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Avvenire - L'Osservatore Romano - Il Manifesto Rassegna Stampa
01.07.2014 Disinformazione sui razzi kassam e sul progetto di barriera difensiva nella Valle del Giordano
sui quotidiani cattolici e su quello comunista

Testata:Avvenire - L'Osservatore Romano - Il Manifesto
Autore: la redazione - Michele Giorgio
Titolo: «Missili dalla Striscia di Gaza. L'escalation sembra inevitabile - Tensione tra Gaza e Israele - Nuovo muro, Palestina come riserva indiana»
Riprendiamo da pag. 6 di AVVENIRE di oggi, 01/07/2014, l'articolo dal titolo  "Missili dalla Striscia di Gaza. L'escalation sembra inevitabile", dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Tensione tra Gaza e Israele", dal MANIFESTO, a pag. 7, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Nuovo muro, Palestina come riserva indiana".
Per AVVENIRE Hamas non è responsabile dei lanci di razzi da Gaza, compiuti da gruppi minori nel vuoto di potere determinato dall'insediamento del nuovo governo unitario dell'Anp.
Tuttavia, lo stesso quotidiano cattolico ricorda che "i servizi di sicurezza dei fondamentalisti mantengono una presa salda nella Striscia" L'OSSERVATORE ROMANO , che pubblica le notizie di ieri, 30/06/2014, riferisce di razzi sparati in aree "aperte" di Israele, ignorando l'incendio di un fabbrica a Sderot e i feriti israeliani. Senza contare che sparare razzi contro Israele è un crimine, 'spazi aperti' o no.
Sul MANIFESTO Michele Giorgio intervista Hafez Barghouti, ex direttore del quotidiano al Hayat ai Jadida di Ramallah. La barriera difensiva che Israele intende costruire nella valle del Giordano viene attribuita da Barghouti, con il pieno assenso di Giorgio, alla volontà israeliana di chiudere i palestinesi in una "riserva indiana".  La tesi di Israele, che la barriera serva alla  sicurezza,  è così criticata da Barghouti: "
oggi le guerre non si combattono più con i carri armati, con l'impiego di decine di migliaia di uomini. I pericoli che Netanyahu dice di temere saranno eventualmente rappresentati da miliziani armati di razzi, missili e cose simili che non potranno essere fermati da un muro o dal controllo della Valle del Giordano".
Ovviamente, l'efficacia e la pericolosità dei razzi varia  a seconda del luogo da  cui vengono lanciati. Ciò basterebbe a smentire la tesi di Barghouti. Nel giorno del ritrovamento dei tre ragazzi israeliani uccisi, e mentre un gruppo terroristico come lo 'Stato islamico' sta conquistando con offensive di terra intere parti di stati come la Siria e l'Iraq, tuttavia, esse appaiono ancora più insostenibili.


Lancio di razzi kassam

Di seguito, gli articoli  

AVVENIRE: "Missili dalla Striscia di Gaza. L'escalation sembra inevitabile " 



GERUSALEMME Gia prima della macabra scoperta di ieri, Hamas e Israele erano tornate ai ferri corti. Da giorni, gli analisti avvertivano sul fatto che la tregua, concordata due anni fa dopo l'operazione "Colonna di nuvola", fosse ormai sul punto di crollare. I lanci di Qassam sul sud dello Stato ebraico è stato costante nell'ultima settimana. Come pure le retate invasive degli israeliani nella zona di Hebron nella disperata caccia ai ragazzi rapiti. La scorsa notte c'è stata un'impennata di violenze. Miliziani palestinesi hanno tirato verso il Neghev una ventina di razzi, mentre l'artiglieria israeliana ha colpito obiettivi situati nel Nord e nel Sud della Striscia. Ai combattimenti, per la prima volta da mesi, hanno partecipato anche i miliziani di Hamas, uno dei quali è rimasto ucciso. Poco dopo, il premier Benjamin Netanyahu si è presentato in Parlamento per intimare agli islamisti di fermare la pioggia di fuoco. «O lo fa Hamas o ci penseremo noi». Il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, da parte sua, aveva evocato nei giorni scorsi «la necessità« di riconquistare la Striscia di Gaza per «neutralizzare Hamas, una volta per tutte». Da Gaza, gli islamisti si sono trincerati dietro risposte al vetriolo. Eppure la "guerra di parole" non riesce ormai a nascondere il vuoto di potere che si è creato nella Striscia nell'ultimo mese. Il vecchio esecutivo non è più in carica e il governo di conciliazione nazionale non ha ancora preso in mano le redini. Ramallah - ha affermato il numero due di Hamas, Mussa Abu Marzuk - «non ha mostrato in queste settimane alcun interesse per la situazione della Striscia. Potremmo essere costretti a riprendere il controllo di Gaza». In realtà, i servizi di sicurezza dei fondamentalisti mantengono una presa salda nella Striscia. Ma in questa situazione di vuoto il movimento per il Jihad islamico e altri gruppi minori hanno approfittato per lanciare una "mini-guerra". Sono questi ultimi i principali artefici dei lanci continui su città e villaggi israeliani

L'OSSERVATORE ROMANO:  " Tensione tra Gaza e Israele " 



Tel Aviv, 30. Tensione al confine tra la Striscia di Gaza e Israele. Questa mattina otto ordigni hanno colpito aree aperte del sud di Israele: non sono segnalati al momento né danni né vittime, stando a quanto riporta la radio militare israeliana. Poche ore prima altri razzi erano caduti, sempre nel sud di Israele, a ridosso della Striscia di Gaza. Nelle ultime otto ore gli ordigni esplosi sono stati undici. Nella notte l'aviazione israeliana ha colpito nove obiettivi nel territorio controllato da Hamas. Intanto, ieri il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che l'esercito «è pronto a estendere le operazioni, a seconda delle necessità». Si è poi rivolto al presidente palestinese Mahmoud Abbas, chiedendogli di «annullare» il Governo di unità palestinese, formato con Hamas e presieduto da Rami Hamdallah. «Da quando è stato formato il Governo di unità palestinese con Hamas — ha detto Netanyahu — Abbas si è assunto di fatto la responsabilità di impedire spari verso il nostro territorio dalla Striscia di Gaza». Continuano, nel frattempo, le ricerche dei tre studenti di una scuola rabbinica rapiti nelle settimane scorse. «Siamo nel mezzo di un caso terribilmente difficile» ha detto il capo della polizia israeliana, Jochanan Danino. Netanyahu ha accusato Hamas del sequestro.

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Nuovo muro, Palestina come riserva indiana " 





GERUSALEMME  Era l'inizio di giugno di 12 anni fa quando i primi colpi di vanga diedero inizio al progetto del Muro in Cisgiordania, fortemente voluto dal governo del premier israeliano Ariel Sharon. Un sofisticato recinto che in origine doveva essere «solamente» di 364 km di lunghezza, 52 dei quali eretti nella zona di Gerusalemme. Ora quel serpente di cemento armato e reticolati elettronici corre in profondità dentro il territorio palestinese per quasi 800 km. Ariel Sharon, e prima di lui altri leader israeliani, lo definirono «una barriera di sicurezza» dal terrorismo e dai kamikaze. Per i palestinesi è «il muro dell'apartheid». Domenica sera, facendo riferimento ancora una volta alla «sicurezza» nazionale, messa a rischio ad oriente dalle offensive armate dei qaedisti, il premier israeliano Netanyahu ha annunciato che Israele costruirà un nuovo muro che da Eilat, lungo la Valle del Giordano, si congiungerà a quello in costruzione sul Golan siriano occupato. Di muri Israele ne ha costruiti altri oltre a quello che corre da nord a sud della Cisgiordania occidentale. Ha completato quello a sud sul confine con l'Egitto, sta ultimando quello sul Golan e una barriera lunga alcuni chilometri è in fase di costruzione proprio davanti al Libano. Di questo nuovo muro che chiude Israele in una fortezza di cemento e dei diritti negati ai palestinesi, abbiamo parlato con l'analista Hafez Barghouti, ex direttore del quotidiano al Hayat ai Jadida di Ramallah.
Quanto pesa l'annuncio del nuovo muro?
Tanto, è un duro colpo a qualsiasi speranza di un accordo negoziato dalle due parti. E il colpo mortale al negoziato, fermo ormai da aprile, e alla soluzione dei due Stati. Il nuovo muro che Netanyahu vuole costruire da Eilat al Golan passerà per la Valle del Giordano e sarà presidiato da ingenti forze militari, come avviene per la barriera che scende lungo la Cisgiordania occidentale. E ha fatto questo annuncio ben sapendo che i palestinesi non accetteranno mai la presenza di soldati israeliani all'interno del loro Stato. Temo che abbia avuto lo scopo proprio di far saltare qualsiasi ipotesi di ripresa delle trattative e di affermare la volontà di portare a termine la seconda fase del progetto del movimento sionista, annettere a Israele il resto della Palestina rinchiudendo i palestinesi in una sorta di riserve indiane.
Netanyahu dice che la Valle del Giordano e il Muro serviranno a tenere indietro i millzlanl gaedisti che oggi occupano Iraq e Siria e che domani, afferma, potrebbero attaccare la Giordania, mettendo a rischio la sicurezza dl Israele...
Sono pretesti per ottenere consensi alla sua politica di occupazione dei nostri territori. Il controllo della Valle del Giordano e la costruzione di un muro non darebbero alcun sicurezza in più a Israele. Per il semplice motivo che oggi le guerre non si combattono più con i carri armati, con l'impiego di decine di migliaia di uomini. I pericoli che Netanyahu dice di temere saranno eventualmente rappresentati da miliziani armati di razzi, missili e cose simili che non potranno essere fermati da un muro o dal controllo della Valle del Giordano. La strategia è sempre la stessa e non è stato Netanyahu a metterla per primo su carta. Anche il (premier) laburista Ehud Barak immaginava una soluzione simile a quella che propone oggi il primo ministro israeliano.
Perché l'Autorità nazionale palestinese non ha ancora reaglto alla notlzia del nuovo muro?
L'Anp è confusa, non sa cosa fare, è sotto pressione da parte di tutti. Aspetta di registrare le reazioni di cittadini israeliani e palestinesi per poi decidere una sua risposta alla mossa israeliana. Deve fare i conti con Fatah, con Hamas, con la gente, con tutti. E come spesso accade non prende posizione. Un atteggiamento che certo non aiuta a realizzare le aspirazioni dei palestinesi.
È già finita l'esperienza del governo dl unità nazionale con Fatah e Harnas dentro?
Credo di sì, ben pochi ci credono ancora. In tutta sincerità dobbiamo anche dire che Harnas, o gran parte del movimento islamico, non ha mai voluto sinceramente la riconciliazione. Così come dentro Fatah si registra un approccio simile. Netanyahu con le sue politiche, i suoi annunci, ha saputo giocare la sua partita tra le divisioni palestinesi, e il suo vantaggio è sensibile .

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