ben identificabile, convenzioni narrative dai risultati prevedibili. A differenza di molte forme di critica politica o culturale, era un modo per esprimere opinioni aggressive, accusatorie e dispregiative, che alimentavano una demonizzazione che avrebbe prodotto solo danno." “ Il mio saggio era un tentativo di esporre questa retorica per quella che realmente è: un potente sforzo di ostilità retorica centrata in maniera appassionata - persino ossessiva - sullo Stato ebraico e i suoi sostenitori. Siamo abituati a sentirla apertamente dai nemici di Israele, ma trovarla scritta da ebrei è stupefacente e sconcertante." “ Chiunque osservi attentamente quanto accade oggi in America, sa quanto dilaghino le guerre culturali. Per rendersene conto, è sufficiente osservare la nostra politica, i media e i campus delle università. Questo dibattito fra ebrei dimostra come le divisioni all’interno della comunità ebraica americana sono reali e possono diventare più aspre. Vanno aldilà delle nozioni semplicistiche di destra-sinistra, sono radicate, spesso in modo inconscio, legate alla identità politica ebraico-americana. Per riassumere: gli atteggiamenti degli ebrei verso Israele sono profondamente polarizzati, sia a livello emotivo che politico.” Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. |
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