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A che cosa serve parlare contro l'odio ? Una lettera a Deborah Fait, e la sua risposta 30/06/2014
Carissima Deborah,

posso chiamarla così? Le scrivo qui perchè blog e forum a Suo nome sono poco aggiornati o addirittura chiusi. Mi chiamo Rachele e per 15 anni ho letto insulti, menzogne e vigliaccate contro Israele e noi ebrei sul web. In questi anni ho ribattuto, chiarito, puntualizzato con migliaia, e migliaia di post. E' servito? Sì, a deprimermi ogni giorno di più, a rilevare l'assoluta inutilità  di discutere con gli useful idiots palestinisti e nazicomunisti. Serve arrabbiarsi, scandalizzarsi per fotografie col forno della comizzoli? No, guardi un poco il suo blog, brilla per assenza di commenti e quelli che ci sono per il 99% sono cancellati, quindi immagino che siano i suoi ed i miei... chi la legge quella lì ? Nessuno, gli abbiamo dato visibilità  noi... Il mio (ex) medico un giorno, commentando la mia difficoltà a scendere di peso per problemi di salute mi ha detto "Ad Auschwitz sì che sapevano fare le diete" e non stava ridendo... Non l'ho nemmeno preso a sberle, a che pro? Ho cambiato medico, se l'avessi colpito a quest'ora starei pagando altri danni per lesioni volontarie. Siamo soli cara Deborah, siamo dannatamente soli ed il nostro sdegno, le nostre parole, le nostre incazzature non muoveranno una foglia. Arrabbiarci per cosa? Per chi ? No, non serve, serve invece continuare ad educare i nostri figli, spiegargli che per loro la vita sarà  più difficile in quanto ebrei, che potranno solo scegliere tra una battaglia giornaliera o il nascondere le proprie origini. Parlare serve? Quasi mai, serve solo a rubare tempo a cose più importanti o ad illuderci di aver fatto qualcosa di buono. Giorni fa ero ad un matrimonio con Claudio, un caro amico che vuole essere anche il mio angelo custode, parlava con un ragazzo il quale asseriva che l'islam era amore. In dieci minuti gli ha spiegato come capire veramente il corano, parlava con indifferenza, come se parlasse del tempo ma il ragazzo lo ha ascoltato a bocca aperta e poi ha detto di aver capito che fino a quel momento i musulmani lo avevano preso in giro. Ho invidiato Claudio, in dieci minuti ha fatto quel che io non son riuscita a fare in 15 anni, lui con la stessa indifferenza mi ha risposto: "E' stata fortuna, un altro che ti ascolta non lo troverai nemmeno nei prossimi 100 anni". Lasciamo perdere gli useful idiots, gli odiatori, i nazicomunisti ed i vigliacchi vestiti di bianco del vaticano. Convinciamo invece il nostro governo, quello di Gerusalemme, ad usare davvero la forza che alla fine è l'unica "parola" che i terroristi comprendono. Mi perdoni l'esposizione caotica, scrivo di getto un po' depressa, un po' rassegnata ma ancora orgogliosamente in piedi in questo giugno di guerra.

Con stima

Rachele Levi
rachele.levi@conqueritalia.com

Am Israel Hai

Risponde Deborah Fait:

Carissima Rachele,
Sono d’accordo con lei che sia importante educare I nostri figli e far capire loro che essere ebrei non è facile. Non sono d’accordo con questa frase  : “potranno solo scegliere tra una battaglia giornaliera o il nascondere le proprie origini”. No, qui non ci siamo, se insegnassimo ai nostri figli la paura di essere ebrei allora saremmo finiti, potremmo gettare la spugna e chiudere bottega. L’ultimo spenga la luce!
Io penso l’esatto contrario, dobbiamo insegnare ai nostri figli l’orgoglio di essere ebrei, la consapevolezza che l’orgoglio di ciò che si è  e la dignità che ne deriva sono il sale  della vita.
E’ vero che spesso siamo sopraffatti dalla sensazione che parlare non serva a niente, che se ne hai convinto uno ne usciranno subito altri mille a urlare contro gli ebrei e  Israele. Verissimo ma questo non è una ragione per gettare la spugna. Bisogna lottare, parlare, parlare, scrivere, farlo instancabilmente. Pensi se non esistesse informazionecorretta, i media avrebbero terreno fertile per le loro menzogne ma noi li sbugiardiamo sempre dando altre versioni dei fatti, proclamando sempre le ragioni di Israele. Purtroppo altri hanno pensato che parlare non serva a niente e il risultato è stato che Israele ha perso totalmente la battaglia della verità sui media internazionali. E’questo che gli israeliani rimproverano ai loro governanti, di tutte le correnti: l’incapacità di far valere le proprie ragioni e la verità. Viceversa i  palestinesi hanno innondato il mondo con le menzogne della loro propaganda. Abbiamo perso molti anni di informazione, di hasbara’ che significa “spiegazione”, abbiamo fatto un errore madornale nel non spiegare  perchè la ragione era dalla nostra parte. Abbiamo peccato  di superbia “...inutile parlare tanto noi abbiamo ragione e prima o poi lo capiranno...” NO! Nessuno capisce se non si parla, se non si spiega, fino alla stanchezza e allo sfinimento.
I nostri nemici diffondono video taroccati, foto taroccate, notizie taroccate e se dall’altra parte, la nostra, nessuno reagisce allora la vittoria è loro.
Le guerre non si vincono solo con le armi, ma anche con le parole. Se noi , invece di aspettare mesi durante i quali siamo stati messi alla gogna in tutto il mondo, avessimo subito detto che Mohamed Al Durra non è stato colpito da armi israeliane, il mondo non avrebbe creduto alla propaganda palestinese e il bambino, probabilmenter ancora vivo e vegeto, non sarebbe diventato il simbolo dell’odio contro  Israele. Ed è solo un esempio tra i tanti.
Mi creda, Rachele, parlare serve molto, dobbiamo farlo e dobbiamo inculcare nel cuore dei nostri ragazzi che essere ebrei è difficile ma bello e renderli orgogliosi e forti, non budini tremebondi.
Gli ebrei non strisciano più contro i muri grazie a Israele e a chi ci  chiede “sei ebreo?” bisogna rispondere a testa alta “Si sono ebreo e allora?” .

 

Un cordiale Shalom

 

Deborah Fait

 


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