Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L' ostaggio americano liberato in cambio di terroristi detenuti a Guantanamo, dopo cinque anni di prigionia Cronaca di Francesco Semprini
Testata: La Stampa Data: 02 giugno 2014 Pagina: 10 Autore: Francesco Semprini Titolo: «L’America libera i luogotenenti di Osama Bin Laden»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/06/2014, a pag. 10, l'articolo di Francesco Semprini dal titolo "L’America libera i luogotenenti di Osama Bin Laden". I soldati che difendono uno Stato hanno il diritto che esso faccia tutto quanto in suo potere per salvare le loro vite: per questo la liberazione di criminali in cambio di quella di uno soldato sequestrato può essere una dolorosa necessità. Anche Israele ha fatto lo stesso per ottenere la liberazione di Gilad Shalit. Ciò non toglie che quei criminali, siano essi talebani, terroristi di Al Qaeda o di Hamas, debbano poi essere combattuti con la fermezza e la determinazione che sembrano sempre più mancare, sullo scenario internazionale, all'America guidata dall'amministrazione Obama.
Francesco Semprini Bowe Bergdahl durante la sua prigionia
Ecco l'articolo:
È un dossier del Pentagono, il «Secret// Noforn// 20330223» e seguenti, redatto nel 2008 e trapelato con lo scandalo Wikileaks, a rivelare l’identità e l’importanza dei cinque detenuti di Guantanamo liberati in cambio del rilascio di Bowe Bergdahl, il sergente dell’Esercito Usa per cinque anni nelle mani dei taleban tra Afghanistan e Pakistan. Sono tutti personaggi «ad alto rischio», «il peggio del peggio» secondo alcuni analisti militari. Da qui si comprendono i toni compiacenti del Mullah Omar, la guida spirituale dei militanti ribelli, che per l’occasione è tornato a farsi sentire: «È una grande vittoria». Al contempo si capisce quanto fosse disposto a esporsi Obama pur di riportare a casa l’unico americano nelle mani dei taleban e chiudere con un conflitto durato 12 anni. Il Mullah Mohammad Fazl era ministro della Difesa con «Enduring Freedom» e ricercato dalle Nazioni Unite per crimini di guerra, in particolare l’uccisione di connazionali sciiti. La sua influenza era notevole sia nel nord del Paese, sia all’estero, in particolare in Uzbekistan. Il Mullah Norullah Noori, invece, era stato scelto e contattato da Osama bin Laden per partecipare a un’offensiva contro il signore della guerra dell’Alleanza del Nord, Rashid Dostum. Da qui il suo stretto legame con le formazioni qaediste oltre ad essere molto vicino al Mullah Omar e ai tribunali della sharia. Durante l’invasione americana comandava le sue truppe a Mazar-e-Sharif, teatro di aspri scontri. Abdul Haq Wasiq, era ex numero due del ministero dell’Informazione ed ebbe l’abilità di proporsi come mediatore tra taleban e forze Usa, in vista di una possibile cooperazione. In realtà ha sempre svolto il ruolo di ponte tra insorti afghani e jihadisti stranieri. Sembra che durante gli interrogatori abbia fornito informazioni preziose sui rapporti tra qaedisti e talebani. Khairullah Khairkhwa era governatore di Herat, signore dell’eroina e colui che manteneva i contatti con gli iraniani da cui avrebbe ottenuto materiali per costruire ordigni rudimentali, gli stessi usati contro le forze Nato che operavano nella regione di Herat, ovvero le truppe italiane. Mohammed Nabi Omari, infine, era la «cabina di regia» del primo anno di guerra, dopo l’invasione del 12 ottobre 2001, ovvero quella che ha visto la maggiore cooperazione tra taleban e qaedisti. Questi brevi stralci sono sufficienti a capire il motivo per il quale a Capitol Hill vi sia stata una levata di scudi contro le trattative Usa-taleban, in particolare da parte dei repubblicani. Ma per il consigliere alla Sicurezza nazionale Susan Rice il Congresso sapeva del negoziato da mesi, e il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, giunto nella notte a Kabul, ribadisce che Obama ha l’autorità, in base ai poteri di «commander-in-chief» e l’articolo II della Costituzione, di autorizzare lo scambio di prigionieri senza piena notifica al Congresso. E sottolinea come sia stato necessario agire subito per le minacce a sicurezza e salute che correva Bergdahl.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sulla e-mail sottostante lettere@lastampa.it