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Ugo Volli
Cartoline
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Piani concreti, non abbracci televisivi 10/06/2014
 

Piani concreti, non abbracci televisivi
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

dopo le sviolinate nei giardini di Roma, torniamo alle cose serie.
 Cioè, in sostanza a come fermare il lavoro contro Israele di Abbas, appoggiato al di là di ogni ragionevolezza dall'America di Obama, dall'Europa degli antisemiti di destra e di sinistra, dalla grande stampa internazionale, come spiega in questo bell'articolo Caroline Glick


Caroline Glick

 (http://jewishworldreview.com/0614/glick060914.php3 ). E' assolutamente incredibile come i leader occidentali lavorino per il re di Prussia - cioè il nostro puffo mannaro che fa da dieci anni il “presidente”, quando il mandato è di quattro, e nessuno ha il coraggio di dire che in queste condizioni non è un presidente, ma un dittatore e un usurpatore.
Come nessuno ha il coraggio di dire che non vi sono basi legali per dire che i territori rivendicati dalla sua organizzazione siano “palestinesi” e quindi “occupati”. Turchi fino al 1920, affidati a un mandato britannico finalizzato a costruirvi una “casa nazionale del popolo ebraico”, occupati dalla Giordania nel '48, senza che nessuno al mondo (a parte i paesi arabi e la Gran Bretagna) riconoscesse la legittimità dell'occupazione, non sono mai stati palestinesi, anche perché non è mai esistito uno stato di Palestina; sulla base di un accordo sottoscritto da Israele e dall'Organizzazione per la Liberazione della Palestina sono tutti territori contesi, anche la zona A amministrata da Abbas, la cui appartenenza deve essere stabilita con trattative fra le parti.

Il mandato britannico

Perché dunque dovrebbero essere “palestinesi” e “occupati”? Perché le costruzioni israeliane in questi territori dovrebbero essere meno legali di quelle “palestinesi”? Eppure questo è un mantra che viene continuamente ripetuto (senza che questa iterazione naturalmente abbia la possibilità di farlo diventare vero) da tutti, da ultimo anche dal nostro ministro degli esteri Mogherini (http://www.agi.it/estero/notizie/201406061043-est-rt10048-m_o_mogherini_deplora_decisione_israele_su_insediamenti ), che conferma con ciò la propria sprovvedutezza o parzialità.
E quando finalmente capita che un governo che non c'entra, come quello australiano, dica la verità pura e semplice, cioè che per ragioni giuridiche e diplomatiche non ci sono le condizioni per parlare di occupazione (http://www.timesofisrael.com/australia-drops-occupied-label-from-east-jerusalem/ ), subito l'Anp protesta indignata (http://www.timesofisrael.com/palestinians-summon-australia-diplomat-over-jerusalem-status/ ), tanto l'hanno viziata le falsità del governo americano e dell'Unione Europea.


Hillary Clinton

E' facile dire, come ha fatto oggi Hilary Clinton, che fu un errore chiedere il congelamento delle costruzioni nelle città e nei villaggi israeliani oltre la linea verde (http://www.israele.net/hillary-clinton-fu-un-errore-pretendere-il-congelamento-degli-insediamenti-israeliani ). Lo fa per differenziarsi dalla disastrosa politica di Obama, dato che intende candidarsi alle prossime elezioni presidenziali. Ma lei era là quando queste scelte si facevano: che garanzie abbiamo che non le rifaccia? Il problema principale oggi è come fare fronte al rafforzamento di Hamas, che col beneplacito di Obama e di Bruxelles è entrata nel governo dell'Anp, ma si sta anche molto rafforzando militarmente (http://fr.timesofisrael.com/gantz-gaza-est-en-train-de-sarmer-de-maniere-spectaculaire/ ) e sta conquistando spazio in Giudea e Samaria, da dove era tenuta fuori per la faida in corso con Fatah. Che questo governo sia un trucco anche di fronte ai suoi stessi protettori americani, Abbas lo dice lui stesso, naturalmente in privato (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/181507 ). C'è bisogno di nuovi piani politici, dato che la situazione è cambiata, questo è chiaro. E' un discorso complicato, che implica le forze in campo, militari ed economiche, ma anche il contesto internazionale e il calcolo sulle reazioni dei popoli. Per ora se ne parla un po' liberamente, ma a un certo punto una decisione sarà presa e non è detto che sia pubblica.


John Kerry

 Una fase è certamente finita, quella delle trattative in stile Kerry. Che cosa deve fare Israele per riprendere l'iniziativa? A sinistra si propone un nuovo disimpegno unilaterale, alla maniera di quello che ha provocato il disastro di Gaza. Ne ha parlato Yeir Lapid, chiedendo che Israele decida quali sono i blocchi degli insediamenti e i territori che non intende abbandonare per ragioni demografiche e strategiche e sgomberi il resto. Gli ha replicato subito Netanyahu, facendo presente che questa era una ricetta per nuovi guai, se non altro perché favoriva la tattica “del salame” dell'Anp (http://fr.timesofisrael.com/israel-ne-se-retirera-pas-unilateralement-de-cisjordanie/ ). A destra si rilanciano in vari modi i piani di annessione che sono stati proposti anche in un libro della Glick di cui vi ho parlato ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=53283 ).


Lapid, Bibi, Bennett

 In particolare Bennett propone di estendere la legge israeliana alla zona C di Giudea e Samaria, quella sotto amministrazione israeliana, dove ci sono circa 350 mila israeliani e 70 mila arabi (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/181501 ). E' un piano audace, che certamente susciterebbe reazioni dure da parte dell'Europa e di Obama. E' anche logico, darebbe la cittadinanza israeliana agli arabi residenti e lascerebbe Abbas padrone solo delle zone dove abita il 96% degli arabi.
Negli ultimi giorni poi è uscito un nuovo piano, non di pace ma di miglioramento della convivenza dal basso. Lo ha proposto l'ex presidente delle comunità ebraiche di Giudea e Samaria, ora loro rappresentante internazionale, Dani Dayan (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/181516 ). Consiste nel partire dalle persone e dai loro bisogni, non dalle pretese politiche, nel togliere quindi ostacoli all'impiego, alla circolazione delle persone, alla costruzione delle case e così via. E' interessante leggere le sue motivazioni (http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/15138 ), che ripercorrono e approfondiscono nel concreto idee che già erano state avanzate da Netanyahu e che si possono attuare progressivamente, senza rivoluzioni. E' interessante che la riflessione vada avanti. Se c'è la possibilità di migliorare la situazione fra israeliani e palestinesi, sta in questi ragionamenti e nei fatti che seguiranno, non nei siparietti televisivi trasmessi dal Vaticano, nei fatti, non negli abbracci.

Ugo Volli


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