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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Foglio Rassegna Stampa
28.05.2014 Egitto: mezzo flop le elezioni, ma sempre meglio della shari'a di Morsi
Cronaca di Carlo Panella

Testata: Il Foglio
Data: 28 maggio 2014
Pagina: 3
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Fallisce in Egitto il festival del consenso (e dei “ti amo”) sognato da al Sisi»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/05/2014, a pag. 3 l'articolo di Carlo Panella dal titolo "Fallisce in Egitto il festival del consenso (e dei “ti amo”) sognato da al Sisi"
Le elezioni egiziane hanno avuto un esito diverso da quello atteso: l'elevato astensionismo rende politicamente più debole il presidente Al Sisi, nonostante il consenso della maggioranza dei votanti.
Nonostante questa debolezza e nonostante le critiche che possono essere mosse all'attuale governo egiziano in tema di democrazia e rispetto dei diritti umani, rimane indubbio che per l' Egitto  la situazione sia migliore con Al Sisi presidente di quanto non fosse con Morsi, deciso a imporre al paese la Shari'a e il totalitarismo dei Fratelli Musulmani.


Carlo Panella          Abdel Fattah Al Sisi


Mohamed Morsi                 Mohamed Badie

Ecco l'articolo:


Roma. La legge e le regole sono una variabile dipendente dalla volontà del rais egiziano Abdel Fattah al Sisi. Questo è il segno che il futuro presidente ha voluto dare anche alla consultazione elettorale che legalizzerà una situazione già consolidata di fatto: il suo potere assoluto sul paese. E se il popolo non obbedisce, si fa in modo che lo faccia, anche superando il ridicolo, come è stato fatto ieri. Constatato che alla chiusura dei seggi per l’elezione del nuovo presidente si era recato alle urne soltanto il 35 per cento degli elettori, al Sisi ha ordinato di prolungare le operazioni di voto per un’altra giornata. Alla chiusura delle urne ieri sera, i dati parziali dicevano che l’affluenza era stata del 40 per cento, ma l’opposizione reclamava cifre più basse. Per l’elezione a presidente di Mohammed Morsi si era recato ai seggi il 51 per cento degli aventi diritto, ma questa volta per convincere gli egiziani a rendere omaggio ad al Sisi non è bastata la dichiarazione di giornata festiva nei pubblici uffici, la sospensione del pagamento del biglietto su autobus e treni, la chiusura anticipata dei grandi centri commerciali e nemmeno la multa di 70 dollari per chi “boicotta” il voto istituita a urne aperte dal premier Ibrahim Mahlab (in un paese in cui lo stipendio medio è di 50 dollari al mese). Ma si è fatto anche di più: sfidando il senso del pudore, la commissione elettorale ha annunciato – a urne aperte – che non saranno invalidate le schede in cui accanto al nome del candidato sia apposto un cuoricino con la scritta “ti amo”, come è di moda apporre sui manifesti elettorali di al Sisi, alcuni dei quali lo raffigurano a fianco di un operaio, di famigliari di Nasser o di Sadat, come di un noto imprenditore e persino di un salafita moderato. Tanto sforzo per niente. Gli egiziani non sono andati a votare e hanno così messo in pericolo non il potere – acquisito con i carri armati e i reparti speciali – ma la legittimazione democratica dell’ex comandante dei servizi segreti militari di Hosni Mubarak. Per protestare contro l’arbitraria proroga delle giornate di voto, l’unico sfidante di al Sisi, il nasseriano Hamdin Sabahi, ha ritirato i suoi delegati di lista da tutti i seggi – una mossa semplicemente dimostrativa. Resta soltanto alla commissione elettorale, a questo punto, decidere quale arbitrario dato di partecipazione al voto comunicare dopo 72 ore di urne aperte e di stabilire la cifra bulgara del consenso riscosso da al Sisi (secodo i primi exit poll, il 95,3 per cento). Si tratta di una formalità indispensabile per il nuovo rais per potersi presentare in modo decente sul piano internazionale e chiudere la farsa della discussione su “colpo di stato sì-colpo di stato no” che ha accompagnato alla Casa Bianca la sua presa del potere nell’agosto 2013. Il principale alleato in questa irresistibile marcia verso il potere autocratico dell’erede di Nasser e Mubarak è stato proprio il suo principale avversario: la Fratellanza musulmana. Sfidando tutte le valutazioni – fiorenti negli Stati Uniti e in Europa – circa la sua maturità politica, il leader dei Fratelli, Mohammed Badie, ha mantenuto fede alla scelta strategica indicata nel comizio tenuto dopo la defenestrazione di Morsi: la ricerca del martirio. Nonostante la strage di più di mille manifestanti consumata il 14 agosto 2013, la Fratellanza ha deciso di proseguire nella politica di fare scendere i propri adepti nelle strade a manifestare, con l’unico risultato di allungare la scia dei “martiri” e di isolarsi definitivamente da un’opinione pubblica stremata dal clima di insicurezza e inferocita per la fuga dei turisti. Il tutto accompagnato da atti di terrorismo (incluso un attentato tentato e sventato – pare – contro lo stesso al Sisi nel momento in cui si recava al seggio). Al Sisi ha avuto buon gioco nel favorire la ricerca del martirio della Fratellanza e nell’ultimo mese ne ha fatti condannare a morte, con due sentenze, ben 1.212, incluso Mohammed Badie. Le condanne probabilmente non saranno eseguite, ma ben indicano quale modello di democrazia persegua il nuovo rais egiziano.

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