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La Stampa Rassegna Stampa
18.06.2014 Sta venendo fuori la verità sulla barbara uccisione dell'Ambasciatore americano in Libia
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 18 giugno 2014
Pagina: 12
Autore: Paolo Madstrolilli
Titolo: «Libia, blitz americano. Catturata la mente dell'attacco a Bengasi»

Riprendiamo, dalla STAMPA di oggi, 18/07/2014, a pag. 12, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo "Libia, blitz americano. Catturata la mente dell'attacco a Bengasi".
Nella vicenda dell'attentato a Bengasi, che costò la vita al diplomatico americano Christopher Stevens e agli adetti alla sicurezza Sean Smith, Tyrone Woods, Glen Doherty, vi sono gravi responsabilità dell'amministrazione Obama e del segretario di Stato Hillary Clinton che, preavvertiti dall'intelligence, non predisposero una protezione adeguata, e  in seguito cercarono di occultare il loro mancato intervento.
Si veda l'articolo di Maurizio Molinari del 15/05/2013 che può essere letto a questo link:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=49137

Di seguito, l'articolo di Paolo Mastrolilli:

         
Paolo Mastrolilli     Christopher Stevens
 



L'assalto al Consolato americano a Bengasi

Il raid è scattato domenica sera, poco fuori da Bengasi, appena il presidente Obama ha dato il via libera. In poche ore le forze speciali Usa e l’Fbi, hanno catturato Ahmed Abu Khatallah e lo hanno trasportato sopra una nave nel Mediterraneo. Così hanno chiuso il conto col principale sospettato per l’attacco dell’11 settembre 2012 contro il consolato Usa, dove morirono l’ambasciatore Stevens e i tre addetti alla sicurezza Sean Smith, Tyrone Woods, Glen Doherty. Un colpo strategico ma anche politico, mentre a Washington infuriano la polemica sul caos in Iraq, e le voci sulla candidatura di Hillary Clinton alla Casa Bianca.
L’aggressione al consolato era scattata la notte dell’11 settembre, e all’inizio l’amministrazione aveva detto che si era trattato di una protesta spontanea, nata dalla rabbia per un video prodotto in America che insultava Maometto. I repubblicani avevano accusato Obama di aver orchestrato questa versione, perché era in corso la campagna presidenziale e voleva proteggersi dall’accusa di aver trascurato la minaccia terroristica. Ma l’attacco era stato premeditato da uomini vicini ad Al Qaeda e Hillary Clinton, responsabile della sicurezza nel consolato in quanto segretario di Stato, era finita sotto accusa. Questa macchia viene usata ora dal Gop per deragliare la sua possibile campagna elettorale.
Gli investigatori americani avevano individuato come responsabili tre persone: Sufian bin Qumu, ex prigioniero nel campo di Guantanamo, liberato nel 2010 e diventato capo del gruppo Ansar al Sharia a Derna; Seif Allah bin Hassine, jihadista di origini tunisine; e Ahmed Abu Khatallah, un quarantenne che aveva passato diversi anni in prigione sotto Gheddafi, per la sue posizioni islamiche estremiste. Col tempo Khatalla era diventato il primo obiettivo, ma non era stato catturato, nonostante apparisse spesso in pubblico. Si era fatto intervistare dalla Cnn e dal «New York Times», raccontando che era presente la notte dell’attacco, ma non aveva partecipato: «I primi a sparare erano stati gli americani. Io ero entrato nel consolato solo alla fine, per aiutare le guardie libiche ferite». Aveva negato di essere membro di Al Qaeda, definendo però un onore esservi associato, e aveva confermato di aver guidato durante la rivolta contro Gheddafi la brigata Abu Obaida ibn al Jarrah.
Da almeno un anno le forze speciali americane avevano messo sul tavolo di Obama un piano per catturarlo, ma l’operazione non era scattata perché mancavano informazioni chiave per incriminarlo, e per non destabilizzare il fragile governo libico. Ora però Tripoli è nel caos, al punto che il Pentagono ha trasferito nella base italiana di Sigonella le forze per evacuare gli americani, e magari partecipare a raid come quello di domenica. Quindi il presidente ha dato il via libera, anche per il timore che Khatallah fosse ucciso dalle milizie del generale Khalifa Haftar, che sta dando la caccia ai gruppi islamici. «Questa operazione - ha detto Obama - manda il segnale che chi colpisce gli americani finisce davanti alla giustizia, qualunque sia il tempo necessario a farlo». Khatallah verrà interrogato sulla nave per chiarire cosa successe quella notte, e poi portato negli Usa per il processo, alleggerendo la pressione su Obama e su Hillary.

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