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La Stampa Rassegna Stampa
06.06.2014 Gilles Kepel: quando l' 'esperto' di islam non ha niente da dire
Intervista di Paolo Modugno

Testata: La Stampa
Data: 06 giugno 2014
Pagina: 28
Autore: Paolo Modugno
Titolo: «Se Maometto vota Le Pen»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/06/2014, a pag. 28, l'intervista di Paolo Modugno a Gilles Kepel, dal titolo "Se Maometto vota Le Pen".
Kepel, interpellato in quanto "esperto" di islam, non spiega ciò che sta avvenendo tra le comunità musulmane francesi , si limita a registrarlo.
 La radicalizzazione islamica nelle banlieu, la diffusione del salafismo (corrente particolarmente radicale del fondamentalismo islamico), l'avvicinamento alla destra antidemocratica del Front National sono tutti fatti che rendono la prospettiva dell'integrazione  degli immigrati musulmani sempre più improbabile. Kepel non ha previsto questi fatti, non aiuta a comprenderli, non spende una parola di critica  verso l'illusione ideologica che nega la realtà dello scontro tra islam e società occidentali. E' davvero il caso di continuare ad accreditarlo come esperto ?

Di seguito,  l'articolo:  


Gilles Kepel         Nella banlieu parigina


 PARIGI Secondo Matteo Salvini «Marine Le Pen è stata votata dagli operai delle periferie parigine, dagli immigrati regolari che non vogliono gli immigrati clandestini». In conclusione, il segretario della Lega pensa che il voto per il Front National sia stata «una scelta per arginare il razzismo». La frase ha un che di paradossale. Ma, in effetti, come vota la popolazione francese di origine islamica? Lo chiediamo a Gilles Kepel, uno dei principali esperti del mondo musulmano, che, colpito dalla presenza, alle legislative del 2012, di oltre 400 candidati di origine araba, nel suo ultimo libro, Passion française (Gallimard), si interessa da vicino a questo problema. Professor Kepel, come si è costruito nel tempo il voto dei francesi di religione musulmana? «Il momento chiave è rappresentato dalle rivolte del 2005 quando, a seguito della morte accidentale a Clichy, nella banlieue parigina, di due adolescenti rincorsi dalla polizia, si producono delle sollevazioni di massa in varie periferie. Queste rivolte rappresentano la volontà di affermare la propria esistenza politica da parte di una gioventù che si sente completamente ai margini della società. E, grazie anche all'azione di numerose associazioni sorte nelle periferie, si verifica un'iscrizione massiccia delle popolazioni di origine immigrata sulle liste elettorali».
Per chi vota questo nuovo elettorato?
«In opposizione alla politica repressiva messa in atto dal ministro dell'Interno dell'epoca, Nicolas Sarkozy, questo nuovo elettorato si era espresso prevalentemente in favore della sinistra, votando prima per Segolène Royal e poi, nel 90% dei casi, per François Hollande. In effetti Sarkozy, dopo aver tentato di intercettare il "voto musulmano" considerato come naturalmente più vicino a un'ideologia conservatrice, aveva abbandonato questo terreno per capitalizzare, alle presidenziali del 2007, il successo registrato nell'opinione pubblica grazie al soffocamento delle rivolte. In questo modo era riuscito anche ad attirare numerosi consensi dall'area tradizionalmente sensibile alle tesi del Front National».
E oggi, dopo due anni di presidenza Hollande, com'è cambiata la situazione «Oggi il voto della popolazione di origine musulmana si è profondamente differenziato e il partito socialista ha perso in parte questi consensi. Ciò è dovuto a diverse ragioni tra le quali l'instaurazione del matrimonio omosessuale ha senz'altro svolto un ruolo importante, ma ha anche pesato la sensazione che il governo non abbia fatto granché nella lotta contro l'esclusione sociale e il degrado delle periferie».
La sua ricerca mostra profondi cambiamenti anche nei riguardi del Front National.
«Io ho intervistato un certo numero di candidati del Front National, tra i quali alcuni di origine algerina. Malgrado il fatto che il Front National esprima, in apparenza, posizioni anti-islamiche e anti-immigrazione, il discorso di Marine Le Pen contro il "sistema" trova ascolto presso una parte dei giovani di origine musulmana che si sentono in situazione di esclusione. E così il tabù nei confronti del Front National è saltato».
Nel suo libro Les banlieues de l'Islam aveva già affrontato il tema della Francia musulmana. Che cosa l'ha maggiormente colpita, tornando dopo più di 25 anni in questi territori?
«Due novità mi hanno particolarmente impressionato. La prima è il traffico di droga nei quartieri popolari. L'ampiezza del fenomeno in una città come Marsiglia va al di là dell'immaginabile. I caïd (i capi dello spaccio) sono diventati i padroni delle periferie, tanto che Samia Ghali, la prima araba eletta sindaco di una grande città, nel settore Nord di Marsiglia, è arrivata a richiedere l'intervento dell'esercito per sradicare l'economia della droga».
E la seconda?
«L'altra grande trasformazione è costituita dalla crescente visibilità dei simboli dell'Islam. Dalle donne col velo alla generalizzazione del digiuno del Ramadan, passando per la moltiplicazione delle macellerie halal che trattano la carne seguendo i riti della tradizione islamica, queste immagini fanno oramai parte integrante del paesaggio urbano. A questi fenomeni si è aggiunta negli ultimi anni un'ostentata presenza del salafismo, una branca più tradizionalista dell'Islam, sostenuta dall'Arabia Saudita, che esprime una più marcata volontà di rottura con i valori della società francese e una forte spinta comunitaria». Prima di Passion française lei ha pubblicato Passion arabe, un'appassionante inchiesta sulle cosiddette «primavere arabe». Questi due libro costituiscono una sorta di dittico?
«Ho sempre cercato di analizzare contemporaneamente quello che succedeva nell'insieme del mondo arabo e le questioni legate all'immigrazione musulmana in Francia. Questi due aspetti sono intimamente legati, la Francia è il primo paese arabo d'Europa, con 5-6 milioni di musulmani».
In questo contesto, come si inserisce la crisi siriana?
«I jihadisti partiti dalla Francia per andare a combattere contro l'esercito di Assad sono stimati a circa 500 individui. E non si devono sottovalutare i rischi rappresentati dal rientro in patria di alcuni di essi. La prospettiva del ritorno del jihadismo sul territorio francese costituisce un rischio di destabilizzazione politica di prima grandezza».

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